Fidel Castro, in una intervista rilasciata al giornalista Usa Jeffrey Goldberg, della rivista The Atlantic, avrebbe dichiarato che “il modello cubano ormai non funziona più neanche per noi”. La propaganda padronale non si è fatta sfuggire l’occasione, con in testa il foglio più liberista e anticomunista: “Fidel: il socialismo non funziona” (la Repubblica).
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È sufficiente un elevato grado di alfabetizzazione e una buon servizio sanitario gratuito per poter parlare di socialismo? Basta la statalizzazione dei mezzi di produzione e l’uguaglianza nella povertà? È quello che deve aver pensato la nomenclatura cubana per mezzo secolo.
Ora, di contro, la stessa burocrazia di partito, la cui esistenza come classe dipende dal suo monopolio ideologico, crede nel miglioramento quantitativo della miseria, nell’illusione del “benessere” e del fallimentare modello dell’abbondanza capitalistica (senza contare che ha creduto per cinquant’anni nella possibilità di poter realizzare il socialismo in un paese solo). Che è poi quello che sta succedendo ugualmente in Cina. Il proletariato subirà questo nuovo escamotage che di fatto lo mantiene ai margini della vita, schiavo come prima, più di prima.
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