Oggi pomeriggio dalla mia finestra
occhieggiavo i carri mascherati che passavano. Quell’esibita allegria e inutile
rumorosità mi offriva lo spunto per considerare come quella del riso e della
presa in giro sia, tra tutte le libertà, forse la più importante. Se tale
libertà va scomparendo, perché il suo esercizio diventa scadente o perché su certe cose non
si può più scherzare, vuol dire che anche le altre libertà non se la passano
bene. E non diamo la colpa ai mullah, così come non serve scomodare Rabelais e
Bachtin per ravvisare la banalità e il grigiore della nostra epoca.
La nuova guerra per il monopolio
della narrazione che ha preso possesso del pianeta, ha detto qualcuno. E
del resto c’è da chiedersi che cosa c’è ormai di divertente da raccontare. La
satira politica è diventata mortalmente noiosa, i suoi bersagli se ne stanno
comodi in tribuna, sorridono, gratificati di tanto asettico riconoscimento. Non
si corre alcun rischio, anche perché quei pochi che c’hanno provato sono stati
messi fuori concorso. Viene da dire che a fare umorismo, dopo Berlusconi, non è rimasto nessuno (a parte, su ben altra scala, Malvino quando esilarante risponde ai commenti del suo blog).
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