La
puntata di oggi della trasmissione Il
tempo e la Storia aveva per tema il taylorismo e il fordismo. Come consulente
presente in studio lo storico Lucio Villari, il quale non ha saputo spiegare la
differenza tra la prima e la seconda rivoluzione industriale. Secondo lo
storico la prima rivoluzione industriale è consistita nella “divisione sociale
del lavoro”, ossia nella parcellizzazione del lavoro; la seconda rivoluzione
industriale, invece e all’opposto, è consistita nel coinvolgere l’operaio nel
processo produttivo complessivo e con ciò nello sviluppare nel lavoratore un
interesse per le sorti della produzione e della fabbrica che l’impiega. Lo
stesso conduttore del programma, Massimo Bernardini, è dovuto intervenire
chiedendo ragguagli. L’esempio che ne è seguito è stata la classica pezza
peggio del buco. Ad ogni modo non è questo che m’interessa rilevare.
Nel
corso della puntata è stato trasmesso uno spezzone di un documentario tratto
dalla videoteca Rai in cui è trattato il problema della sovrapproduzione, e
questa è posta in relazione con la legge della caduta tendenziale del saggio
del profitto, scoperta da Marx. L’illustrazione dei concetti non era per nulla
precisa, ma pur sempre un tentativo di far comprendere al grosso pubblico delle
questioni che non possono essere sintetizzate e volgarizzate in una
trasmissione televisiva. In realtà gli autori, forse inconsapevolmente,
esponevano la cosiddetta teoria del
sottoconsumo che nulla ha a che vedere col marxismo (*).
Tirato
in ballo Marx, il conduttore sollecita Villari di spiegare il ruolo avuto dal
barbuto di Treviri quale critico del capitalismo. Lo storico si è esibito nel
solito e più vieto truismo: l’analisi del capitalismo condotta da Marx nel Capitale riguarda specificatamente il
capitalismo della sua epoca,
ossia quello della prima rivoluzione industriale. Non so se si tratta di
malafede o solo d’ignoranza, a me interessa rilevare quanto sia mistificante la
vulgata da parte dell’intellighenzia borghese.
*
Ciò
che interessa Marx è il modo di produzione capitalistico in generale, le sue leggi e le sue tendenze, e non, invece, una sua forma determinata ad un qualche
stadio del suo divenire (per es. l’Inghilterra del XIX secolo). Anche se, ed è
pacifico, il paese industrialmente più sviluppato non fa che mostrare a quello
meno sviluppato l’immagine del suo avvenire (**).
In
altri termini, la critica marxiana dell’economia politica non studia i fenomeni
della società capitalistica così come essi appaiono alla superficie, ma si
propone di scoprire dietro ad essi le leggi
e le categorie del modo di
produzione capitalistico, i rapporti di produzione tra gli uomini, i rapporti
di classe della società capitalistica. Gli economisti borghesi considerano le
categorie economiche (sono tali ad es. merce, denaro, valore, ecc.) come categorie naturali della produzione,
date una volta per tutte ed immodificabili. In questo modo le categorie
dell’economia politica vengono concepite come qualcosa al di fuori e al di
sopra della storia.
Per
contro, la critica marxiana dell’economia politica considera le categorie come
riflesso dei rapporti sociali di produzione. Scopre in tal modo, per esempio, la
reale natura del lavoro salariato, tipico della società capitalistica, lo
sfruttamento della classe operaia e ciò che distingue l’attuale modo di
produzione da quelli precedenti.
Se
Villari fosse stato più aderente a quanto si affermava nel filmato, quando era
chiamata in causa la caduta tendenziale del profitto, avrebbe potuto spiegare
che le stesse leggi della produzione e dell’accumulazione aumentano in
progressione crescente, insieme alla massa, il valore del capitale costante più
rapidamente di quanto si verifica per la parte variabile del capitale
convertita in vivo lavoro, e perciò le stesse leggi producono per il capitale
sociale un aumento della massa assoluta del profitto e una diminuzione del
saggio del profitto.
Tutto
ciò, posto che Villari stesso abbia cognizione di ciò di cui parla, non è adatto a un pubblico televisivo. E
però questo non giustifica in alcun modo l’ignoranza e, conseguentemente, la
falsificazione dozzinale di una teoria scientifica.
(*) La teoria sottoconsumistica, così come
altre posizioni consimili, ritiene che la contraddizione centrale dell’economia
capitalistica sia tra produzione e consumo, e dunque individua la causa della
crisi nella disuguale distribuzione della ricchezza, vale a dire nel
sottoconsumo, non comprendendo che esso esprime solo un lato, un aspetto, della
crisi, non la sua necessità. Non è la
disuguaglianza sociale, l’ineguale distribuzione della ricchezza, la causa
effettiva delle crisi nel modo di produzione capitalistico, altrimenti la crisi
di genere capitalistico si segnalerebbe anche nelle formazioni economiche
precedenti.
(**)
La legge non descrive il movimento della realtà immediata, ma cerca di
coglierne, di là delle forme, la sua necessità. Il fenomeno è sempre più ricco
della legge, e ciò è dovuto al fatto che la legge si riferisce solo ai rapporti
necessari, generali, stabili, essenziali, tra i lati di un fenomeno o tra
fenomeni. Mentre a determinare un fenomeno concorrono sempre, incrociandosi con
le sue leggi generali, molte altre leggi particolari. Così come nel caso dei
concetti, anche la legge è uno strumento necessario del pensiero per
appropriarsi il concreto, per riprodurlo, per dirla con Marx, come suo
“concreto di pensiero”. Marx, di conseguenza, nel costruire il modello dinamico
del modo di produzione capitalistico non si accontenta di descrivere la genesi,
lo sviluppo e la forma più avanzata, a lui contemporanea, di questo modo di
produzione, ma va a rintracciarne le leggi generali e le tendenze necessarie.
Signora ,perdona loro,non sanno quello che fanno,e sovente nemmeno quello che dicono..e se lo sanno,allora li attendono le fiamme dell'inferno.
RispondiEliminaNon sarà adatto, eppure che piacere sarebbe per una volta ascoltarle in televisione queste argomentazioni.
RispondiEliminala televisione è intrattenimento, qualche sprazzo d'informazione e nessun tipo di approccio scientifico ai problemi, tantomeno su un tema come quello della crisi del capitalismo, laddove la parola d'ordine è sviare l'attenzione delle sue cause per portarla sul terreno dei fenomeni e delle mere opinioni. a marx la borghesia non ha mai fatto sconti, nemmeno quando certi suoi figli, ora pentiti, ne hanno fatto un santino
EliminaTipo Giuliano Ferrara o Negri?
Eliminail secondo, l'ultima volta che l'ho incontrato era entusiasta della velocità e puntualità del frecciargento
EliminaTra l'altro non possiamo aspettarci una funzione simile da una trasmissione che non manca di pagare il dazio settimanale alle correnti catto-stataliste presenti nell'organigramma Rai (le puntate su Papi, fascismo e dintorni hanno puntualità matematica).
RispondiEliminaLa cosa tragica? Che rimane una delle poche (forse l'unica) trasmissione di recente creazione guardabile. Se non altro per gli spunti (al netto delle puntate idiote cui facevo cenno sopra).
concordo
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