In
margine all'appello a supporto del governo di “semplici cittadini interessati alle sorti dal Paese”, pubblicato
ieri dal Corriere della sera, e contrariamente
ai canoni comunicativi della cosiddetta “piramide rovesciata”, prendo il
discorso alla larga, parlando d’informazione. Per una volta non della solita
televisione, bensì di quella che un tempo – e oggi sempre meno – si chiamava “carta
stampata”.
*
Quale
grado di autonomia può avere un quotidiano, ossia a chi
risponde? Alla proprietà, non c’è dubbio, essendo quella editoriale, dal punto
di vista economico, un’attività industriale come un’altra (*). Sennonché l’informazione
incide in modo decisivo nella formazione della cosiddetta opinione pubblica, e
dunque è chiaro il motivo politico sul perché un’attività economica con bilanci
perennemente in rosso interessi tanto i capitani coraggiosi dell’imprenditoria
e della finanza, ma anche, per fare un esempio di rilievo, la Chiesa cattolica e altri gruppi di potere e di pressione.
L’informazione
è un ganglio vitale di questo sistema dominato da “un’oligarchia dinamica incentrata
sulle grandi ricchezze ma capace di costruire il consenso e farsi legittimare
elettoralmente tenendo sotto controllo i meccanismi elettorali”
(Luciano Canfora, La democrazia, p.
331).
A
dare lustro alla presunta indipendenza della stampa ci pensano anzitutto le grandi firme, gli editorialisti e gli
opinionisti noti al grande pubblico che i giornali (e gli altri media) si
contendono a colpi di cospicui contratti d’ingaggio. Gli editorialisti hanno
funzioni di diversione ma anche d’indirizzo: possono scrivere come e quello che
vogliono, così s’ingenera l’impressione
che nei giornali si possa scrivere come e quello che i giornalisti vogliono.
La loro indipendenza recintata dà al giornale l’odore dell’indipendenza, la
loro stravaganza dà al giornale un tocco di brio, il loro coraggio nel
sostenere opinioni impopolari dà al giornale l’impronta dell’anticonformismo.
Se poi a causa di un editoriale si perdono anche dei contratti pubblicitari,
questa diventa la prova dell’indipendenza del giornale.
Il rovescio della libertà
dell’editorialista è la non libertà della redazione. Infatti gli editorialisti non hanno influenza diretta sul restante contenuto del
giornale, sono ben pagati e i loro nomi stampati in grassetto. Gli editoriali
sono articoli di lusso, gli editorialisti dei divi, capitani nella loro vasca
da bagno. Il resto del giornale, la parte cospicua del lavoro, viene svolta
nelle redazioni. Spesso si tratta di un mero lavoro di copia incolla del
“foraggio” che passano le agenzie, di redazionali pubblicitari o lobbistici camuffati
da articoli specialistici, di comunicati stampa governativi fatti di annunci volutamente
contraddittori e di contraddittorie smentite, di prove tecniche di confusione per sondare le reazioni.
Ai
lettori, al grosso pubblico, questo flusso di notizie, apparentemente plurale, dà l’idea di poter accedere alle fonti e ai fatti. Però se noi
andiamo a vedere i cambiamenti sociali intervenuti in pochi decenni possiamo prendere
atto che ciò che un tempo consideravamo quasi come una mostruosità, oggi non solo
viene accettato ma è considerato come lo stato “normale” delle cose. E in tutto
ciò l’informazione ha avuto un ruolo non certo di secondo piano proprio nel
presentare una certa versione dei fatti
e nell’indicare le fonti, non proprio disinteressate.
Il
fatto, per esempio e per rimanere sulle generali, che si succedano alla guida
del governo dei personaggi che non hanno avuto alcun mandato elettorale, ma
solo l’endorsement mediatico, sembra
assolutamente normale. E che proprio questi personaggi, assurti alle più alte
cariche del potere esecutivo, mantenendo tra l’altro il controllo del partito
di maggioranza assoluta su un ramo del parlamento e di quella relativa
sull’altra camera, si facciano promotori di leggi che stravolgono la
costituzione, l’assetto istituzionale e democratico del paese, sembra un fatto
normale che pochi s’arrischiano a contestare nella forma e nel merito.
Da
molto tempo questo paese è entrato in una nuova fase della sua storia
democratica e però, grazie all’uso sapiente dei media, alle apologie, non
sembra accorgersene. Siamo ora giunti a un nodo cruciale di questo processo
involutivo (come dimostra l’appello di ieri sul Corriere), fatto passare proprio nei media come un percorso obbligato
di “riforma” dell’esistente (la rottamazione
del vecchio e putrescente), come una necessità imposta dalla situazione,
dall’emergenza in cui tutto precipita, di cui i “semplici cittadini” si fanno
carico. Si tratta altresì, per le sue conseguenze immediate e future, di una
svolta pericolosa che oggi non siamo ancora in grado di valutare appieno.
Va
ricordato che la sinistra parlamentare fu impotente a fronte dell’avvento del
fascismo. Oggi semplicemente la sinistra è fuori scena, liquidata da un lato
dalle sue divisioni e viepiù conquistata armi e bagagli al neoliberismo. Il
resto del lavoro l’hanno fatto gli specialisti, non ultimi gli editorialisti, i
polemisti, gli economisti e tutto il gruppo che ben conosciamo, con un’operazione
di sistematico quanto facile sputtanamento a mezzo stampa di ciò che erano
stati i cardini programmatici e ideali della sinistra e di ogni movimento radicale e progressista.
