«Se gli Stati Uniti fossero stati
governati coi criteri seguiti dal Fondo monetario internazionale, il loro
sviluppo economico avrebbe subito un enorme rallentamento. Nel predicare
l’ortodossia in materia finanziaria alle nazioni in sviluppo, la nostra posizione
non era diversa da quella della prostituta che, ritiratasi a vivere dei
guadagni della sua professione, si convince che la virtù pubblica esige l’abolizione
delle case chiuse». (*)
Queste
parole sono state scritte esattamente mezzo secolo fa da un noto comunista di
nome Arthur Schlesinger jr., dopo la sua esperienza alla Casa Bianca, e il loro
valore sta nella presa d’atto di quanto fossero considerate allora velleitarie
e fallimentari le politiche liberiste e come ciò trovi puntuale conferma al giorno
d’oggi.
Come notavo giorni addietro, chiedere a un paese nelle condizioni e con le risorse della Grecia di pagare euro su euro il proprio debito e i relativi astronomici interessi è semplicemente illusorio perché fuori dalle possibilità reali di quel paese, e ciò nonostante la spesa dei greci per beni e servizi sia calata in pochi anni di almeno il 40 per cento e la disoccupazione si attesti al 26 per cento.
Il
24 gennaio scorso citavo il Financial
Times dal quale si ricavano quasi tutti i giorni articoli che depongono a
favore di una rinegoziazione del debito greco. Ora è la volta di un altro
articolo dello stesso giornale americano che per il suo valore argomentativo
viene ripreso dal Sole 24 ore, e penso valga la pena riportarne uno stralcio perché rivelatore di che cosa stiamo parlando
quando si cita il debito greco:
«È vero che i prestiti erogati
dall'Eurozona e dal Fondo monetario internazionale ammontano alla smisurata
somma di 226,7 miliardi di euro (circa il 125 per cento del Pil), più o meno i due
terzi del debito pubblico complessivo, pari al 175 per cento del Pil. Ma la
quasi totalità di questi soldi non è andata a beneficio dei greci: è stata
utilizzata per evitare la svalutazione contabile di prestiti inesigibili a
favore del Governo e delle banche del Paese ellenico. Solo l'11 per cento dei
prestiti è andato a finanziare direttamente attività del Governo. Un altro 16
per cento è andato a pagare gli interessi sul debito. La parte restante è stata
usata per operazioni di capitale di vario genere: i soldi sono entrati e sono
usciti fuori di nuovo. Sarebbe stato più onesto soccorrere direttamente i
creditori, ma era troppo imbarazzante».
La
frase di maggior interesse è l’ultima: invece di far pagare gli speculatori,
ora sono gli stessi Shylock a chiedere la loro “libra di carne”. E poco
gl’importa a questa gente se attaccata alla carne c’è il sangue dei greci,
quegli stessi che un tempo Friedrich Nietzsche definiva la specie d’uomini
meglio riuscita e che invece ora può contare su 450mila bambini malnutriti (nel
senso tecnico del termine).
Più
in generale è un fatto che l’Europa, ossia la cricca politico-burocratica che
da Berlino e Bruxelles gestisce la UE, ricorre a criteri strettamente
amministrativi per risolvere i problemi della crisi, e ciò denuncia il completo
livellamento d’idee che caratterizza questi farabutti. Governare i processi è
ben altra cosa che amministrare i bilanci, e presto o tardi ci si troverà ad
affrontare situazioni ben più complesse e di maggiori dimensioni che non la
questione greca. Ritardare il più possibile l’inevitabile renderà solo più difficili
i problemi e gravi le soluzioni.
Come ci mandano a dire i risultati delle elezioni greche, la sovranità popolare è indivisibile. E dunque sempre più l’equivoco della legittimità basata sui trattati e la struttura burocratica della UE si rivela per ciò che è: un esproprio e una truffa.
(*)
I mille giorni di John F. Kennedy alla
Casa Bianca, Rizzoli 1966, p. 201.
Per contorno, è utile ricordare che fanno parte della cricca anche molte autorevoli zucchine lesse della cosiddetta sinistra nostrana.
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