lunedì 20 settembre 2010

Problemi? Scrivi a Giuliano Amato



Giuliano Amato (sì, è vivo e si fa pagare profumatamente i suoi editoriali dalla Confindustria) scrive su un tema scottante: i rom.
«Immaginiamo comunque di avere tutti i mezzi legali per liberarci di chi è pericoloso e anche per allontanare con più efficacia chi non ha mezzi di sussistenza. Avremmo così risolto la questione dei Rom? I Rom non sono una congerie di diseredati che si ritrovano nei campi uniti solo dalle loro precarie condizioni di vita. Sono una minoranza con tradizioni culturali e linguistiche che, per cominciare, include italiani e non italiani, comunitari e non comunitari, cristiani e musulmani, cattolici e ortodossi. Hanno vissuto per secoli allevando cavalli ed eccellendo in attività artigiane e di manutenzione, che li hanno resi in passato fiorenti. Poi si sono trovati in un mondo che non aveva più bisogno di loro, le loro comunità hanno vissuto fra difficoltà crescenti e da un lato si è estesa nelle loro file la piccola criminalità come fonte di sussistenza, dall'altro molti di loro hanno cominciato a divenire stanziali e a integrarsi nei modi di vita che noi consideriamo normali».
Quindi?
«Decisivo è diventato a questo punto l'atteggiamento verso di loro delle nostre società, cioè di tutti noi. [È necessario] cogliere i loro nuovi bisogni, accettarli dunque via via che loro stessi accettano forme nuove d’integrazione, che pure salvaguardino la loro identità. […] dove la si è praticata, l’integrazione funziona».
È questione di “atteggiamento”. Non quello dei rom, il nostro. E quali sarebbero le “forme nuove d'integrazione”? Lavorare in fabbrica da Marchionne, in cantiere da Ligresti, oppure come domestici a casa di Amato?
Rassicura Amato:
«Le visite che ho fatto nei campi Rom mi hanno dato più di una prova dell'errore che facciamo usando solo la durezza e usandola in modo indifferenziato. L'unico risultato è che si rinserrano le fila e viene frustrato così il desiderio (formulatomi esplicitamente) di non vivere più fianco a fianco con i ladri e i delinquenti che invece spadroneggiano nel necessitato silenzio degli altri».
E allora?
«Non facciamone una partita fra duri e buonisti, perché comunque finisca noi la perderemmo. La partita si vince se la si gioca su entrambi i fronti e, se lo si fa, noi stessi possiamo uscirne più soddisfatti».
Ecco svelata la soluzione al problema. Le partite si vincono se si gioca un po’ di qua e un po’ di là, un po’ per una squadra e un po’ per l’altra, per i “duri” ma anche, come direbbe Veltroni, per i “buonisti”. Del resto Amato e quelli come lui non temono i rom. I Vip vivono blindati e scorazzano con scorta. A noi invece resta il senso di colpa del nostro pregiudizio.

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