Potrà forse sorprendere, ma “filosofia”, per quanto riguarda la scuola francese, non è una materia marginale. Filosofia rappresenta il “totem del diploma di maturità”. È necessario precisare che con tale termine non s’intende semplicemente, come qui da noi, lo studio della storia del pensiero filosofico e (molto marginalmente) scientifico. Un insegnante francese intervistato in questi giorni da un quotidiano ha dichiarato di trasmettere l’idea “che se dedichiamo tante ore di lezione alla ricerca del significato di libertà, giustizia o felicità, è per sviluppare lo spirito critico in vista della vita futura dello studente”. Una simile dichiarazione da parte di un omologo italiano sarebbe, per diversi motivi, assai improbabile.
Non solo filosofia, ma anche storia e geografia sono materie tenute ancora in considerazione nei licei francesi (la grandeur poggia su quelle basi, la nostra politica estera sulla pizza e il parmigiano). Per quanto mi riguarda, sono molti anni che non ho più prole al liceo e dunque non sono a giorno su queste faccende, ma ricordo che di geografia al liceo scientifico non vi fosse traccia, e, quanto a storia, all’acqua di rose. Del resto lo studio della storia e della geografia sono inseparabili.
Non si tratta di sapere il nome della capitale del Kazakistan (vasto nove volte l’Italia), ma di sapere, per esempio, che è la prima economia dell’Asia centrale, nonché il più importante produttore ed esportatore di petrolio nell’ambito della Comunità di Stati indipendenti (CSI). Sarebbe interessante un esamino su questi dettagli ai componenti della commissione Esteri di Camera e Senato (e anche agli inviati UE, tipo per il Golfo Persico). Sortirebbero risposte davvero imbarazzanti, e del resto delle questioni “tecniche” debbono occuparsi i “tennici”, non i politici, ai quali spettano invece altri compiti, per esempio quelli di “indirizzo”.
Dunque perché mai è importante l’Eurasia settentrionale, dove peraltro è in atto una forte contesa? Innanzitutto di che cosa si tratta? È costituita da quattro ampie zone climatiche che diventano sempre più evidenti via via che si procede verso levante, ma soprattutto a est dei monti Urali, i quali creano una barriera per i maggiori venti occidentali e le precipitazioni che essi portano con sé dall’Atlantico. A sud degli Urali e a nord del Mar Caspio la fascia di steppa alberata ed erbacea si riduce fino a una striscia di prateria a nord del Caucaso e del Mar Nero, in Ucraina e Moldavia. La steppa si restringe poi ulteriormente in un piccolo cuneo tra il lembo occidentale dei Carpazi e il tratto litoraneo del Mar Nero che incanala il traffico verso sud in direzione del bacino del Danubio e la regione rumena/ungherese di Dobrugia.
Una fascia più o meno uguale di prateria continua a sud lungo il Mar Caspio fino alle steppe degli attuali Azerbaigian e Iran (sulla conformazione dell’Iran già scrissi). La pianura ungherese dell’Alföld (a tratti sterile puszta) compresa tra l’Ansa del Danubio e i Carpazi del sud, costituisce il limite estremo della steppa eurasiatica. Il che spiega come mai nel corso dei millenni chi perdeva uno scontro armato nella steppa spesso finiva lì, dove però lo spazio non bastava a sostenere il bestiame necessario al tipo di nomadismo che prosperava nella steppa. Cosa rimarchevole anche per ciò che dirò alla fine del post, è il modo in cui la politica la guerra nella steppa si dispiegavano su migliaia di chilometri, impraticabile in territori meno estesi.
A nord del circolo polare artico c’è la tundra, e più a sud la taiga (o foresta boreale). La taiga sfuma a poco a poco in una steppa alberata e quest’ultima, a sua volta, gradualmente in una prateria, troppo arida per le attività agricole. A sud della prateria si susseguono una serie di deserti, con sporadiche oasi alimentate dai fiumi che nascono sulle catene montuose nel versante meridionale del deserto. Dalle vette delle terre alte di Anatolia, Armenia e Caucaso, le catene si snodano lungo le coste del Mar Caspio dell’Iraq settentrionale fino a rilievo del Koper Dag che separa l’Iran dal Turkmenistan (vasto quasi come la Spagna). Da qui l’Hindukush (catena montuosa di quasi 1000 km) e il massiccio del Pamir cedono il passo ai sistemi montuosi del Tian Shan e del Kun Lun, attivamente a nord e a sud del deserto del Taklamakan, e all’Himalaya lungo il versante sud dell’altopiano del Tibet.
