Il
3 aprile 1865, le truppe nordiste avevano, al terzo tentativo, occupato la
città di Richmond, capitale dei confederati, dove si trovavano le truppe
migliori degli Stati sudisti. Il
generale Grant, per quanto riguardava la disposizione strategica, aveva
ripetuto esattamente lo schema della battaglia di Jena (1806). Il 9 aprile il
generale Robert E. Lee si arrendeva a Grant, ad Appomattox Court House in
Virginia. Poi capitolò anche Joseph E. Johnston e con ciò ebbe fine il
conflitto (9 maggio). E tuttavia
la pacificazione era di là da venire. Infatti, il 14 aprile, un sicario degli
schiavisti, John Wilkes Booth, sparò ad Abraham Lincoln ferendolo mortalmente.
Lincoln morì il giorno dopo, per cui domani ricorre il 150° anniversario della
sua morte. Gli successe il vicepresidente Andrew Johnson (*).
Nel
novembre del 1864, Karl Marx, su invito dell’Associazione internazionale dei
lavoratori (A.I.L.), cioè della Prima Internazionale, redasse un “indirizzo” da trasmettere al presidente Lincoln in
cui ci si congratulava con il popolo americano per averlo rieletto alla
presidenza. Marx scrisse ad Engels a tale proposito che nello stendere l’indirizzo aveva evitato “l’abusata fraseologia democratica”.
Lincoln avvertì benissimo la differenza di stile, o l’avvertì l’ambasciatore Charls Francis Adams che a suo nome rispose in tono molto amichevole e cordiale, con meraviglia della stampa londinese, poiché agli indirizzi di felicitazioni da parte borghese-democratica fu risposto con un paio di complimenti convenzionali. Il Times pubblicò la risposta presidenziale con una nota preliminare il 6 febbraio 1865 sotto il titolo “Mr. Lincoln and the International Working Mens Association”. Lo stesso giorno uscì anche sul giornale londinese The Express.
Meno
noto è che Marx, sempre per conto dell’Associazione, nel mese di maggio 1865
ebbe a scrivere un’altra lettera, molto incisiva, al successore di Lincoln. A
Marx il nuovo presidente non doveva essere molto simpatico se il 12 novembre
1866, in una lettera al consuocero François Lafargue, scriveva: “La sconfitta
del presidente Johnson alle ultime elezioni Le avrà fatto piacere come a me.
Gli operai del nord finalmente hanno capito molto bene: il lavoro di pelle
bianca non può emanciparsi là dove viene bollato d’infamia se è di pelle nera”
(**).
*
Marx
aveva ragione: sono questi infatti i limiti del riformismo: agli schiavi
venivano tolte le catene di ferro quando queste non servivano più per lavorare
nelle manifatture, ora gli schiavi erano finalmente liberi di vendersi essi
stessi costretti dal bisogno. Si sottomettevano a delle catene invisibili,
sicuramente assai meno costrittive e pesanti delle precedenti, ma pur sempre
catene. E quanto al diritto di voto, esso poté diventare effettivo in molte parti
degli Usa solo cent’anni dopo, quando non serviva più a nulla, se non a
ratificare scelte decise altrove.
Vent’anni
dopo, nell’agosto 1866, si lottava per le otto ore di lavoro. Il quotidiano di
Chicago in lingua tedesca Die Arbeiter-Zeitung
poteva scrivere: “Polizia e Guardia nazionale, i mastini del capitalismo sono
pronti a uccidere!”. Una scrittrice alto borghese poteva a sua volta osservare
che “in questo aveva ragione, poiché durante uno scontro tra scioperanti e la
polizia, questa sparò uccidendone due”. Fu convocata una manifestazione per il
giorno dopo in Haymarket Square; la polizia caricò per disperderla; venne
gettata a terra una bomba. Non si riuscì mai a scoprire chi l’avesse gettata.
Per
la morte di alcuni poliziotti vennero incriminati otto anarchici e condannati
alla forca dal giudice Joseph Gary. Gli imputati, in mancanza di prove concrete
della loro colpevolezza, sapevano e lo gridavano ai quattro venti di essere stati
processati e condannati non per il reato di omicidio, ma per le loro idee
sovvertitrici dell’ordine costituito. Il più giovane, Louis Lingg, si suicidò
la notte prima dell’esecuzione. Il suicidio venne considerato da molti come una
confessione di colpevolezza.
(*)
Con la fine della guerra civile, costata 750.000 morti, venne a stabilirsi
negli Stati Uniti d’America l’abolizione della schiavitù, e ciò non poteva che
avere gli effetti più benefici su tutto il mondo. Johnson, successore di
Lincoln e primo presidente americano ad essere sottoposto alla procedura di impeachment,
si oppose all’adozione del Quattordicesimo emendamento ove si riconoscere, tra
l’altro, una definizione ampia di cittadinanza estendibile anche agli schiavi
liberati, e in buona sostanza Johnson era contro il voto per i neri. Ad ogni
modo, scalzata la schiavitù, restava l’apartheid. Per l’affermazione di alcuni
elementari diritti civili i neri americani dovettero attendere esattamente un
altro secolo (Civil Rights Act del
1964). E ciò tuttavia non è ancora sufficiente ad evitare che la polizia faccia
tiro al nero.
(**)
MEOC, XLII, pp. 583-84. Il 15 luglio 1865, Engels scriveva a Marx: “Anche a me
la politica di Mr. Johnson piace sempre meno. Sempre più violento ricompare
l’odio contro i negri, ed egli si lascia sfuggire ogni potere dalle mani nei
confronti dei vecchi lords del sud. Continuando di questo passo, fra 6 mesi
tutte le vecchie canaglie secessioniste siederanno al Congresso di Washington”.
Previsione azzeccata.
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