giovedì 13 luglio 2023

Ella, ella, alalà!

Ricordo di aver ascoltato una cronaca del ventennio dedicata a un raduno di giovanissimi balilla, chiudeva dicendo che vi era stata una merenda a base di “pane e marmellata nazionale”. Altro che Nutella, quelle sì erano merende sane e patriottiche.

Qualsiasi ministro e politico che si esprima – di solito senza pensare – su Twitter o su un altro social network è risucchiato dalla forza centrifuga del mezzo che sollecita il superego. Viene facile prendersela con il cognato, e ciò significa non capire il gioco. In realtà è l’intero panorama governativo, politico, sociale e soprattutto mediatico che è sceso a quel livello. Questo permette a Meloni di rimanere relativamente discreta, visto che tutti parlano, se non come parlava Ella prima di palazzo Chigi, almeno con lo stesso tono, anche uno o due toni sopra. Nell’eccesso di surriscaldamento generale, Ella appare come una figura di pacificazione ed equilibrio (come nel caso di La Russa).

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Alla fine del XIX secolo, ciò a cui miravano i lavoratori non era solo ottenere qualcosa in più, ma lo sconvolgimento generale. Sognavano la conflagrazione della società: la società delle fabbriche dove tanti schiavi ci lasciavano la pelle, i tuguri dove tanti bambini lasciavano il cuore, le chiese dove tanti umiliati lasciavano il cervello, e banche, palazzi e bordelli, tutto in fiamme!

Dopo oltre un secolo, immutato nella sostanza l’ordine autoritario che chiamano mercato, chi fa lo stesso sogno? Nelle banlieues francesi, con Jean-Luc Mélenchon che fantastica sulla rivolta di “popolo” non appena un bidone della spazzatura prende fuoco.

Quello è un fuoco a salve che si spegne subito, in alcune sere e niente più. Per l’arte della sovversione ci vuole altro, bisogna adeguarla ai tempi, non basta il pavé e accendere l’auto di qualche malcapitato. E neanche dare fuoco alla Borsa di Parigi come il 24 maggio 1968.

Niente ci ha turbato durante quei giorni di tumulti che seguirono alla morte del giovane Nahel. Per una volta si può concordare con il signor Cazzullo: albergatori, ristoratori, concessionari demaniali, commercianti eccetera, si stanno rifacendo alla grande con il post Covid (piangono miseria, poi ti raccontano delle loro lunghe vacanze invernali nei luoghi più esotici del mondo).

Ecco un problema reale, un oltraggio alla nostra cara patria che ci turba e di cui discutere a fondo. Ora, non a settembre, facciamo far sentire la nostra virile voce, sputiamo fuori le nostre “soluzioni”.

1 commento:

  1. La dottrina postmoderna della fine della storia non prevedeva un futuro molto diverso dal presente e il suo ‘profeta’, Francis Fukuyama, oggi è, coerentemente, uno dei massimi propugnatori della causa ucraina, che è quanto dire del sinolo liberalfascista o, se si preferisce, nazigolpista. In effetti, c’è, tra non molti altri, un futuro possibile, e il suo nome è fascismo. Il massimo banco di prova di ogni dottrina politica e di ogni concezione culturale è come essa saprebbe far fronte a questa eventualità. Non sembra che i liberali si trovino in una posizione particolarmente avanzata, da questo punto di vista, poiché essi, fossero (e siano) di destra, di centro o di sinistra, hanno sempre tenuto la scala ai fascisti. La sinistra (o ciò che ne resta), nell’affrontare i suoi antagonisti politici (e Giorgia Meloni è un antagonista di prim’ordine tanto per la sua estrazione sociale quanto per la sua abilità politica), ha bisogno oggi più che mai di saldi fondamenti etici e anche antropologici, giacché soltanto da qui essa può attingere le risposte politiche che ci occorrono. E su questo piano le periodiche effervescenze sociali ed etniche della Marianne sono piuttosto un elemento del problema che della soluzione.

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