Non c’è stata orda o impero in grado di dominare questi vasti territori per lungo tempo, e penso che dalla descrizione si possa capire perché. Quando, a est, le aree montuose e i deserti si allargano, la fascia di prateria si contrae, ma dei Carpazi alla Mongolia le steppe eurasiatiche sono il collante del continente. Con l’eccezione dei molti Altaj e Saiani nella Siberia meridionale, la steppa corre interrotta per quasi 8000 km, dal Danubio al Pacifico.
Iniziando al Passo Yumen (per gli antichi cinesi, la Porta di Giada) a ovest e di Dunhuang (poco a sud si trova il Passo Yangguan, a sua volta importante tappa lungo la via della seta settentrionale), segue il cosiddetto Corridoio di Hexi (1000 km) lungo la frontiera cinese, contornando l’attuale regione autonoma dello Xinjiang (qui vivono gli Uiguri turchi) col suo immenso deserto (vasto quasi quanto l’Italia) del già citato Taklamakan, e poi i monti del Tian Shan, eccetera. Qui, nel cuore dell’Asia, i deserti del Kazakistan separano la steppa dalle aree coltivabili rigate dei fiumi Murghab, Syr Darya e Amu Darya del Turkmenistan, Uzbekistan e Afghanistan.
Questo sommario excursus geografico (limitato alla parte fisica) dovrebbe già dare l’idea del perché le invasioni di questi immensi e complicati territori eurasiatici non hanno storicamente avuto successo, se non temporaneo. Nel caso, in riferimento al domani, non basterà vincere il confronto del Pacifico per aver ragione della Cina, così come non si può aver ragione della Russia in Ucraina e nel Mar Nero (salvo cambiamenti a Mosca, ma questo è un altro paio di maniche e creerebbe comunque una situazione irta di gravi rischi).
Che cosa ci si deve attendere dal conflitto fra cosmopolitismo globalizzatore e nazionalismo nativista, conflitto tutto interno alle classi dominanti borghesi anche quando coinvolge vaste masse della popolazione? Direi nulla di buono, perché il primo è l’espressione di un universalismo coercitivo – il classico universalismo della forma-merce – e il secondo può anche vincere in termini di influenza ideologica a livello di massa, ma è del tutto inapplicabile sul piano pratico, perlomeno in Europa. Si vuole una prova? Anche se l’insegnamento della geografia è stato oggetto nel nostro sistema scolastico di riforme sostanzialmente soppressive, ci si munisca di un mappamondo e si dia un’occhiata all’Europa. C’è il caso che scopriate che essa, a differenza dell’Australia e del Giappone, nazioni insulari, è una modesta penisola del continente euroasiatico, che solo un breve recinto di acqua marina separa dall’Africa e dall’Asia… La politica dei blocchi navali e del “cordone sanitario”, un misto di arroganza, di rivalsa e di inanità, può pagare nell’immediato, soprattutto in termini di consenso, ma, se si tiene conto della lezione della storia e dei dati reali, relativi non solo al contesto mondiale ma anche a quello europeo e italiano, è una lotta vana contro il carattere irreversibile dei processi e contro l’ordine di grandezza delle cifre.
RispondiEliminaPer capire le vicende in corso all’interno di un quadro più ampio, in modo da vedere la foresta e non il singolo albero, è utile "La Russie dans la longue durée", il saggio, inedito in Italia, che Samir Amin, lo studioso marxista scomparso qualche anno fa, pubblicò nel 2016. Esso fornisce la chiave per comprendere le radici profonde della grande crisi attuale, dello scontro gigantesco ed epocale che contrappone oggi la Russia all’imperialismo euro-atlantico. Samir Amin fornisce sia l’approccio metodologico, che integra l’analisi della lotta di classe con l’analisi del 'sistema-mondo', la storia e la geografia, il marxismo e la geopolitica, sia la lettura della "longue durée" che caratterizza la formazione e il ruolo dello Stato e della nazione russi dalle loro origini sino alla rivoluzione e alla costituzione dell’Urss, per giungere all’attuale fase post-sovietica, e il posto che occupa geograficamente il Paese più esteso al mondo nel sistema economico-politico mondiale, con le sue insopprimibili peculiarità che lo rendono, oggettivamente e inscindibilmente, "Eurasia".
RispondiEliminaNo casa chi Stan ? Ben strano nome anche per quelle zone lì.
RispondiEliminaCiao con tanta simpatia
sono le perle della digitalizzazione vocale e della mancata mia rilettura.
Eliminagrazie molte, cari saluti