Il presidente Usa Obama ieri ha incontrato il premier cinese Wen Jiabao per un paio d’ore. Il NYT dedica al fatto un articolo qui. Il presidente ha minacciato esplicitamente la Cina, affermando che se “i cinesi non intraprenderanno azioni [tese a rivalutare la propria moneta], noi abbiamo altri mezzi di tutela degli interessi degli Stati Uniti” (“the Chinese don’t take actions, we have other means of protecting U.S. interests”).
I Democratici al Congresso minacciano di approvare una legge prima delle elezioni di medio termine per minare i vantaggi che Pechino ha goduto sulle tariffe delle proprie merci grazie ad una sottovalutazione del renminbi (o yuan), che gli esperti Usa dicono che è artificialmente indebolita dal 20 al 25 per cento.
Wen Jiabao, ha respinto tali critiche su uno yuan tenuto debole sui mercati finanziari per aiutare le esportazioni. Wen ha infatti dichiarato che lo yuan non è all'origine del deficit commerciale degli Stati Uniti: “La principale causa del deficit americano - ha precisato il premier - non è il tasso di cambio dello yuan, ma la struttura degli investimenti e dei risparmi. Fra Cina e Stati Uniti c'è uno squilibrio commerciale che non vorremmo e Pechino non persegue una politica di surplus intenzionalmente”.
Dal 19 giugno scorso, da quando la Cina ha annunciato una politica valutaria più flessibile, lo valuta cinese si è apprezzata dell'1,8 per cento nei confronti di quella statunitense, e ieri - attestandosi a 6,69 yuan per dollaro - ha raggiunto il livello maggiore dal 1993. Ma ciò evidentemente non è sufficiente e lo scazzo tra Cina da una parte e Usa-Giappone dall’altra, continua.
Ad ogni buon conto la disputa sui cambi costituisce solo uno dei morivi del contenzioso; inoltre, a giudizio di molti commentatori, un eventuale riallineamento non porterebbe necessariamente vantaggi in termini di economia reale agli Stati Uniti. “Uno yuan più forte probabilmente non si tradurrà in un aumento dell'occupazione negli Stati Uniti”, scrive per esempio David Leonhardt sulle stesse pagine del quotidiano newyorchese.
L’espansionismo economico della Cina preoccupa gli Usa a 360°: la Cina sta guardando sempre con maggiore interesse all'Europa orientale. Obiettivi principali sono gli appalti finanziati dall'Ue in diversi Paesi dell'est Europa e il grande business relativo ai campionati europei di calcio del 2012, che si svolgeranno in Polonia e in Ucraina.
Ma la Cina ha investito copiosamente anche in America latina in Africa. E proprio ieri si è aperta nella capitale del Togo, Lomé, la riunione della Comunità economica degli Stati dell'Africa occidentale (Ecowas-Cedeao). Al centro delle discussioni, la possibilità di trasformare gli investimenti della Cina in un’opportunità per la crescita economica e sociale. Il vertice di Lomé – rilevano gli analisti – coincide in questi giorni con una serie d’incontri di alto livello tra Cina e Africa, a conferma degli ottimi rapporti bilaterali.
Tutto questo non potrà essere tollerato a lungo.
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