mercoledì 11 dicembre 2013

Domandine retoriche e considerazioni postprandiali


Non so quanti abbiano fatto caso alle ultime dichiarazioni del prof. Romano Prodi in merito alle privatizzazioni (qui). Dice, in particolare: “Privatizzazioni vuol dire certamente che lo Stato recupera dei soldi, ma bisogna preparare una strategia per il futuro. Se si fanno in fretta non si raggiunge nessuno degli obiettivi”.

Non è vero che le privatizzazioni sono state fatte in fretta a causa di particolari urgenze; è vero piuttosto che sono state fatte male e allo scopo precipuo di smantellare un certo tipo di assetto statale e del welfare per favorire una manica di ladri con la complicità delle grandi banche d’affari anglofone, le quali poi, in non pochi casi, ebbero a gratificare i manovratori con incarichi milionari o ascese politiche.

Tanto è vero che le privatizzazioni sono cominciate negli anni Ottanta, ben prima del famoso Britannia, e non solo in Italia. E v’è da dire che esse hanno ovviamente avuto un peso ben maggiore nei paesi, per l’appunto come il nostro, dove più marcata era stata la scelta per l’economia mista e dov’era infuriata per decenni la lotta, senza esclusione di colpi, tra fazioni della borghesia, ossia tra capitale pubblico e privato.



Si disse che le privatizzazioni si rendevano necessarie per adeguare la gestione produttiva pubblica alle nuove condizioni della concorrenza internazionale. In realtà si trattò in non pochi casi di motivazioni più politiche che legate a reali esigenze di efficienza economico-produttiva, anche se sono ben note le storture dei procedimenti burocratici e la corruzione politica che rappresentavano ostacoli non da poco per un funzionamento più efficiente ed innovativo delle aziende pubbliche.

Ad ogni buon conto sappiamo com’è andata e a quali disastri in non pochi casi hanno dato luogo quel genere di pazze privatizzazioni. Ciò che stupisce (?) è che solo ora i responsabili, e solo alcuni, di quelle stesse privatizzazioni scoprano con candore innocente che esse non furono solo un errore, bensì un gigantesco furto del patrimonio pubblico con effetti e ricadute pesanti, tra l’altro, anche sul sistema del Welfare State, imponendo in definitiva, come ben si vede, un impoverimento generalizzato soprattutto nelle classi medie e un progressivo restringimento delle caratteristiche di universalismo delle prestazioni pubbliche fondamentali. 

Solo ora qualcuno dice mea culpa, a babbo morto e senza la possibilità di porre rimedio. Possibile, mi chiedo, che una persona istruita e navigata come Prodi non conosca un po’ di storia e che dunque venga a dolersi, tra l’altro, che la Germania così come le altre nazioni europee tirino l’acqua al proprio mulino? Mancavano forse i precedenti storici per presagire quanto poi è realmente e inevitabilmente accaduto a seguito di quelle decisioni? Certo che no.

L’Italia è stata oggetto di saccheggi e scorribande per secoli da parte delle altre potenze europee. Come non ricordare il saccheggio del patrimonio artistico avvenuto or sono pochi secoli con la spoliazione di città come Mantova, Parma, Modena, Ferrara, Lucca, ecc.. E se Firenze conserva ancora in gran parte la più grande collezione d’arte del mondo, lo dobbiamo solo all’iniziativa di una donna della famiglia Medici, l’ultima della stirpe, il cui nome è ignoto alle migliaia di visitatori che ad ogni stagione passano per Firenze e semisconosciuto per il resto. Quale differenza e distanza siderale con il carattere strumentalmente venale e i gusti abominevoli dell’aristocrazia di oggi, il cui mecenatismo, già raro, fa sempre mostra della sua meschina pelosità.

E tuttavia, la più meritoria opera di quella antica classe dominante, per altri versi detestabile e vituperata al suo inesorabile tramonto, non è stata solo quella di averci lasciato un patrimonio artistico unico al mondo, ma di aver contribuito, nonostante e contro l’opposizione cruenta della Chiesa cattolica, alla rinascita del sapere che ha poi dialogato con tutto il mondo. Quando mai potremmo dire qualcosa d’analogo a riguardo della classe politica e dirigente odierna e più recente?

Come dimenticare, inoltre, le razzie compiute dai tedeschi nell’intera Europa solo pochi decenni or sono? Per quale motivo dovremmo ritenerci rassicurarti nel credere che le ignominie perpetrate fino a ieri non possano essere reiterate oggi o domani? Dopo i marchi storici della nostra industria, toccherà inevitabilmente, salvando magari certe formalità e dando al tutto un certo valore in denaro, al nostro patrimonio storico e artistico. Anzi, sta già accadendo, è realtà in atto.

Possibile, dicevo, che non ci sia, da parte degli alti scranni della politica, contezza del prevalere in ogni contingenza storica della volontà di potenza e di competizioni tra i diversi Stati, nell’ambito di un sistema economico globale che “naturalmente” obbedisce alla legge del più forte? O si tratta solo di malafede?




3 commenti:

  1. ormai la politica è circonvenzione d'incapace.... e non ne fanno neppure mistero .. ci ridono su!

    http://www.lastampa.it/2013/12/11/esteri/il-consiglio-di-fischer-alleuropa-astensionismo-ci-vogliono-i-gatti-SLJr3LRlmXMJj09gOElDKJ/pagina.html

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    1. ne ho acquistati 5 la settimana scorsa. in porcellana (costo modico)

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  2. Conoscendo o leggendo le biografie di parte - quella più 'matura' e coltivata - degli alti scranni, sappiamo che possiedono strumenti adatti di logica e di giudizio. Pertanto madame lei sa che retoricamente non si tratta di malafede, ma di Potere. Costi quel che costi. Non ne è esente neppure il prof.Prodi anche se ogni domenica partecipa al sacrificio eucaristico.
    La cosa che, geriatricamente, mi fa più timore sono i cretini tra le basse chaises long che, come dice Simenon, non sono innocui. E molti fra di loro utilizzano terapie che a differenza del bicarbonato sono a base di alcaloidi vegetali.
    A latere da verificare: mi dicono che in alcune scuole USA avrebbero abolito l'uso della scrittura manuale per adottare unicamente quella attraverso il computer (come al solito noi adottiamo il sostantivo computer, mentre i cugini francesi ordinateur e gli spagnoli ordenador).
    Quando qualcuno fra questi discepoli sarà su di un alto scranno, spero di essere già nell'urna, non quella elettorale.

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