Il
presupposto su cui poggia lo Stato moderno sta nel legame fiduciario che si
stabilisce tra esso e il cittadino. Questa definizione riguarda la forma
idealizzata di tale rapporto. Tuttavia tra l’ideale della classe al potere e la
sua pratica realizzazione si può ravvisare l’equivalente abisso che c’è tra l’ideale
cristiano e la trappola del quotidiano. Ed infatti la crisi della
rappresentanza politica sta mettendo in luce proprio il fatto che siamo entrati
in un’epoca (non semplicemente una fase) in cui la frattura tra l’ideale e il
reale s’è fatta così netta e profonda che è conseguenza l'accrescersi e il diffondersi di una sfiducia politica di proporzioni che non è esagerato definire inedite.
Questa
frattura tra l’ideale e il reale politico non è nuova, ma, come detto, per la
nostra epoca è inedita la sua entità quanto a vastità e profondità. Essa per
molti motivi è la conseguenza dei mutamenti economici, sociali e geopolitici in
atto su scala planetaria. Crisi economica, conflitti armati, migrazioni e
mutamenti climatici, sono i quattro cavalieri di questa Apocalisse. A ciò si
aggiungono altri numerosi elementi di malessere e destabilizzazione, come la
crisi dei valori dominanti, anomia sociale, isterismo religioso, gap tra
sviluppo tecno-scientifico e conoscenza collettiva, eccetera.
Per
quanto ci riguarda più direttamente, si assiste, impotenti, a fenomeni di crisi
e disgregazione sociale le cui linee di tendenza sono note da decenni, con
l’aumento della disoccupazione (perso un milione di posti di lavoro dal 2008) e
della precarietà a livelli intollerabili, specie per alcune fasce d’età; un
famelico debito pubblico ma anche debito demografico (livelli molto bassi di fecondità,
in media 1,42 figli per donna nel 2012), solo in parte compensato
dall’immigrazione (ma c’è anche un forte aumento dell’emigrazione); il primato
con il più alto indice di vecchiaia del mondo, cui corrisponde ovviamente un
aumento delle patologie croniche e la disabilità, ma anche un rilevante
problema di disuguaglianze sociali nella salute.
Peggiorano
le condizioni economiche delle famiglie, crollano i consumi, aumentano le
disuguaglianza nella distribuzione del reddito, in buona sostanza aumenta la
povertà (un indice tra i più alti in Europa), tanto che secondo dati Istat
riferibili al 2012 circa il 38 per cento delle famiglie riceve in varie forme
aiuti sociali. Quasi un terzo della popolazione adulta vive di pensioni o di
assistenza, trasferimenti che interessano oltre il 50 per cento della spesa
statale. Oltre il 40% sono pensioni assolutamente insufficienti per garantire
condizioni di vita decorose, cioè senza importanti deprivazioni. Tuttavia è fin
troppo noto che è grazie ai redditi da pensione che è possibile in qualche modo
sostenere la condizione economica di altri familiari, soprattutto figli e
nipoti senza altro reddito o con redditi bassissimi.
Il
sistema di welfare italiano è noto per essere tra i meno efficaci a livello
europeo e destina risorse molto scarse, e non proporzionati al livello di povertà,
a tutela di famiglie e persone in difficoltà. E ciò dipende da scelte politiche
sulla destinazione delle risorse. La crisi non farà altro che aggravare questa
situazione, e in assenza, per esempio, di un cosiddetto reddito di cittadinanza,
la tenuta sociale sarà sempre più a rischio. E però va anche tenuto conto che
il livello d’imposizione fiscale, ovviamente per chi vi è costretto e non può sfuggirvi, ha raggiunto livelli insostenibili.
