Immagino
che il nome di Viola Liuzzo non dica nulla. Nemmeno a me che del “dettaglio”
storico ho fatto qualcosa di più di un passatempo, nel vano tentativo, ahimè, di
difendermi dall’elevato grado di arbitrarietà di cui è oggetto la storia, a
cominciare dalle rappresentazioni dell’ideologia vincente e dalle sue
celebrazioni politiche. Una piccola “revanche” contro la letargia
dell’intelligenza critica cui le pratiche spettacolari ci sottopongono.
Una
volta disinnescata la memoria e l’eredità di lotte secolari, diventa molto più
difficile esprimere un pensiero antagonista, per non parlare poi di una volontà
capace di sovvertire i rapporti di forza che dominano la società. E quando
altresì la storia non può essere seppellita, si lavora per renderla
inoffensiva. I suoi protagonisti, perseguitati e diffamati in vita, dopo morti
diventano icone nel pantheon dell’ipocrisia elitaria, il loro riscatto è la
prova che il sistema infine riconoscere i propri errori e sa emendarsi.
La vicenda di Viola Liuzzo è precisamente parte di questo genere di vicende personali e storie collettive che, non potendo essere cancellate, il sistema cerca di canonizzare, avvilendole e svuotandole di sostanza.
Viola,
il cui cognome da nubile era Gregg, fu una militante per i diritti civili in
Alabama, moglie di Anthony James Liuzzo e madre di cinque figli (Penny, Maria,
Tommy, Tony e Sally). Il 25 marzo 1965 venne uccisa a colpi di pistola, mentre
si trovava in auto, da alcuni elementi del Ku Klux Klan, vicino a Lowndesboro.
Si batteva per il diritto di voto dei neri, un diritto di fatto impossibile da esercitare nella libera e democratica America degli anni Sessanta! Inutile dire
che i suoi assassini, pur trattandosi dell’omicidio di una donna bianca, se la
cavarono molto a buon mercato. Superfluo anche raccontare il ruolo avuto
dall’Fbi.
Oggi,
negli Stati Uniti, dove la sua vicenda è fin troppo nota per essere nascosta o
dimenticata, Viòla è collocata tra i 40 martiri della lotta dei neri per i diritti
civili. Un altro santino da portare in processione in una società dove l’apartheid
è un dato di fatto.
Anche questa vicenda è interessante. Considerata pa sua passione per i perticolari della storia immagino che conosca le opere di Carlo Ginzburg.
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