sabato 1 agosto 2015

Non ce ne rendiamo più conto


L’abolizione del famigerato art. 18, e dunque la libertà padronale di licenziare a bischero sciolto, doveva favorire l’occupazione. Quindici miliardi di sgravi contributivi triennali sulle assunzioni a tempo indeterminato fatte nel 2015 dovevano essere il toccasana per la “crescita”, almeno secondo le dichiarazioni. “Le aziende non hanno più scuse per non assumere”, ricordate?

Nell’aprile del 2008 lavoravano 23,2 milioni di persone, oggi sono 22milioni 297mia. I disoccupati erano 1,7 milioni, quasi la metà dei 3,2 milioni attuali. Senza dire che il numero degli occupati non è crollato ulteriormente per il semplice motivo che la riforma Fornero ne ha tenuti inchiodati, sia nel pubblico e sia nel privato, centinaia di migliaia.

Il Fondo monetario internazionale ha avvertito che per riportare in Italia il tasso di disoccupazione ai livelli pre-crisi ci vorranno almeno 20 anni. Bugia colossale, come rilevavo in un post di qualche giorno fa. L’occupazione è destinata a scendere, in modo irrefrenabile. Nemmeno se i salari precipitassero a livelli asiatici l’occupazione segnerebbe sostanziali aumenti.

La dinamica di questa crisi sortisce dalle stesse contraddizioni delle altre crisi, e tuttavia per taluni suoi aspetti essa risulta qualitativamente assai diversa da quelle tradizionali, come credo di aver dimostrato in questo post. Perciò insisto nel dire che si tratta di una crisi epocale.

Altra cosa di cui bisogna tener conto, di là dell'enfasi predicatoria sulla crisi intese come gherminelle passeggere della finanza e delle banche, è che un posto di lavoro non è solo occupazione, e il salario è molto di più del suo accredito sul conto corrente. La disoccupazione non è solo mancanza di lavoro: è veleno. Nessuna elemosina e reddito di cittadinanza può dare dignità a gente che aspetta il nulla.

È su questi fatti, su questi numeri, che si misura il fallimento, anzitutto sul piano sociale, di questo sistema. E dunque questo non segna solo il fallimento del neoliberismo ma anche di tutte le idee politiche che credono che questo sistema possa essere riformato.



8 commenti:

  1. Purtroppo , tanto per citarti "andrà male prima di andare molto peggio".
    Ma in questa corsa alla " schiavitù 2.0" per noi pochi " apoti" forse più ancora intollerabile è che dobbiamo pure farci prendere per il c..o senza diritto di replica..

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    1. ma sai, entro certi limiti e in certi recinti la replica ce la lasciano pure fare. tuttavia continuano a prenderci il culo

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  2. ma infatti la questione già non si pone come riformismo sì/ riformismo no, ma oltre il riformismo se non proprio oltre la democrazia. Al di là dell'incostituzionalità di troppi provvedimenti, le azioni legislative non vengono più da tempo considerate in ottica riformista ma vengono intraprese solo per evitare il "peggio", per escludere gli esclusi, per vincere facile, per salvare le 'nostre' banche, le 'nostre' famiglie, le 'nostre' eccellenze e via delirando. Se le ricchezze si concentrano in poche mani così "riformiste" la democrazia tiene solo nella forma (ma neppure troppo). Conterà sempre di più chiacchierare, intrattenere, sviare, promettere. Emergeranno gli stronzi.
    ma una democrazia che tiene solo nell'esigenza di riformarsi non è - e non era - democrazia. L'Italia oggi è un sistema paese molto riformista a parole ma del tutto incapace a far fronte a qualsiasi fatto, anche il più banale. E se dall'analisi dei fatti oggi dici 'patrimoniale' o, peggio, 'conflitto d'interessi', la reazione sarà ancora più sprezzante e incapace; e se insisti, violenta. Ma sempre "riformista".
    Loro ci odiano e io ricambio, ma sono i fatti, non le ubbie, a condurci al confronto diretto.

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  3. ...magari può interessare. In una lettera alla redazione
    dell’Otečestvennye Zapiski del 1877, rispondendo a un lettore piuttosto stupito dello“schizzo storico” proposto nel capitolo sull’accumulazione originaria, Marx dice esplicitamente che l’“incontro” tra i diversi processi e la loro combinazione in senso capitalistico non sono affatto scontati:

    "in diversi punti del Capitale ho accennato alla sorte che toccò ai plebei dell’antica Roma. In origine contadini liberi che coltivavano ciascuno per proprio conto il loro pezzetto di terra, nel corso della storia romana essi vennero espropriati. Lo stesso movimento che li separò daimezzi di produzione e sussistenza produsse la formazione non solo di grandi proprietà terriere, ma di grandi capitali monetari. Così, un bel giorno, vi furono da un lato ‘liberi’ spogliati ditutto […] e, dall’altro, i detentori di tutte le ricchezze accumulate […]. I proletari romani divennero non già salariati, ma plebaglia fannullona e più abietta dei poor whites degli stati meridionali
    dell’unione, e accanto ad essi si sviluppò un modo di produzione non capitalistico, ma schiavistico. Dunque, eventi di un’analogia sorprendente, ma verificatisi in ambienti storici affatto diversi, produssero risultati del tutto differenti. La chiave di questi fenomeni sarà trovata studiandoli separatamente uno per uno e poi mettendoli a confronto; non ci si arriverà mai col passe-partout di una filosofia della storia"

    insomma: il capitalismo non era scontato che nascesse.

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  4. Di scontato che io sappia ,per il momento c'e' solo un fatto.
    Il capitalismo nella sua forma ultima ha smesso di funzionare,oltr ai soliti noti,timidamente pure pochi "apodi"per dirla con il ragioniere,se ne stanno accorgendo.
    Dove ci condurra'"questo fatto",non e' dato prevedibile,di sicuro non si puo'riformare l'irriformabile,il futuroprossimo a venire ,tolti questi due fatti non e'SCONTATO,tanto piu'che non se vuole prendere atto.
    E' vorrrte concedermi almeno questo,la storia non ha mai fatto sconti agli imbecilli,agli illusi alle anime pie,e nemmeno a quelli che aspettano la fine della notte.
    L'unica cosa che mi dispiace e'che e'dura remare controcorrente ,quando si e' in pochii a remare e si finisce per essere trascinati dalla corrente..
    Devo dire che un poco la cosa mi incazzare ,molto.

    caino

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    1. su questo sono abbastanza d'accordo. Ma Il fatto che il capitalismo non sia riformabile dall'interno non vuol dire che non possa essere sostituito da qualcos'altro. A patto che si faccia lo sforzo necessario per immaginarlo, cioè costruirlo idealmente, questo qualcos'altro. Quello che è sempre mancato ai marxisti, che ovviamente sono altro da Marx, è proprio la facoltà dell'immaginazione. Se vuoi costruire qualcosa devi prioritariamente avere un modello chiaro in mente.

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    2. le do un consiglio, a gratis:
      aggiunga un po' di tabacco a quello che fuma

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