Il
problema sta sempre lì, il vedere di che cos’è fatta questa democrazia, se si
tratta di un sistema che ancora tiene oppure di un sistema pervaso da un
processo degenerativo irreversibile. Per vederla in superficie questa società bastano
i dati Auditel tv. Se si va più in profondità è anche peggio. Quanta gente vive
direttamente o di striscio di politica, di società partecipate, di rendite, di
oligopolio corporativo, di clientele, di diritti che più che acquisiti sono stati
usurpati? I rapporti proprietari e di produzione si sono fusi con larghi
interessi che hanno coinvolto, dove più dove meno, i più diversi ceti sociali.
E
ciò era inevitabile se si pensa al ruolo sempre più marginale della grande e
media industria, allo sviluppo abnorme del settore terziario e al gonfiamento avvenuto
nei decenni passati delle pubbliche amministrazioni. E tuttavia, per contro, il
sistema dimostra una crescente incapacità di assicurare lavoro a milioni di
giovani e al numero, sempre crescente, di nuovi immigrati. E ciò ha rilievo sul
piano dello squilibrio sociale e generazionale da un lato, e della “sicurezza”
dall’altro. E spiega più di ogni altra cosa lo zoccolo duro elettorale del
movimento grillino e di quello leghista.
E
tuttavia, l’insieme di questi e altri problemi non possono essere coordinati e
filtrati dal sistema dei partiti se non altro perché per troppi
aspetti dipendono dall’insieme dei rapporti internazionali, dalle vicende che
si sono venute a stabilire a seguito di quella che chiamano globalizzazione,
dunque dall’allargamento dei rapporti di concorrenza, e dall’introduzione della
moneta unica europea, nonché dall’inarrestabile aumento del debito pubblico, ecc..
E
su tutto predomina, più che aggiungersi, una fatto ben noto e tuttavia
trascurato nel dibattito pubblico, e cioè il ruolo rivoluzionario dei mutamenti
tecnici in atto che risparmiano lavoro e creano disoccupazione e precarietà,
che hanno l’effetto di distruggere le condizioni di lavoro fino a ieri
predominanti riguardanti l’impiego della forza-lavoro. Gli individui, e
pazienza se mi ripeto, toccati da questi processi vengono a trovarsi in una
situazione in cui non sono più in grado di fare della loro capacità lavorativa
il fondamento della loro sussistenza. Questo è il motivo della incessante e massiccia
proletarizzazione, specie delle fasce sociali più giovani o di salariati non più
“competitivi”.
Si
tratta di un fenomeno di “espropriazione” di portata inedita laddove si
consideri che non si aprono, se non marginalmente, nuovi settori d’impiego. Ed
è chiaro anche il tentativo, attraverso i media, di veicolare nuove motivazioni
culturali in modo che la merce forza-lavoro sia disponibile a considerare
accettabili condizioni di sfruttamento fino a ieri rigettate. E mi viene a tal
proposito in mente un articolo di ieri sui lavoratori agricoli italiani in
Australia.
Verrà
un mondo, e anzi è già qui, in cui la povertà e il disagio, se non la fame vera
e propria, colpiranno fasce sociali sempre più ampie, così come si estenderà il fenomeno
dell’emigrazione allo scopo di ricostruire altrove l’esistenza. Poi le solite
fughe verso forme alternative di vita e di economia, ma queste illusioni sono
storia vecchia (cazzo ci fanno centinaia d’italiani in Nepal e in ogni altro
buco del mondo?).
La
politica dei partiti non ha saputo, laddove avesse potuto, dare risposte
efficaci e tantomeno tempestive a questi problemi. Che sono diventati sempre
più questione di gestione e amministrazione, ed è in tal senso che va vista
anche la nuova legge elettorale, la quale non va semplicemente incontro
all’ambizione di un gregario di provincia, ma persegue un disegno più ampio e
decisivo, che è appunto quello di creare non le condizioni per la presa di
potere di un nuovo caudillo ma d’installare ai vertici del governo nazionale un
amministratore unico delegato con i relativi poteri.
Da
troppo tempo s’era fatta strada l’idea che la legittimazione del potere fosse
questione di mera legalità, e ora abbiamo tra i piedi qualcuno, come sempre in
questi casi, che interpreta la legalità in termini decisionistici, di
leadership. Senza che si possa accusarlo di conflitto d’interessi, e senza
poterlo identificare univocamente con quegli stessi interessi. Una volta
ridefinite le regole del gioco il più è fatto. Uno svuotamento del ruolo
politico a fronte dell’incapacità di varare riforme abbastanza rapide e
incisive, di abbattere ciò che resta del welfare e delle residue tutele sociali
per creare uno stato di assistenza (pubblica e privata) ai poveri, di
rispondere alla crisi del sistema e di offrire garanzie agli “investitori” e ai
creditori.
Il
post è lungo abbastanza.
Olympe, da un articolo sul Manifesto di oggi(http://ilmanifesto.info/la-democrazia-normale/)
RispondiElimina“Il significato della parola democrazia è incerto. O controverso. Dacché i regimi democratici hanno sostituito quelli liberali è cominciata una guerra per circoscriverlo è che ha avuto successo. Democrazia, si dice, è il suffragio universale, le libere elezioni, la concorrenza tra i partiti. Il resto avanza. Nessun dubbio che queste cose ci stiano. Ma la democrazia e il suffragio universale li si era voluti proprio per cancellare il privilegio delle oligarchie liberali e per finalizzare in maniera più egualitaria l’azione di governo. Ebbene, le democrazie sono state svuotate e siamo tornati indietro di oltre un secolo. In nome della democrazia normale.
Che farà il grosso della popolazione, che è a ben vedere grossissimo, come la crisi ha dimostrato? Un esito certo è la crescita dell’astensione. La frustrazione aumenterà la sfiducia. Gli imbecilli diranno che capita ovunque ed è quindi normale. Cresceranno anche i sentimenti di rivalsa, la cui manifestazione più evidente è il razzi¬smo. Con que¬sto sistema elettorale — la Francia insegna — il rischio che un partito razzista, quan¬tunque minoritario, vinca le elezioni, è piuttosto alto.
Ma tutto pare inutile a sentire un grande burattinaio: “Datemi il controllo sul denaro di una nazione e non mi preoccuperò di chi ne fa le leggi”
— M.A. Rothschild
Saluti
questo è l'esito inevitabile del riformismo fine a sé stesso
Eliminaciao
Cara Olympe,
RispondiEliminase dovessi rispondere alla tua domanda di fondo,seguendo l'umore del momento direi che mediamente ci attende un futuro piuttosto fosco ..
Non e'infatti dato conoscere in che misura e con che mezzi lo scontro tra le potenze si verifichera',e con quali tempistiche..l'unica cosa sicura e che esoo avverra' e come al solito si sara'impreparati..quello che invece e'incerto e'come reagiranno le nuove generazioni che saranno chiamate in prima persona a sostenere lo scontro.
Da questo punto di vista,la Storia qualche cosa insegna,ma non sempre tutto poi,si replica in modi analoghi al passato.
Nonostante il sistema mediatico svolga ormai una colossale e gigantesca opera di mistificazione,da quello che capisco le persone percepiscono sempre di piu' ,l'insostenibilita'della situazione.