giovedì 21 maggio 2015

Oddio, come m'annoiano le "astrazioni"


Com’è a tutti ben noto, ci sono più cose in cielo e in terra di quante ne sognino le nostre fantasie. A noi queste cose di cielo e di terra spesso ci appaiono più astratte e lontane di quanto in realtà esse non siano, ma se non vogliamo rimestare nello spazio ideologico borghese la solita merda riguardo alla nostra condizione, dobbiamo fare i conti con le leggi che le governano, se non altro per smascherare le logiche che ce le impongono.

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L’aumento imponente del capitale costante, l’espulsione sempre più marcata dal ciclo produttivo di quello variabile, porta a un risultato non voluto ma ineluttabile: l’aumento della povertà è l’unico meccanismo macroeconomico efficiente su cui il sistema punta per tamponare la crisi.

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Non si parla più solo di spostamento di addetti da un settore all'altro (ad esempio, dall'agricoltura all'industria o dall'industria ai servizi e al terziario) ma proprio di una presenza umana nei meccanismi di produzione di beni e ricchezze che verrà drasticamente ridotta, quindi sarà molto più sporadica, discontinua, mutante, liquida e sostanzialmente non più in grado di garantire la perpetuazione del meccanismo con cui il vecchio capitalismo funzionava: quello basato su lavoro e produzione, corrispondente retribuzione, quindi consumo, che produceva profitto, il quale reinvestito portava a nuova produzione e così via all'infinito.

Così scrive Gilioli nel suo blog, citando tra l’altro “Fabio Chiusi sulla visione dell'imprenditore e analista della Silicon Valley Martin Ford, il quale nel suo ultimo libro "La crescita dei robot" arriva a proporre «qualche forma di reddito minimo» non per idealismo socialista bensì "da destra", cioè per salvare il capitalismo”. Di ciò si preoccupa questa gente, di “salvare il capitalismo”, di perpetuare la schiavitù del lavoro salariato; non più nelle antiche e faticose forme, ma in quelle più attuali, quasi asettiche, quelle dell’epoca dell’elettronica e dei robot. Finta alternativa dove il conflitto tra lavoro e capitale scompare.



Gilioli è un ragazzone intelligente e simpatico, però non credo alla sua buona fede quando scrive di queste cose. Scrive di “corrispondente retribuzione”senza dire a cosa corrisponde il salario. Parla di “consumo che produceva profitto”, mistificando l’essenza stessa del modo di produzione del plusvalore, esso sì trasformato in profitto attraverso la vendita delle merci prodotte dall’operaio, le quali incorporano il “valore aggiunto” che all’operaio stesso viene estorto. Insomma, il solito vergognoso gioco a nascondino cui non possono sottrarsi i corifei del capitalismo (quello buono, s’intende!) nel descrivere lo sfruttamento del lavoro (*). Anche loro tengono famiglia, come tutti.

Gilioli, citando la “voce del padrone”, fa propria la loro preoccupazione, quella che vede i profitti aumentare ma in misura decrescente rispetto al capitale investito. E allora l’allarme, capiscono che di questo passo la forma stessa in cui avviene l’accumulazione, e dunque il capitalismo stesso, sono a rischio. Gilioli afferma di essere preoccupato per l’aumento della disoccupazione, per le forme di sostegno sociale ai disoccupati. In realtà egli è mosca cocchiera, aspira a un sistema di tutele sociali completamente in rotta di collisione con gli scopi del capitalismo.

Sono ben chiari i motivi della spinta allo sviluppo tecnologico, cioè il risparmio di lavoro e per converso l’aumento dello sfruttamento (anche quando costa meno fatica fisica, caro Gilioli). E ciò è effetto della dinamica del processo di valorizzazione del capitale, ma a Gilioli e a quelli come lui non interessa cogliere tale dialettica interna, perché ciò significherebbe mettere a nudo il carattere stesso del modo di produzione capitalistico, dal lato dello sfruttamento e dal lato della sua crisi generale (**).

Significherebbe ammettere che nonostante le apparenze e le credenze opportunamente instillate, il livello di libertà e di benessere raggiunti dal proletariato non sarà mai tale da renderlo padrone della propria vita e libero di decidere il proprio destino fino a quando la propria attività e con essa la propria vita saranno subordinati alla produzione e riproduzione dei rapporti sociali che lo sottomettono alle esigenze di valorizzazione del capitale.

E dichiarare apertis verbis che benché sulla base delle possibilità oggi raggiunte dalla tecnologia e dalla scienza la possibilità di liberare il proletariato dalla forma di sfruttamento del lavoro salariato si facciano sempre più evidenti, tuttavia ciò è inattuabile nell’ambito del modo di produzione capitalistico poiché nello stadio del dominio reale del capitale, la logica di sviluppo (condizione, forme, settore di applicazione) delle macchine e così come dell’applicazione tecnologica della scienza è tutta interna al processo di valorizzazione.

