Il torto dei conservatori è di non
voler cambiare nulla; quello dei riformisti di credere che il capitale si
commuova per le loro idee.
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Sostiene il neopremier greco che
la questione del debito “è politica”. Non ci faremo ricattare, grida ora
Tsipras, con sprezzo del ridicolo e applausi dalle piazze. Possibile che uno
con il suo curriculum di studi non sappia che il processo di mondializzazione
ha reso le nazioni più deboli mere colonie del capitale? Certo che lo sa, ma
spera di ciurlare ancora nel manico. Non c’è più trippa per gatti gli hanno
risposto in coro le volpi di Bruxelles e i lupi di Berlino.
Qual è lo scopo del capitale? È
questa la domanda fondamentale che ogni buona coscienza borghese dovrebbe
porsi mentre siede a pranzo. Il progresso dei popoli e il benessere delle persone? Stupidi. Credevano bastasse
possedere un bancomat per far parte del club? Pensavano di poter competere
nell’arena europea e internazionale senza risolvere i nodi strutturali
dell’economia e della società greca? La moglie ubriaca e l’urna elettorale
piena, come in Italia? Ha dunque ragione Giuliano Ferrara, che un’occhiata a Marx in gioventù
gliel’ha pur data, quando scrive che quelli che vogliono salvare il capitalismo
dai capitalisti tifano Tsipras.
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Chi ha inteso il ciclo delle guerre
mondiali e il confronto tra superpotenze come una faccenda di bandiere e ideologie
ha motivo oggi di ricredersi. E tuttavia c’è ancora chi guarda alle vicende che
abbiamo sotto gli occhi come a delle guerre di religione o di sacra difesa dei
confini nazionali. Perciò vorrebbero mandare la nostra gioventù in Libia a far
la guerra ai tagliagole in modo convenzionale, magari risparmiando sui colpi e la benzina.
L’Afghanistan, l’Iraq, la Siria e la Libia non hanno insegnato nulla. Ah, e il
Vietnam è stato dimenticato da un pezzo.
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