La sinistra si è
suicidata da così molto tempo che ormai non ci si ricorda nemmeno più se essa
sia effettivamente esistita o si tratti di una leggenda. Sicuramente non
possono rammentarla gli attuali ventenni e trentenni, per quanto pure i
quarantenni ne abbiano sostanzialmente solo sentito parlare. Insomma, il
ricordo della sinistra – qualunque cosa essa possa essere stata – è roba da
vecchi o quasi, oppure esiste in epifanie che quanto a notorietà ed impatto
sociale sono da considerarsi semiclandestine.
Perciò la jacquerie di questi giorni,
quella cosiddetta dei “forconi”, va guardata con attenzione poiché essa è
sintomo certo del malessere sociale generale, e tuttavia va anche intesa nei
suoi connaturati limiti, essendo un fenomeno spontaneistico e senza indirizzo
politico che non sia quello della rabbia e della protesta. È comunque l’unica
agitazione sociale in essere e sarebbe sbagliato non prenderne in
considerazione le motivazioni e le dinamiche, se però, appunto come dicevo,
esistesse una sinistra sociale, ancorché estinta in ogni sua rappresentanza
politica, capace d’un qualche sussulto attivo.
Questo tipo di proteste non avranno conseguenze
pratiche nell’immediato, anche se nel tempo potranno irrobustirsi e prendere
derive populistiche. Ad ogni buon conto non si è ancora in presenza di una
situazione realmente rivoluzionaria, mancandone i presupposti. Non va
dimenticato che circa il 38 per cento della popolazione adulta vive di pensioni
e stipendi pubblici. Chiaro anche, però, che la situazione finanziaria dello
Stato non potrà reggere all’infinito e, conseguentemente, con il taglio di
stipendi e pensioni (come già accaduto in alcuni paesi europei), e con il venir
meno degli ammortizzatori sociali e l’aumento della disoccupazione, si arriverà
a una situazione gravida di conseguenze sociali potenzialmente esplosive.
I rappresentanti politici dell’oligarchia
finanziaria, la stessa che controlla i flussi mediatici, reagiranno e
tenderanno a spostare il discorso dalle cause economiche oggettive della crisi a
motivi di ordine sociale e soggettivo, in modo che la disoccupazione e le
lacerazioni sociali indotte dalla crisi e dalla nuova gerarchia della divisione
internazionale del lavoro, cui è seguita una demenziale politica economica di
austerità, siano fatte diventare responsabilità dei ceti proletari o
piccolo-borghesi ancora garantiti da un lavoro o da pensione.
Con ciò si tenderà ad allontanare la protesta
sociale dalle sue reali cause e dai loro effettivi responsabili, per alimentare
un conflitto anzitutto tra soggetti di una stessa classe sociale.
Ad approfittarne (e ad esser
utilizzati allo scopo), da principio, saranno i movimenti reazionari come
quello di Grillo-Casaleggio, ma in seguito è da prevedere che con il
radicalizzarsi della protesta, non certo sotto il segno del riformismo “de
sinistra”, saranno i movimenti parafascisti. Il resto sarà conseguenza degli
sviluppi della situazione europea e internazionale.
*
Uno scienziato, buon uomo, munito di tutta la
strumentazione necessaria per un esperimento che se riuscito gli avrebbe
portato il Nobel, ossia una gabbietta, una batteria per auto e due morsetti,
inserì un topo nella gabbietta e ogni tanto sul pavimento della stessa faceva
arrivare una scossetta elettrica. Chiaro che il ratto non gradiva,
s’innervosiva e dopo un po’ cominciò a sviluppare ansia e il suo pelo diventava
brutto e ispido, nel tempo comparvero delle malattie.
Il promesso Nobel annotava e poi, per completare
l’esperimento, inserì nella gabbietta un secondo ratto e a ogni scossa
elettrica i due topi litigavano tra di loro e se le davano di santa ragione.
Con arguzia da Nobel, scoprì che i due sorci non sviluppavano né ansie e
nemmeno malattie, il loro pelo era bello e liscio. Il suo sorriso divenne
spasmodico, come in un romanzo di Anthony Burgess.
