Capita
spesso di leggere frasi come queste: “la ricetta proposta non è particolarmente
originale”, soprattutto “non mette sotto accusa esplicitamente il darwinismo
sociale dei conservatori e le politiche fiscali di Bush che hanno favorito
l’eccessiva polarizzazione nella distribuzione dei redditi”. E via di questo
passo, la musica è sempre la stessa: la crisi è dovuta alla sproporzione nella
distribuzione della ricchezza, nella compressione dei redditi della classe
media, dunque nelle politiche fiscali che favoriscono capitale e patrimoni.
Il
riformismo trae le proprie motivazioni dal convincimento che le diseguaglianze
possano essere emendate e le sproporzioni regolate, che per superare la crisi
sarebbe sufficiente “riproporzionare” i diversi fattori economici. Del resto,
si sostiene, non c’è alternativa democratica a questo sistema, così come è
dimostrato dalle esperienze del comunismo novecentesco. Che quei regimi fossero
comunisti non v’è dubbio, poiché si dichiaravano marxisti e avevano abolito la
proprietà privata. La borghesia occidentale era ben contenta di questa
schematizzazione, e dal canto suo l’establishment di quei regimi era ben lieto
di tale riconoscimento.
Facendo
coincidere forma e contenuto, ritenendo che il modello teorico marxiano sia un
modello semplificato, una raffigurazione essenziale e standardizzata della realtà
del modo di produzione capitalistico, già il “marxismo” della II Internazionale
era giunto a ritenere di per sé sufficiente il trasferimento del titolo di
proprietà dei mezzi di produzione dal privato allo Stato perché mettesse radici
il socialismo. Con ciò eludendo che tale trasformazione giuridica non poneva in
causa il rapporto tra capitale e lavoro, e la subordinazione servile degli
individui alla divisione del lavoro è rimasta intonsa.
Nuovi
rapporti sociali di produzione sono in gestazione, trasformazioni “impensabili”
sono vicine, anzi, bussano già alle nostre porte. Tutto dipende da come si
risponderà e da quali forme di appropriazione sociale si affermeranno. Sempre che
la lotta per il predominio mondiale non ci porti nella tomba o all’età della
pietra.
*
Come
chiunque può verificare, l’accumulazione capitalistica avviene attraverso un
aumento continuo della composizione organica del capitale sociale. In altri
termini, il rapporto tra la parte costante del capitale (impianti, macchinari,
materie prime e ausiliarie) e la parte variabile (salari) si sviluppa con un
movimento decrescente della parte variabile rispetto a quella costante.
L’aumento
della composizione organica del capitale è una tendenza necessaria allo sviluppo capitalistico e rappresenta la causa delle crisi di
sovrapproduzione (fenomeno) che
hanno investito periodicamente la società capitalistica. Scrive al riguardo
Marx:
Il
capitale è esso stesso la contraddizione in processo, per il fatto che tende a
ridurre il tempo di lavoro a un minimo, mentre, d’altro lato, pone il tempo di
lavoro come unica misura e fonte della ricchezza.
Il
capitale impiega il sistema delle macchine solo per aumentare il tempo di
pluslavoro, ma facendo ciò, senza
volerlo, riduce ad un minimo
la quantità di lavoro necessario alla produzione di un determinato
oggetto. Sicché, mentre la massa di valori
d’uso (oggetti) si accresce enormemente in seguito alla aumentata
produttività del lavoro, si riduce il tempo di lavoro necessario alla loro
produzione e, dunque, il valore di
scambio in essa contenuto.
Poiché
il saggio del profitto è calcolato sul rapporto tra pluslavoro (plusvalore)
prodotto dalla forza-lavoro ed il capitale complessivo messo in opera, esso
decresce con lo sviluppo del modo di produzione capitalistico. E questo è un
aspetto essenziale che riguarda la crisi del capitalismo.
Queste
crisi sono state superate di volta in volta o con la guerra, quindi con
un’enorme distruzione di capitale (compreso quello umano), o con una forte
spinta verso l’innovazione quando si sono presentate le condizioni.
Al
punto in cui è giunto lo sviluppo del capitalismo, la dinamica divaricantesi
tra valore d’uso e valore di scambio nella massa di merci prodotte, conseguente
alla sostituzione di lavoro vivo con sistemi di macchine, è alla base della crisi generale storica del modo di
produzione capitalistico.
Il lavoro accademico degli specialisti borghesi ha in
definitiva e principalmente lo scopo: 1) di escogitare ricette per “uscire
dalla crisi”, e 2) nascondere questa barriera insuperabile contro la quale il capitale e con esso la società
borghese tende a schiantarsi.
