C’è
una grande confusione sotto il cielo, in ogni angolo del mondo esplodono
conflitti e tensioni, come in Medio Oriente, dove l’Arabia Saudita è ai ferri
corti con l’Iran. In Asia la contesa è pluridecennale, tra India, Cina,
Giappone, Corea, eccetera. La Russia è sotto assedio e l’Ucraina è lacerata. E
anche nella vecchia Europa l’ineguale sviluppo economico e politico è il motore
ultimo delle relazioni, come dimostra il caso Grecia (ma non solo).
E
tuttavia, mentre Eugenio Scalfari, tamburino dell’ideologia casereccia,
rincorre il fantasma della sinistra, le linee di tendenza dello sviluppo
capitalistico e delle dinamiche imperialistiche sono ben chiare, a saperle
cogliere. E un segnale importante viene dalla vicenda dell’AIIB, cioè
dell’Asian Infrastructure Investment Bank promossa da Pechino. Se ne parla in
tutto il mondo, ma qui da noi abbiamo ben altro su cui accapigliarci.
Eppure
è una vicenda che mette in tensione i rapporti tra Europa e Stati Uniti, le
famose relazioni transatlantiche. L’AIIB avrà in dotazione 50 miliardi di
dollari, una cifra ragguardevole ma tutto sommato non eccezionale. Ma non è
questo il punto. È un organismo che entra in competizione con la Banca Mondiale
di Washington e all’Asian Development Bank sponsorizzata sempre dall'America. All'istituto
finanziario promosso dalla Cina ha aderito, nonostante l’ovvia contrarietà
degli Usa, dapprima Londra, ma subito dopo, unitariamente,
anche Berlino, Parigi e Roma.
L’enorme
surplus finanziario della fabbrica mondo cinese da qualche parte doveva andare,
e la Cina ha bisogno di ristrutturarsi per far fronte alle sfide del
capitalismo mondiale. La vera sorpresa, come non ha mancato di rilevare Romano
Prodi, è che il coro dei “disobbedienti” europei è stato diretto dalla Gran
Bretagna, storico alleato degli Usa. L’odore dei soldi sulla City, piazza
finanziaria offshore, così come su qualsiasi altro centro di potere capitalistico
è come una droga alla quale non ci si può sottrarre.
Che
quattro membri del G7 abbiano fatto una scelta del genere, “senza consultarsi
con gli Usa”, non è certamente faccenda di quelle alle quali ci si può passare
sopra. Significa che una parte consistente del direttivo del cartello del
liberismo se ne va per conto suo e che il direttorio politico del G7 è insufficiente
per governare i processi globali. Così com’è chiaro da tempo che Washington non
è più in grado di garantire da sola l’ordine mondiale.
Il
mondo sta cambiando in fretta, mentre in Italia ferve il dibattito su cosa fare
del Lumpenproletariat che non può essere messo a profitto. Lo scontro mediatico
vede in campo Salvini con la ruspa e la falsa coscienza “de sinistra”, le
dichiarazioni di lotta al pauperismo di Bergoglio e le solite ineffabili
contraddizioni del modo di produzione capitalistico.
Addavenì Confucio e Xi Jinping (comunque, come Prato insegna, puzzo d'aglio e cipolla negli androni delle scale a parte, i cinesi sono meno invasivi degli ammericani).
RispondiEliminaOlympe, non ricordo dove, ma ho letto che anche gli USA sono o vogliono entrare nel AIIB (allo scopo di sabotarla dall'interno secondo l'autore dell'articolo che ho letto, se lo ritrovo, te lo passo).
RispondiEliminaA proposito, sotto la voce Lumpenproletariat, chi collocheresti oggi?
Ciao, Franco.
i banchieri. ciao
EliminaChe un tetro sqallore domini l'informazione estera dei media italiani ,altro non e' che l'ennesima conferma della nanita' della piccola e media borghesia italiana...che ancora stenta a prendere atto che Yalta e'finita e il globo e'alla ricerca di nuovi equilibri,con gli Usa in lenta ritirata strategica,per anni questi signori hanno vissuto nell'ovatta ed adesso almeno i piu'avveduti si baloccano ancora con l'illusione della salvagurdia delle liberta'borghesi...
RispondiEliminaPoveri orfani...smarriti...il mondo economico imperialista viaggia piu' veloce dei loro pensieri..