Ho già spiegato più volte perché cala il prezzo delle uova pasquali, chi vuole addentrarsi in questo genere di “astrazioni” e comprendere per quale motivo non trova lavoro, oppure ha perso il posto di lavoro e non riesce a trovarne un altro, o perché lo sta perdendo alla Whirlpool, può farsene un’idea cliccando e leggendo questo.

(*) Sulle fole della teoria sottoconsumistica, anche di recente e proprio in riferimento a Gilioli, si può leggere questo post.

(**) Nel modo di produzione capitalistico il processo lavorativo si presenta solo come mezzo per il processo di valorizzazione (e in tal senso vanno viste le tendenze necessarie ad accorciare il tempo di lavoro per mezzo dello sviluppo della tecnica), ne consegue che la contraddizione tra valore d'uso e valore di scambio tende a divaricarsi sempre più con lo sviluppo della tecnologia applicato alla produzione. Tale dinamica è alla base della crisi generale storica del modo di produzione capitalistico.
Per i lettori più attenti, soggiungo che le forme della politica, la democrazia e altre cosette del genere, pur con tutte le mediazioni e contorsioni ideologiche e motivazionali del caso, sono in ultima analisi il risultato dell’attuale fase dello sviluppo capitalistico. In sintesi: nella fase in cui il dominio del capitale è generale e totale, delle apparenze democratiche importa sempre meno e sempre più esse verranno surrogate. 


9 commenti:

  1. Il dominio e la creazione dell'informazione e del linguaggio da parte dei detentori del potere diventano tanto più importanti quanto più saltano le forme "democratiche" di mediazione governativa tra capitale e lavoro. Gli strumenti di coercizione di cui le entità statuali moderne, le strutture politiche del capitale, dispongono sono i più potenti della storia. Ma sarebbero insufficienti a garantire le basi del dominio senza un assoluto controllo tecnico ed ideologico del linguaggio e dell'informazione. Il problema è che senza un preliminare rovesciamento di quell'egemonia le alternative al sistema nascono morte, e da un rovesciamento del genere siamo lontanissimi.

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  2. Olympe, questo l’incipit di un articolo sul Manifesto di oggi.
    Ci sono termini che illuminano lo stato dell’arte dell’ideologia dominante in una data formazione sociale. Nel capitalismo contemporaneo, la parola innovazione è usata per indicare la capacità di trasformare la realtà senza cambiare di una virgola i rapporti di potere tra le classi sociali. http://ilmanifesto.info/innovazione-la-parola-glamour-del-trasformismo/
    E la trasformazione della realtà, ossia la crisi del capitalismo neoliberale, viene presentata come una globalizzazione dal volto umano. La maggior parte degli imperi, degli Stati e dei sistemi legali sono fondati per mezzo della violenza, della guerra o della rivoluzione. Lo stesso vale per il nostro ordine mondiale 'umanitario'. La sua violenza fondante è perpetrata in Iraq e in Afghanistan ma anche nella violenza sistemica della sua economia politica. Sotto il Washington Consensus è stata fatta pressione sugli Stati per la deregolazione e l'eliminazione delle barriere finanziarie, la privatizzazione dei servizi e la riduzione della spesa sociale. La liberalizzazione del commercio e l'imposizione da parte del WTO di controlli stringenti sulla proprietà intellettuale ha accresciuto le disuguaglianze, creando ricchi e poveri nel campo della conoscenza. La promessa che la crescita economica guidata dal mercato e decentralizzata avrebbe inesorabilmente condotto il Sud del pianeta ai livelli economici occidentali è la 'nobile menzogna' della politica internazionale. Le politiche neoliberali hanno prodotto il risultato opposto: il gap tra Nord e Sud e tra ricchi e poveri non è mai stato così grande. Secondo Oxfam più di un miliardo di persone vive con meno di un dollaro al giorno. Circa il 35% della mortalità infantile mondiale è attribuibile a malnutrizione. Politiche che hanno messo in moto una reazione a catena Non controllabile, che oltre ad ammazzare milioni di persone, stanno distruggendo le origini stesse dell’Umanità.
    saluti

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  3. Cara Olympe,
    sono molti, ultimamente,(magari pure in buona fede),accorrono in soccorso del "grande malato"cronico e ad intervalli sempre più frequenti.
    Questi dottori paventano la gravità della malattia e mi ricordo pure di pseudo diagnosi precoci,prima del glorioso 2008,tipo Michel Beaud autore di una Storia del capitalismo.
    Il "nostro" pur paventando una serie di pericoli ,che sono oggi all,ordine del giorno (perfino molti struzzi ,non si permettono più di nascondere la testa),di fronte alle imminenti catastrofi annunciate ,altro non fanno poi che richiamarsi in ultima analisi al Principio di Responsabilità alla Jonas :
    "--preservare all'uomo nella residua ambiguità della sua libertà,che nessun mutamento delle circostanze,può mai sopprimere l'integrità del suo mondo e del suo essere contro gli abusi del suo potere" (amen verrebbe da dire)

