domenica 12 aprile 2015

Bergoglio e le ineffabili contraddizioni del modo di produzione capitalistico


C’è una grande confusione sotto il cielo, in ogni angolo del mondo esplodono conflitti e tensioni, come in Medio Oriente, dove l’Arabia Saudita è ai ferri corti con l’Iran. In Asia la contesa è pluridecennale, tra India, Cina, Giappone, Corea, eccetera. La Russia è sotto assedio e l’Ucraina è lacerata. E anche nella vecchia Europa l’ineguale sviluppo economico e politico è il motore ultimo delle relazioni, come dimostra il caso Grecia (ma non solo).

E tuttavia, mentre Eugenio Scalfari, tamburino dell’ideologia casereccia, rincorre il fantasma della sinistra, le linee di tendenza dello sviluppo capitalistico e delle dinamiche imperialistiche sono ben chiare, a saperle cogliere. E un segnale importante viene dalla vicenda dell’AIIB, cioè dell’Asian Infrastructure Investment Bank promossa da Pechino. Se ne parla in tutto il mondo, ma qui da noi abbiamo ben altro su cui accapigliarci.

Eppure è una vicenda che mette in tensione i rapporti tra Europa e Stati Uniti, le famose relazioni transatlantiche. L’AIIB avrà in dotazione 50 miliardi di dollari, una cifra ragguardevole ma tutto sommato non eccezionale. Ma non è questo il punto. È un organismo che entra in competizione con la Banca Mondiale di Washington e all’Asian Development Bank sponsorizzata sempre dall'America. All'istituto finanziario promosso dalla Cina ha aderito, nonostante l’ovvia contrarietà degli Usa, dapprima Londra, ma subito dopo, unitariamente, anche Berlino, Parigi e Roma.

L’enorme surplus finanziario della fabbrica mondo cinese da qualche parte doveva andare, e la Cina ha bisogno di ristrutturarsi per far fronte alle sfide del capitalismo mondiale. La vera sorpresa, come non ha mancato di rilevare Romano Prodi, è che il coro dei “disobbedienti” europei è stato diretto dalla Gran Bretagna, storico alleato degli Usa. L’odore dei soldi sulla City, piazza finanziaria offshore, così come su qualsiasi altro centro di potere capitalistico è come una droga alla quale non ci si può sottrarre.

Che quattro membri del G7 abbiano fatto una scelta del genere, “senza consultarsi con gli Usa”, non è certamente faccenda di quelle alle quali ci si può passare sopra. Significa che una parte consistente del direttivo del cartello del liberismo se ne va per conto suo e che il direttorio politico del G7 è insufficiente per governare i processi globali. Così com’è chiaro da tempo che Washington non è più in grado di garantire da sola l’ordine mondiale.

Il mondo sta cambiando in fretta, mentre in Italia ferve il dibattito su cosa fare del Lumpenproletariat che non può essere messo a profitto. Lo scontro mediatico vede in campo Salvini con la ruspa e la falsa coscienza “de sinistra”, le dichiarazioni di lotta al pauperismo di Bergoglio e le solite ineffabili contraddizioni del modo di produzione capitalistico.



4 commenti:

  1. Addavenì Confucio e Xi Jinping (comunque, come Prato insegna, puzzo d'aglio e cipolla negli androni delle scale a parte, i cinesi sono meno invasivi degli ammericani).

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  2. Olympe, non ricordo dove, ma ho letto che anche gli USA sono o vogliono entrare nel AIIB (allo scopo di sabotarla dall'interno secondo l'autore dell'articolo che ho letto, se lo ritrovo, te lo passo).

    A proposito, sotto la voce Lumpenproletariat, chi collocheresti oggi?

    Ciao, Franco.

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  3. Che un tetro sqallore domini l'informazione estera dei media italiani ,altro non e' che l'ennesima conferma della nanita' della piccola e media borghesia italiana...che ancora stenta a prendere atto che Yalta e'finita e il globo e'alla ricerca di nuovi equilibri,con gli Usa in lenta ritirata strategica,per anni questi signori hanno vissuto nell'ovatta ed adesso almeno i piu'avveduti si baloccano ancora con l'illusione della salvagurdia delle liberta'borghesi...
    Poveri orfani...smarriti...il mondo economico imperialista viaggia piu' veloce dei loro pensieri..

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