Prendo
a mo’ d’esempio un personaggio politico, tra i molti che hanno una robusta
opinione di sé e che sanno fischiare tutti i motivetti della demagogia plebea, ossia
il signor Renzi Matteo, e ciò che egli propone – quale segretario designato del
partito democratico e aspirante demiurgo della derelitta Italia – per la
rinascita di un paese che se si dovesse definire come riflesso della sua classe
politica bisognerebbe chiamarlo il paese di Procuste.
Prima
una breve premessa.
In
natura, in cui sembra dominare il caso, nel medesimo si afferma con regolarità
la necessità. E ciò vale non solo per la natura ma anche per la società. Per esempio,
la produzione e lo scambio di merci assumono nel loro insieme una portata
troppo vasta per il controllo consapevole degli uomini, e perciò sembrano tanto
più abbandonati al puro caso. Tanto più è complesso l’insieme degli avvenimenti
che ci sfuggono soverchiandoci, tanto più essi si affermano come necessità
naturale, come leggi naturali inerenti ad essa. Engels, sottolinea:
Tali leggi […],
di fronte all’individuo che produce e a quello che scambia, stanno come potenze
estranee, da principio persino sconosciute, la cui natura deve essere prima
faticosamente indagata e approfondita. Queste leggi economiche della produzione
delle merci si modificano nei diversi stadi di sviluppo […], ma, nel complesso, l’intero periodo della
civiltà sta sotto il loro dominio. E, ancora oggi, il prodotto domina i
produttori; ancora oggi la produzione complessiva della società viene regolata
non da un piano elaborato in comune, ma da leggi cieche che si affermano con
forza elementare e in ultima istanza nel tempeste delle periodiche crisi
(*).
In
altri termini, qui si tratta dell’esistenza oggettiva, posta di fuori e
indipendente dalla nostra volontà e spesso dalla nostra coscienza, di fenomeni
della materia sociale subordinati a leggi che, per motivi di ordine ideologico ma
riconducibili a particolari interessi di classe, vengono mistificati nella loro
reale essenza e dinamica.
Che
cosa ci si può aspettare dunque da una classe politica in generale e in
particolare dalla baldanzosa ambizione di Renzi, che le misure per uscire dalla
crisi siano state ben ponderate ed elaborate in un programma politico concreto frutto
di una stringente analisi delle contraddizioni del sistema economico vigente?
Posto
che per giungere alla comprensione delle cause della crisi economica è
necessario aver indagato l’economia capitalistica con un lungo e faticoso
cammino di appropriazione di realtà oggettive, resta da chiedersi qual è stato appunto
il lungo cammino che avrebbe condotto il sindaco fiorentino a giungere a un
risultato di sintesi confacente.
Tuttavia,
di là delle innumerevoli e fantasmagoriche motivazioni d’impronta ideologica che
il sindaco pro tempore di Firenze sa ben maneggiare, poniamo per mera ipotesi che
egli abbia finalmente raggiunto la consapevolezza delle cause effettive della
crisi economica e sociale, così come della interna connessione di queste e
altri fenomeni. C’è da chiedersi quali efficaci e conseguenti misure e rimedi
potrebbe porre in essere (e che cosa gli lascerebbero fare) per uscire dalle
contraddizioni economiche di un complesso di avvenimenti che ci sfuggono
soverchiandoci, tanto più che essi si affermano come necessità, come leggi
naturali.
Poi
si ascolta Renzi (basta qualche scampolo) e si può pesare non solo la pochezza
del politico, delle sue proposte, ma anche la sciocca vanità dell’uomo. Lui e
gli altri suoi finti contendenti politici, in definitiva sono una nuova leva di
politicanti sorteggiati allo scopo di gestire esattamente il seguito del
presente. E miserabili sono quelli che gli danno retta e si rendono complici di
questa mediocrità.
(*)
Anche Marx, a tale riguardo, svolge una penetrante osservazione prendendo ad
esempio la legge del valore:
Ma anche senza tener conto di ciò, dai due
caratteri sopra menzionati del prodotto in quanto merce, o della merce in
quanto merce prodotta capitalisticamente, risulta tutta la determinazione del
valore e la regolazione di tutta la produzione da parte del valore. In questa
forma assolutamente specifica del valore, il lavoro appare da un lato solamente
come lavoro sociale, d’altro lato la ripartizione di questo valore sociale e la
reciproca integrazione, il ricambio organico dei suoi prodotti, la
subordinazione al meccanismo sociale e l’inserimento in esso, sono lasciati alle azioni casuali, che
si annullano reciprocamente, dei singoli produttori capitalistici. Poiché
questi si trovano l’uno di fronte all’altro soltanto come possessori di merci,
ed ognuno cerca di vendere la sua merce il più caro possibile (potendo apparentemente regolare a piacimento la
produzione stessa) la legge interna
impone se stessa semplicemente per mezzo della loro concorrenza, della loro
reciproca pressione, tramite le quali gli spostamenti si compensano a vicenda. La legge del valore agisce qui solo come
legge interna, come cieca legge di natura nei confronti di singoli agenti e
impone l’equilibrio sociale della produzione in mezzo alle sue fluttuazioni
accidentali.
In questo lungo e complesso post, una risposta a Brancaccio,
RispondiEliminahttp://goofynomics.blogspot.it/2013/11/produttivita-salari-crisi-logaritmi.html#comment-form
e nei commenti, Bagnai vuole dimostrare da un lato che il capitalismo, per quanto in serie difficoltà, è ben lontano dal crollo; e dall'altro, che qualunque rovesciamento del sistema è utopia, e che una rivoluzione, benché in teoria concepibile, non è socialmente e culturalmente fattibile nelle circostanze attuali.
Sarei interessato ad un eventuale commento di Olympe in proposito...
ti rispondo subito e pure in breve: non riesco a leggere quella robaccia, inizio e poi lascio. è come bere in una tazza sporca.
Eliminanemmeno io credo al "crollo", nemmeno marx ci credeva.
nelle circostanze attuali credo anch'io che una rivoluzione sia improbabile. ma le circostanze cambiano, e stanno cambiando. abbiamo l'abitudine di non ragionare sul tempo lungo, vogliamo risposte e verifiche sull'immediato. con la storia non funziona così.
Matteo Renzi:a me, che non sono più giovane, sembra la brutta copia di
RispondiEliminaBenigno Zaccagnini.
Le risposte nell'immediato non credono nel tempo escatologico, che poi forse era quello di Marx.
Sono d'accordo sul tempo lungo, infatti ripongo molta fiducia nell'entropia.
Alla Baudelaire: o Entropia, abbi pietà della mia lunga miseria!
EliminaGrazie Olympe per il commento.