mercoledì 25 marzo 2015

Viola


Immagino che il nome di Viola Liuzzo non dica nulla. Nemmeno a me che del “dettaglio” storico ho fatto qualcosa di più di un passatempo, nel vano tentativo, ahimè, di difendermi dall’elevato grado di arbitrarietà di cui è oggetto la storia, a cominciare dalle rappresentazioni dell’ideologia vincente e dalle sue celebrazioni politiche. Una piccola “revanche” contro la letargia dell’intelligenza critica cui le pratiche spettacolari ci sottopongono.

Una volta disinnescata la memoria e l’eredità di lotte secolari, diventa molto più difficile esprimere un pensiero antagonista, per non parlare poi di una volontà capace di sovvertire i rapporti di forza che dominano la società. E quando altresì la storia non può essere seppellita, si lavora per renderla inoffensiva. I suoi protagonisti, perseguitati e diffamati in vita, dopo morti diventano icone nel pantheon dell’ipocrisia elitaria, il loro riscatto è la prova che il sistema infine riconoscere i propri errori e sa emendarsi.


La vicenda di Viola Liuzzo è precisamente parte di questo genere di vicende personali e storie collettive che, non potendo essere cancellate, il sistema cerca di canonizzare, avvilendole e svuotandole di sostanza.

Viola, il cui cognome da nubile era Gregg, fu una militante per i diritti civili in Alabama, moglie di Anthony James Liuzzo e madre di cinque figli (Penny, Maria, Tommy, Tony e Sally). Il 25 marzo 1965 venne uccisa a colpi di pistola, mentre si trovava in auto, da alcuni elementi del Ku Klux Klan, vicino a Lowndesboro. Si batteva per il diritto di voto dei neri, un diritto di fatto impossibile da esercitare nella libera e democratica America degli anni Sessanta! Inutile dire che i suoi assassini, pur trattandosi dell’omicidio di una donna bianca, se la cavarono molto a buon mercato. Superfluo anche raccontare il ruolo avuto dall’Fbi.


Oggi, negli Stati Uniti, dove la sua vicenda è fin troppo nota per essere nascosta o dimenticata, Viòla è collocata tra i 40 martiri della lotta dei neri per i diritti civili. Un altro santino da portare in processione in una società dove l’apartheid è un dato di fatto.

1 commento:

  1. Anche questa vicenda è interessante. Considerata pa sua passione per i perticolari della storia immagino che conosca le opere di Carlo Ginzburg.

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