    Sicuramente un mare di belle parole,ove però si può tranquilla mente notare un oceano di ambiguità..quale uomo,quali circostanze, e di quale mondo si vada cianciando ?
    Ironica a mio avviso suona poi l'affermazione " residua ambiguita della sua libertà" ove se da un lato si usa parola residua (sic!)dall'altro non è assolutamente chiaro di quale libertà,si vada cianciando anche in questo caso.
    A volte sembrano cure plausibili a parole che affondano in quelle che si possono chiamare le categorie delle "buone intenzioni".che un minimo di realismo nei secoli.ha relegato nei Cimiteri,ove abbondano e straripano le fosse dei "buoni intenzionati".
    Non resta che concludere con le parole di Engels : "oggigiorno c'è ancora gente abbastanza numerosa,che dall'alto del punto di vista dell'imparzialità,predica ai lavoratori un socialismo elevato sopra tutti i contrasti e le lotte di classe.Ma tali individui o sono novizi che hanno da imparare molto,o sono i peggiori nemici dei lavoratori : sono "lupi in pelle di pecora.

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  4. Quindi Olympe, il reddito di cittadinanza pavimentato dal mov. 5 stelle, va interpretato nell'ottica di salvare il sistema capitalistico in sostanza.
    Forse la vera domanda, è se il duo che guida il 5 stelle Grillo/Casaleggio, siano o no coscienti di questo.

    Un saluto da Franco.

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    1. no, Franco, non voglio dire questo, il reddito di sussistenza va visto semplicemente come una misura tampone. una misura peraltro necessaria, ma allora andrebbe rivista tutta la politica economica del governo per trovare le risorse necessarie. vedrò di tornare sull'argomento. ciao

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  5. Ma c'e' pure di peggio , perche' l'dea del " reddito di cittadinanza" richiamata anche da questo giglioli e' solo un mero espediente transitorio ,in quanto,"capitalisticamente , una " volta che gran parte della popolazione sara' resa inutile allo sfruttamento essa verra' percepita come un "costo improduttivo" e quindi eliminata in qualche modo.

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    1. in buona sostanza è così, l'argomento è assai complesso per essere trattato in un commento

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  6. Anche il capitalismo non potrà che collassare proprio per la sua insensata tendenza alla concentrazione delle risorse.
    Questi geni di imprenditori delocalizzanti non capiscono che masse sterminate di poracci senza reddito non potranno semplicemente acquistare i loro prodotti.

    D'altra parte è del tutto ovvio che la tecnologia (e voi a sinistra avevate Engels come apologeta e fondatore del vostro tecnoteismo progressista) riduce la quantità di lavoro automatizzandolo e questa è una realtà che si osserva in tutti i contesti.

    Quindi o si distribuisce il lavoro tra tutti, ma questo è incompatibile con la tendenza etologica alla concentrazione delle risorse oppure si deve passare ad una riduzione del teratoma umano, peraltro in esponenziale (pleonastico, data la sua connotazione tumorale) crescita.

    Ma anche la decrescita demografica è massimamente osteggiata a tutti i livelli, in quanto contraria ad etologia, all'imprintg bio evolutivo.

    Si ritornerà quindi alla selezione naturale con tensioni sempre più forti per le scarse risorse (lavoro compreso, metarisorsa) rispetto alla domanda.

    La crisi generale è una crisi che voi antropocentristi leggete sul piano della distribuzione delle risorse ma è molto più grave dovuta all'avvitarsi in deficit ecologici [biocapacità - (impronta + rifiuti)] sempre più gravi ed è una crisi che è iniziata nella seconda metà degli anni settanta del secolo scorso.
    Insomma, potete anche accapigliarvi sul fatto che delle dieci uova mara e pino ne hanno otto e franco due ma dimenticate che, per "alimentare" mara incinta hanno fatto fuori la penultima gallina.

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  7. Un problema serio credo sia quello che per certi concetti alla stragrande maggioranza delle persone piace la versione "volgare".
    Cioè, prendiamo la contraddizione tra valore d'uso e valore di scambio o che il valore di una merce è determinato dalla quantità di lavoro socialmente necessario per produrlo. Credo che concetti del genere normalmente non vengono digeriti dalle persone, che sono molto più pronte a recepire le cose con esempi "alla Jevons" come quello del pescatore letto su qualche papiello:
    un pescatore si tuffa in mare, e può tornare a galla portando con sé o perle o sassolini; la quantità e la qualità del lavoro svolto sono identici, dunque il prezzo dei due beni dovrebbe essere identico; ma sappiamo invece che il prezzo a cui può vendere i due tipi di beni sarà nettamente diverso, perché conta l’utilità che essi apportano più la scarsità. Un sostenitore della teoria del valore-lavoro dovrebbe ammettere che, se raccoglie sassi, il lavoro non genera valore.
    Già partire dicendo che pescare un qualunque sassolino è uguale a pescare delle perle in riguardo al valore, cioè che ci vuole lo stesso tempo di lavoro socialmente necessario, fa capire il livello di disinformazione di chi scrive su certi argomenti.
    Però questi piccoli esempi fanno molta più presa rispetto alla contraddizione tra valore d'uso e valore di scambio, per chi accetta i concetti "volgari" tutto il resto è roba assurda, arzigogolo.
    Saluti,
    Carlo.

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