martedì 27 agosto 2013

Le cose che cambiano e quelle che restano uguali


Quando le strade verso il consueto svolgimento della vita sono bloccate, la gente diventa radicale, ma raramente saggia. Almeno fino a quando le circostanze non impongono una strada diversa, facendola apparire come una scelta.

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È curioso assistere ogni giorno a discussioni appassionate e litigi cruenti sull’euro e la UE. Dopo l’eventuale ritorno al coin locale, il dibattito troverà modo di concentrarsi sulla superiorità della luganega nostrana, senza trascurare un imperativo categorico quale il ritorno alle tradizioni culinarie del buon tempo antico, alle rustiche produzioni orticole a chilometri zero e al bucato a mano.



Ci rendiamo conto che stiamo andando a impattare, e anche di come il corso degli avvenimenti stia subendo un’accelerazione “pericolosa”, ma sappiamo poco sui veri interessi in gioco (molto di più su quelli presunti). Del resto è compito di per sé difficile poiché si tratta di affrancarsi dalle lusinghe di un’informazione spettacolare e drogata.

Pensare oggi di controllare le dinamiche di un sistema economico globale in mano ai capricci di finanzieri rapaci non meno che di asettici logaritmi, è tempo perso. Credere ancora che l’egemonia e la supremazia passi ancora per il controllo dei territori, è cadere all’indietro di un secolo e farsi molto male.

Dal lato bellico, ossia della storia militare, sia quella più antica così come quella moderna, essa è stata essenzialmente caratterizzata dallo scontro di grandi masse, di uomini e di mezzi. Questo genere di conflitti, questo modo di fare la guerra su scala globale (globale nel senso relativo di ogni epoca), è terminato nell’agosto del 1945.

L’impiego della tecnologia conferisce un’enorme capacità distruttiva a singoli gruppi e a singoli individui (l’11 settembre 2001 è una data che segna una cesura non solo simbolica). Ciò ha segnato un cambio d’epoca decisivo, l’aprirsi di nuovi scenari e un arco di cambiamenti che è appena iniziato e che travolge la geopolitica classica e lo stesso concetto di guerra.

Così come la mitragliatrice e l’artiglieria a tiro rapido, resero obsoleta l’idea di poter lanciare con successo offensive frontali contro posizioni ben difese, allo stesso modo il carro armato e la guerra di movimento hanno reso vulnerabili le più formidabili difese (maggio 1940). Poi di nuovo è cambiato tutto, e oggi si possono individuare, selezionare e colpire obiettivi di ogni tipo a distanza di migliaia di chilometri, quasi dal proprio ufficio. Un paio di cose non sono mai cambiate: si uccide sempre in nome di Dio e dei più nobili ideali, così come a venir uccisi sono sempre degli esseri umani.

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Per finire reclamizzo un libro, un romanzo che a mio avviso si adatta alla cupa situazione odierna, La montagna incantata (una lettura non facilissima, dunque non adatta a ogni anima e a ogni età). Non è un caso che questo lavoro nasca come un inserto delle Confesssioni del cavaliere d’industria Felix Krull e, come già nei Buddenbrook – dove la vicenda di Hanno doveva restare sul tipo dei romanzi brevi –, anche in questo caso il racconto prolifera tra le mani dell’Autore fino ad assumere dimensioni impegnative. Non dico di più per non togliere, a chi l’avesse ancora ignoto, il piacere della scoperta.


3 commenti:

  1. fa un certo effetto pensare ad un militare che controlla un drone. Più che militare può essere considerato un semplice impiegato che comanda a distanza un evento distruttivo. senza emozione e senza strascichi di responsabilità .un gioco virtuale. provo a immaginare quale sensazione di leggerezza debba sollevarlo mentre , la sera, torna a casa dopo aver azionato la micidiale arma da guerra.

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  2. Madame,mi permetta di dissentire dalla Sua affermazione:"Credere ancora che l’egemonia e la supremazia passi ancora per il controllo dei territori, è cadere all’indietro di un secolo e farsi molto male".
    Gli USA hanno,stando agli ultimi dati pubblicati dal dipartimento della Difesa 761 avamposti in 39 Paesi. Tutti questi avamposti hanno a loro disposizione anche undici flotte dotate di portaerei, un incrociatore lanciamissili, due cacciatorpediniere lanciamissili, un sommergibile d’assalto, navi appoggio per le munizioni, carburante e approvvigionamenti.
    Ogni portaerei ha cinquemila uomini, un incrociatore arriva a quota mille tra marinai e ufficiali. Le undici flotte dispongono di un centinaio di porti in tutto il mondo.
    Ma il controllo territoriale viene esercitato,soprattutto,attraverso quelli che Roosevelt,riferendosi a Somoza, chiamava "our son of bitch".
    http://www.acins.eu/Basi%20U.S.A.%20nel%20Mondo.htm

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    1. infatti, dal vietnam all'iraq e all'afghanistan si vede bene il risultato, per non dire dell'iran, ovviamente

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