È
molto divertente osservare come le opinioni mutino facilmente sui motivi della
crisi e cioè secondo i fenomeni congiunturali del momento. Si spiegano per
esempio tali fenomeni in base alle variazioni del tasso d’interesse e simili,
invece di spiegare i fenomeni del mercato del denaro partendo, al contrario,
dalle condizioni della produzione.
C’è
chi crede che basti individuare i rapporti quantitativi per possedere la chiave
di lettura dei problemi, dimenticando però che questi rapporti quantitativi corrispondono a condizioni qualitative. In altri termini, nella
realtà economica non si fronteggiano soltanto aggregati di valore. E qui il
discorso riguarda il senso totale del movimento, e non è il caso di complicarsi
la vita.
Si
potrebbe poi ridere e dolersi dei rimedi cervellotici di volta in volta
proposti, ma del resto fare dei desideri la realtà, ossia innestare delle
illusioni, è diventato un lavoro preciso degli specialisti e non si può pretendere
dicano che l’epoca del capitalismo progressivo è finita e siamo in piena
involuzione. E poi il tema francamente sta diventando monotono, anche perché
quando si scende a livello degli stupidi si rischia di essere battuti dalla
loro insuperabile esperienza.
*
Basta
un click del mouse per sapere a quanto ammonta il debito pubblico federale degli
Stati Uniti, senza contare quello locale. Superato da quello dell'area euro che
si avvicina al 93 per cento del PIL. Quanto al debito del Giappone è ormai
leggenda. E se c’è un debito c’è anche un credito, direbbe Jacques de Chabannes.
Bisognerebbe chiedere un po’ in giro: chi possiede tutti questi soldi? Se la
risposta è centrata allora diventa chiaro che i padroni del mondo sono senza
volto.
Come
tutti sappiamo, la maggior parte dei paesi detiene il proprio debito statale sotto
forma di titoli e questi servono come tampone principale per coprire il deficit
di bilancio in un’economia moderna. Per esempio, i titoli garantiti dallo Stato
formano oltre il 99 per cento del debito del governo federale degli Stati Uniti,
e grossomodo la stessa cosa vale per l’Italia e per gli altri paesi.
L’economia del mondo poggia sul debito pubblico e sulla stampa di moneta. Quest’ultima
pregiata attività e i bassi tassi d’interesse, prossimi allo zero, hanno fatto
riversare grandi quantità di denaro nelle borse, che in questi anni, senza alcuna
correlazione con l’economia reale, hanno raggiunto quotazioni largamente
irrealistiche, non solo in Cina. Pertanto il crollo dei listini è il necessario
e inevitabile risultato di un gioco speculativo quando incontra la realtà.
Del
resto la funzione della borsa non è più quella di un tempo (antico). Anche su
periodi più lunghi, non vi è alcuna correlazione diretta tra il mercato
azionario e il PIL. Nel decennio degli anni 1970, il mercato azionario ha perso
oltre il 40 per cento del suo valore in termini reali; nel decennio degli anni
1980 è più che raddoppiato. La crescita del PIL in media è stata del 3,3 per
cento 1980-1990, rispetto al 3,2 per cento 1970-1980. Le fluttuazioni delle
borse hanno scarsa correlazione con l'economia reale.
Nei
suoi movimenti erratici, il mercato azionario non è una sicura misura dell’attività
economica. Prendiamo l’esempio del petrolio e delle materie prime: da quanto
tempo il loro prezzo è in caduta libera? Eppure le borse non facevano che
brindare a nuovi massimi. Ovvio che infine questa realtà si faccia sentire
anche a livello di listini di borsa.
Il
mercato non crea valore, e però consente
di realizzare, in tutto o in parte, il plusvalore estorto ai produttori. Il
mercato azionario non fa eccezione: è uno strumento per ridistribuire, a suo
modo, la ricchezza, cioè i profitti e gli extra-profitti. Si vede bene in Cina
dove la borsa contribuisce a mantenere la pace sociale distribuendo soldi a una
larga platea di nuovi ricchi e vecchi poveracci. Solo i più scaltri e fortunati
riescono a restare a galla. Il film The
wolf of wall street, pur con forzature spettacolari, racconta bene questa
distribuzione di prebende. Lupi tra loro.
Questo
gioco del debito e della stampa di moneta quanto potrà durare? A lungo come
sempre e anche troppo, ma non all’infinito. Oggi le foto dei giornali
ritraggono agenti di borsa euforici. Disse qualcuno che per dar fuoco a una
prateria basta una scintilla. Se non abitassimo in quella stessa prateria
verrebbe da ridere anche a noi.
Quando i Russi si ritirarono,sotto l'attacco dei Tedeschi,non si portarono dietro i Rubli,ma le fabbriche.
RispondiEliminaAi buoni intendori ,poche parole,quindi..
caino
Ps. Lapalisse conferma.
"Il mercato non crea valore, e però consente di realizzare, in tutto o in parte, il plusvalore estorto ai produttori. Il mercato azionario non fa eccezione: è uno strumento per ridistribuire, a suo modo, la ricchezza, cioè i profitti e gli extra-profitti"
RispondiEliminaInfatti. avendo un po' di tempo, sarebbe interessante fare due conti sui quantitative easing prima usa, poi eu, e adesso cinesi.
Migliaia e migliaia di miliardi immessi "per stimolare l'economie nazionali",
Questa la vulgata.
A memoria, il debito pubblico americano è passato da 11.000 mid di dollari a 18.000. Ben 7.000 mld, metà dell'intero pil usa, che supera di poco i 14.000 mld.
A fronte di ciò l'economia americana è cresciuta ben poco.
Vedremo se gli unici dati buoni dell'ultimo trimestre ( quasi il 4%) saranno mai replicati nel prossimo, e ne dubito assai. In ogni caso, un'iniezione di denaro pari al 50% del pil lo ha fatto salire, a fatica, di pochi punti. La disoccupazione è scesa, ma pare più una discesa di facciata essendo aumentati i "working poor" (gente che pur lavorando non arriva a fine mese) e i lavori a tempo ridotto. .
A fronte di ciò, come sottolinei, i valori di borsa sono saliti moltissimo.
E' chiaro dove siano finiti, e a chi, siano finiti questi soldi.
A riprova di ciò, la conferma che la povertà è in aumento, come lo è la ricchezza di pochissimi.
In europa lo scenario non è diverso, e niente fa supporre che lo potrà essere in cina.
Del resto, che non sia nient 'altro che la solita "astuta" rapina a danno della collettività che viene sommersa dal debito (con i soliti giornalisti che tengono il sacco), lo stanno a dimostrare i fatti ottenuti come risultati, e la loro distanza dalle parole delle intenzioni: "stimolare l'economie nazionali".
La controprova sarebbe semplice e interessante.
Diamo7.000 mld di dollari - invece che ai soliti - ai 50 milioni di poveri americani con l'obbligo di spenderli solo in prodotti nazionali, e non importati.
Scommettiamo che il pil salirebbe del 50%? g
Ps. non sono un sostenitore della mmt, tanto per chiarire.