Immaginiamoci
di vedere Putin (non quello di oggi, ma quello che Time eleggeva personaggio dell’anno nel 2007) sfilare a un corteo
funebre, in divisa militare, a bordo di una decapottabile, tra due ali di folla
vestita a lutto e in silenziosa reverenza. E tutto ciò immaginiamocelo non a
Mosca ma a Washington. L’uniforme indossata da zar Putin non è quella
dell’esercito russo, ma di quello americano. Al suo fianco il vicepresidente
degli Stati Uniti, ora divenuto presidente poiché nel feretro che stanno
accompagnando c’è il corpo del defunto presidente. Più che una visione di
fantapolitica si tratta di un’allucinazione, vero?
E
tuttavia, scambiati i personaggi, i luoghi e l’epoca, è quanto successe nel
1910 a Londra in occasione dei funerali di Edoardo VII (uomo corpulento che non
si sedava a tavola se non c’erano almeno 12 porzioni). Il Putin d’allora era
rappresentato dall’imperatore tedesco Guglielmo II, in uniforme scarlatta da feldmaresciallo
inglese, reggendo il bastone del comando, sentendosi supremo tra i potenti, in
sella a un cavallo grigio, galloni d’oro ed elmo piumato, indossando l’ordine
della Giarrettiera e altre decorazioni sfolgoranti alla luce del sole. Secondo
il Times, a lui spettava il primo
posto tra i monarchi stranieri, giusto al fianco del fratello del defunto, il
nuovo re d’Inghilterra Giorgio V. Il Kaiser salutò al passaggio del 1° Dragoni
Reali di cui era colonnello onorario.
Era
appena uscita la nuova edizione del libro di Norman Angell: The Great Illusion. In questo saggio l'autore disquisiva
sul fatto che una grande guerra non sarebbe stata più possibile. Tra le
motivazioni, anche quella secondo cui l'interdipendenza economico-finanziaria
favorisce la diffusione del benessere e la distruzione del sistema economico e
finanziario di uno Stato comporterebbe danni incalcolabili per tutti. Inoltre,
sosteneva, la cooperazione non esclude la competizione economica, ma
quest'ultima non può essere assimilata al conflitto. Pertanto le nuove
dinamiche del commercio e dell'economia internazionale hanno dunque reso una
guerra fra gli Stati non solo inutile ma soprattutto dannosa, sia per i
vincitori sia per i vinti.
Su
quest’ultimo punto è interessante quanto commenta Wikipedia: “Lo scoppio della
Prima guerra mondiale nel 1914 ed il suo epilogo dimostrarono che la tesi di
Angell non era sbagliata”. Quando si dice di aver capito tutto!
Il
libro ebbe numerose traduzioni e l’autore divenne un personaggio di culto,
tanto che si formarono dei gruppi di studio in varie università che avevano
come base il suo saggio socio-economico-filosofico. Persino il presidente della
commissione Difesa inglese, il quale aveva il compito di riformare l’esercito dopo la guerra boera, ebbe a sostenere, citando il libro, che una guerra del XX secolo su così vasta scala, per le sue inevitabili conseguenze – “disastri
economici, crolli finanziari, sofferenze umane” – , dovrebbero indurre “influenze moderatrici” tali da rendere la
guerra inconcepibile. Presente il gotha dell’esercito britannico, sottolineò
che ormai le nazioni erano talmente interdipendenti che “ogni giorno la guerra
diventa più difficile e meno probabile”.
È
ciò che pensano in molti anche nel XXI secolo.
Il
Kaiser, tre anni prima del funerale di zio Eduardo, in occasione di un
banchetto con 300 invitati, ebbe a dire a riguardo del re inglese: “È satana, non
potete immaginare a che punto è satanico”.
Quattro
anni dopo il funerale di Edoardo, Guglielmo II e Giorgio V saranno in guerra,
nemici a tal punto che Giorgio V mutò il nome del casato di Sassonia-Coburgo e
Gotha, in quello di Windsor, dal nome di un castello (quello omonimo delle
comari di Shakespeare). Al Kaiser gli inglesi nel 1915 ritirarono pure l’ordine
della Giarrettiera, cosa che deve essergli dispiaciuta più che perdere milioni
di uomini.
Nonostante
la clamorosa (per chi?) smentita delle sue tesi, a Norman Angell fu conferito
nel 1933 il premio Nobel per la Pace. Sarebbe stato interessante conoscere il
commento del nuovo cancelliere del Reich al riguardo.
Il
mondo segue le sue leggi ma si serve della follia degli uomini per lo
spettacolo.
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