Tuttavia le sue attese andarono frustrate, egli non
vinse il Nobel, la sua scoperta doveva rimanere segreta poiché dava soluzione a
una grave preoccupazione che sovrasta tutti i governanti, i capi e i sottocapi.
Infatti, essa chiarì il trucco dell’uovo di Colombo. Se il governante deve
infierire su una categoria di poveracci per smorzarne l’istinto bestiale di
soddisfare tutti i bassi appetiti del corpo, ossia se deve dare loro una scossa
elettrica con tagli e nuove tasse, ora sa che non deve mai prendere un gruppo
isolato, colpire solo quello, ma accostargli altre categorie di sfigati, in tal
modo essi litigheranno tra di loro, se le daranno di santa ragione e a nessuno
verrà in mente di guardare fuori dalla gabbia dove ci sono loro che osservano
nell’ombra.
Ecco, ci vorebbero, qualche decina di migliaia di Olympe de Gouge, per farli guardare fuori dalla gabbia, e non farli azzuffare tra di loro.
RispondiEliminaBuona giornata, compagna.
squit
RispondiEliminaAG
squit squit
EliminaHenri Laborit mi pare
RispondiEliminasenza pare
EliminaBattuta dal film di Scorsese: GANGS OF NEW YORK.
RispondiEliminaMa come si fa a governare? Basta mettere il 50% dei poveri contro l'altro 50%
meglio A per cento contro il B per cento e questo contro il C per cento che a sua volta sarà contro il D per cento, ecc.. Tutti contro tutti. e fuori dalla gabbia LORO.
EliminaCara Olympe, non credo nella spontaneità di questo movimento, peraltro circoscritto e molto amplificato dai media. Annunciato nei giorni precedenti nei siti di molte organizzazioni neonaziste, in primo luogo da Forza Nuova, ha portato a manifestare quello che è un potenziale blocco sociale reazionario fatto di ceto medio impoverito, sottoproletariato, strati operai arretrati e non rappresentati, anche studenti dell'area e le immancabili tifoserie, da anni organizzate dai gruppi dell'estrema destra. I dirigenti c'erano tutti e pure personaggi legati alla malavita, nel sud ben conosciuti mafiosi. L'atteggiamento della polizia, in alcuni casi, ha reso evidente la già conclamata prossimità politica tra forse dell'ordine ed il "popolo delle scimme" (cfr. Gramsci). Certo la mancanza, ormai cronica, e deleteria di una rappresentanza poltica del lavoro salariato impedisce la formazione di un blocco sociale ad egemonia proletaria de questo apre le porte ai rischi di una contingente uscita a destra dalla crisi.
RispondiEliminaMordecaj
sì, d'accordo sulle tue osservazioni, ma comunque non vedo un programma politico che non sia appunto quello della protesta e perciò, non a caso, l'ho chiamato jacquerie. grazie dell'intervento
EliminaIneccepibile.
RispondiEliminaVedo però in giro (non qui, per fortuna) analisi “di sinistra post-rifondazione” piuttosto discutibili (attardate sulla “difesa dell'esistente”, delle condizioni del lavoro rebus sic stantibus, come se le res potessero davvero restare indefinitamente immobili, nel mondo retto dal capitale), che ad esempio parlano di coscienza di classe (da rinfocolare) dei lavoratori dipendenti che dovrebbe contrapporsi agli interessi dei lavoratori autonomi. Una teoria socialista piuttosto “bignamizzata”, direi. Se guardiamo dentro queste scatole opache ci troviamo di tutto: da quanti e quali gruppi e interessi è composto l'universo dei dipendenti? Fino a che punto l'interesse – tanto per fare esempi – dell'operaio edile coinciderà sua sponte (per così dire) con quello del segretario comunale? Non è anche grazie a queste “allegre” confusioni/generalizzazioni concettuali che un certo pensiero “anticapitalista” odierno [solo un certo, per fortuna, ma abbastanza seguìto] si priva della possibilità di enunciare reali alternative, ritagliandosi un modesto ruolo di chiosatore arguto delle nefandezze del capitale?