I veri e semplici cittadini interessati siamo noi, non facciamoci sottrarre del tutto la parola da questa banda di marpioni. Protesta è quando diciamo che questo e quello non ci sta bene. Resistenza è quando facciamo in modo che ciò che non ci sta bene non succeda ancora. Protesta è quando dico che non collaboro più. Resistenza è quando faccio in modo che tutti gli altri non collaborino più.
(*)
I quotidiani nazionali di maggior rilievo sono tre: Il Sole 24ore, che fa
capo al Gruppo 24 Ore, di proprietà di Confindustria, ossia della principale
associazione degli industriali manifatturieri del paese; gli altri due
quotidiani “indipendenti” sono Il
Corriere della sera e la Repubblica.
Il
Corriere
della Sera è controllato da RCS Media Group, un vero e proprio impero
mediatico attivo nei quotidiani, libri, periodici, radio, nella televisione e
inoltre sul web e nella raccolta pubblicitaria. A capo, come presidente, vi
figura un professore di economia, poi nel ruolo esecutivo come amministratore
delegato e direttore generale c’è Pietro Scott Jovane, quindi Roland Berger, un
tedesco a capo dell’omonima società di consulenza. Ma a comandare c’è il gotha
industriale e finanziario: anzitutto la Fiat, ossia la Fiat Chrysler
Automobiles, quindi Mediobanca (Generali, Pirelli, la stessa RCS, ecc.), poi
Diego Dalla Valle, noto industriale della calzatura, l’Unipol attraverso sue
controllate, Intesa Sanpaolo, eccetera.
Il
controllo di Repubblica fa capo al Gruppo editoriale Espresso, cioè a Carlo
De Benedetti, il quale non ha bisogno di presentazioni, se non per dire che
attualmente, tra l’altro, è membro del Consiglio di Amministrazione di Amber
Capitai SGR Italia (società specializzata in investimenti di capitale specie
nei settori industriali delle biomasse, fotovoltaici ed eolici) ed è membro di
numerosi organismi internazionali.
Amministratore
delegato del Gruppo è Monica Mondardini, già del Gruppo Generali, come chief
executive officer di Europ Assistance, con sede a Parigi, poi amministratore delegato
di Generali Spagna, con sede a Madrid. Nel 2013 è divenuta Amministratore
Delegato di CIR (Compagnie Industriali Riunite), holding italiana controllata
al 45.9% dalla COFIDE, della famiglia De Benedetti (i tre figli di Carlo). La
CIR controlla, tra le altre, la SOGEFI, operante nel settore componentistica
per auto, la KOS, operante nel settore dell'assistenza socio-sanitaria, e
appunto il Gruppo Editoriale L'Espresso. Mondardini è anche amministratore di
tre rilevanti società quotate: Crédit Agricole, Atlantia e Trevi Finanziaria
Industriale.
Non
va trascurato il ruolo dell’Ansa, la
prima agenzia di informazione multimediale in Italia e la quinta al mondo,
legata all’Associated Press (AP),
prima agenzia giornalistica mondiale. L’Ansa
è costituita come una società cooperativa controllata dai principali quotidiani
italiani.
Non era fra gli obbiettivi prioritari della P2 il controllo dei Mass media?
RispondiEliminaSembrerebbe realizzato appieno, in compenso inizia il campionato dei pallonari tatuati che da modo di occupare il cervello dissertando ore ed ore sulle pedate.
Buona domenica Olympe
il controllo dei media è obiettivo di ogni potere separato
Eliminabuona domenica anche a te
io volevo solo ringraziarti per tutto quello che mi insegni, chief :)
RispondiEliminabaci
Eliminala sinistra parlamentare fu impotente a fronte dell’avvento del fascismo
RispondiEliminala "sinistra parlamentare" oggi e' "il fascismo" :-)
il che ci dovrebbe fa pensare, visto che " veniva da sinistra" pure " l' originale " .. :-)..
se cerchi nel blog c'è anche questo: parola chiave "orbace"
EliminaC'e' dell'altro,per fortuna....
RispondiEliminaSe i nostri destini do salariati,dipendessero esclusivamente dai "Media",siano essi imbonitori di alto livello o semplici imbonitori da fiera,e tutti al servizio del Principe moderno,allora onestamente :..saremmo fottuti !
Per fortuna c'e' dell'altro e credetemi "questo altro" e' quello che da sempre temono,ma nemmeno loro ,la storia insegna,possono impedirlo...
caino
Dedicata alle anime pie...
RispondiEliminaIndipendentemente dal sito ,da cui ho tratto questa battuta,direi che e'troppo bella per non essere ripubblicata..ovviamente e'solo una battuta,serve altro..
"..per cui chiedere allo Stato di regolare le transazioni finanziarie ,per farla finita con le speculazioni e' come chiedere ai magnacci di regolamentare il mercato del sesso,per farla finita con la prostituzione"
caino
notte..
La società dello spettacolo
RispondiEliminaAG
Io non le vedo affatto così libere, queste grandi firme. Mi sembrano prime donne che si danno arie di far pompini all'impresario per puro diletto, mentre i redattori sarebbero costretti.
RispondiElimina