Perfetto !
RispondiEliminaRiformisti da un lato e capitalisti dall'altro lato lo sanno.
I primi pero'sono un pochetto "piu'ipocriti".
Ma sappiamo anche che ogni crisi superata,ne prepara una piu'devastante,ecco perche'anche se non compresi a livello mediatico di massa,almeno bisogna sempre dire la verita'e non per una questione di coscienza morale,tra quelli che capiscono e quelli che non capiscono,ma per una questione di razionalita' e di logica...come dice Olympe,sono aperte anche le strade della barbarie,ma la partita non e' chiusa.
ed in infatti "le socialdemocrazie" e i "socialfascismi" tentarono di contenere " la belva" dentro la gabbia " dello stato .
RispondiEliminaE diciamocel non era male ; abbiamo avuto la scuola pubblica , la pensione le ferie , la casa l' assistenza medica ect , ed io credo che il famoso "99%" si contenterbbe di tornare a quella condizione ...
...compreso presto l' ntellettualume borghese che ancora ci canta " le virtu' della bestia" :-)
Deduco che l'anonimo di cui sopra ,consideri "il mondo"ferie,casa,assistenza medica dal punto di vista del gazzettino di Voghera,da cui non ha mai messo il naso fuori..
RispondiEliminaOlympe, alla mancanza di coesione tipica delle società primitive si supplisce con una centralizzazione del potere gerarchico, basata su una grande Bugia(la prima False Flag della storia): un indecente inciucio tra re e sciamani, che si legittimano a vicenda.
RispondiEliminaQuesta situazione rimane stabile fino allo sbugiardamento della chiesa da parte di Galileo, dal cambio di politica sociale del potere temporale a causa della controriforma e della rivoluzione industriale, e del pensiero illuminista.
In Inghilterra tra il XVII ed il XIX secolo si recintano, le terre demaniali, fruite liberamente dalla comunità(acquatico, legnatico, pascolatico, erbatico), a favore dei proprietari terrieri della borghesia, creando una massa di lavoratori disoccupati, la manodopera a basso costo che sarà quindi impiegata nel nuovo ciclo produttivo industriale. Questa volta si ricorre alla copertura di intellettuali e filosofi per convincere i sudditi ad accettare il nuovo paradigma liberista. Smith, non solo criticò le posizioni mercantiliste, ma sostenne che il singolo, perseguendo liberamente il proprio personale interesse, opera in modo utile all'intera società come se fosse indotto a ciò da una «mano invisibile». Pur affermando la necessità di un intervento dello Stato in alcuni settori, quali l'istruzione primaria, sostenne che, in generale, è preferibile la ricerca privata dell'interesse personale a regolamentazioni quali premi alle esportazioni o restrizioni alle importazioni.
Ancora esempi: si utilizzò il Barocco come copertura della Controriforma; il Romanticismo, e l’Idealismo(che nega ogni libertà personale), come copertura del concetto di storia, concetto di nazione che supera quello di popolo (che era un concetto illuministico… popolo = persone che vogliono stare insieme; nazione = persone che devono stare insieme).
La vera realtà della società in cui viviamo è data, secondo Marx, dai conflitti socio-economici, che vedono sempre contrapposte una classe dominante (quella che controlla i mezzi di produzione) e una classe oppressa: ed è questa struttura economica a determinare tutte le altre manifestazioni umane, incluse le idee, che nel loro complesso costituiscono la sovrastruttura ideologica. Per Marx l'ideologia è una rappresentazione capovolta della realtà sociale, il cui scopo è elaborare le illusioni della classe dominante su sé stessa e nascondere i suoi interessi particolari dietro la maschera di ideali universali. Giudicare un'epoca o una classe sociale dalle sue idee ‒ ossia dai sistemi filosofici, morali, politici e giuridici che elabora ‒ equivale a giudicare un individuo da ciò che dice o pensa di essere e non da ciò che è realmente.
Mentire, inoltre, – come ha sostenuto Kant – comporta, trattare gli altri come strumenti, e quindi mancare di rispetto nei confronti degli esseri umani, violando così i requisiti minimi della convivenza sociale. La bugia mina il vincolo basato sulla fiducia reciproca tra i governati, e tra questi ultimi e i governanti. È proprio questo vincolo morale – non giuridico- formale – ad essere in crisi oggi, laddove la menzogna sembra aver compromesso quella dimensione culturale, ossia etica, propria degli esseri umani, e la loro politicità, ovvero la capacità di vivere con i propri simili. La Bugia come instrumentum regni.
Saluti
non fa una piega, quoto totalmente!!!!
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