Ad
ogni modo, qualsiasi politica di riforma, anche la più efficace e lungimirante,
non può superare le contraddizioni di base, organiche, del sistema economico
vigente. Il problema, per esempio, connesso al forte mutamento della
composizione tecnica del capitale produttivo che vede espulsa, specie nelle aree di
antica industrializzazione, una quota crescente di forza-lavoro. Tale problema
non è risolvibile entro le coordinate dei processi di valorizzazione
capitalistica. E del resto proprio il fatto che lo sviluppo tecnico e
tecnologico si ponga socialmente quale problema e non, invece, come miglioramento delle condizioni di vita delle classi lavoratrici,
offre la misura della natura ristretta e meschina di questo sistema economico giunto alla sua scenescenza.
Il
modo di produzione capitalistico, in buona sostanza, si è trasformato da motore
di sviluppo a sistema inconciliabile con l’ulteriore sviluppo sociale e umano,
per quanto siano ancora sfavillanti le sue luci che invitano al consumo.
«A un dato punto del loro sviluppo, le
forze produttive materiali della società entrano in contraddizione con i
rapporti di produzione esistenti, cioè con i rapporti di proprietà (che ne sono
soltanto l’espressione giuridica) dentro i quali tali forze per l’innanzi
s’erano mosse. Questi rapporti, da forme di sviluppo delle forze produttive, si
convertono in loro catene. E allora subentra un’epoca di rivoluzione sociale.
Con il cambiamento della base economica
si sconvolge più o meno rapidamente tutta la gigantesca sovrastruttura. Quando
si studiano simili sconvolgimenti, è indispensabile distinguere sempre fra lo
sconvolgimento materiale delle condizioni economiche della produzione, che può
essere constatato con la precisione delle scienze naturali, e le forme
giuridiche, politiche, religiose, artistiche o filosofiche, ossia le forme ideologiche che permettono
agli uomini di concepire questo conflitto e di combatterlo. Come non si può
giudicare un uomo dell’idea che ha di se stesso, così non si può giudicare una
simile epoca di sconvolgimento dalla coscienza che essa ha di se stessa;
occorre invece spiegare questa coscienza con le contraddizioni della vita
materiale, con il conflitto esistente fra le forze produttive della società e i
rapporti di produzione.
Una formazione sociale non perisce
finché non si siano sviluppate tutte le forze produttive a cui può dare corso; nuovi e superiori rapporti di produzione
non subentrano mai, prima che siano maturate in seno alla vecchia società le
condizioni materiali della loro esistenza. Ecco perché l’umanità non si
propone se non quei problemi che può risolvere, perché, a considerare le cose
dappresso, si trova sempre che il problema sorge solo quando le condizioni
materiali della sua soluzione esistono già o almeno sono in formazione.»
Ottimo
RispondiEliminatutto merito di Marx, di mio c'è solo la tastiera
EliminaDirei di no,poiche'nel tuo post,e'inserito ad hoc il brano che mette in relazione ,forme giuridiche,scienze naturali,politiche,religiose ,artistiche,osiia le sovrastrutture,con le quali siamo tenuti a confrontarci nel quotidiano e nel breve periodo,CON IL CAMBIAMENTO DELLA BASE ECONOMICA.
RispondiEliminaRILEGGENDO un vecchio testo di Michel Beaud,ho scoperto che anche uno come Sombart ebbe a dire: Il Capitalismo domina il mondo e fa danzare i nostri uomini di stato come marionette appese ad un filo.
Ma basta la'..se lo diceva pure uno come Sombart...
Ora tornando a noi,e alla lettura dei giornali quotidiani,mi pare di abitare in un un mondo di Intelletuali che cadono dai PERI,A proposito dello stupore per il quasi accordo tra USA ,EU,E IRAN...,questi oltre a non aver letto mai Marx ,nemmeno Kissinger hanno letto...
In che razza di mondo viviamo..bah !
Buona Pasqua in anticipo Olympe.
RispondiEliminaOggi non aggiungo io nessuna virgola :-)
grazie, buona Pasqua a te e tutti i lettori del blog
EliminaTemo che se l'umanità non si propone in fretta questi problemi che potrebbe potenzialmente risolvere, andremo incontro davvero ad un'epoca apocalittica.
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