lunedì 26 maggio 2014

La débâcle elettorale del sistema


Bisogna guardare ai numeri: il “partito” più numeroso è al 41,31 per cento, ed è quello degli astenuti, nonostante il fitto bombardamento propagandistico condotto incessantemente per settimane che gli equiparava a degli irresponsabili, a dei vigliacchi. Si registra una diminuzione del voto del 7,74 per cento rispetto al 2009, l'anno in cui le elezioni registrarono il picco storico dell’astensionismo in Italia.

In Piemonte e Liguria gli astenuti guadagnano 4 punti e quasi 7 punti in Lombardia, anche in Friuli VG, Trentino e Alto Adige, Emilia Romagna, Toscana, Umbria, Lazio si hanno gli stessi incrementi di 6-8 punti di astensioni che arriva a 10 punti nel Veneto e sfiora i 13 punti in Campania e i 7 punti in Sicilia, dove ha votato solo il 42,88 e ancor meno sono stati i votanti in Sardegna.

In città come Napoli, Palermo, Cagliari la soglia degli astenuti è ben oltre il 50%. A Bari gli astenuti sono il 48,5 per cento con un aumento di quasi il 17 per cento; a Sassari ha votato il 34,5%, a Bolzano poco più del 52% con un crollo di 10 punti, a Padova il 54% con crollo di 8 punti, a Trieste meno del 51% con flessione del 6 per cento, a Cremona, Mantova, Brescia l’astensione incrementa tra i 6 e gli 8 punti.



Sono decine di milioni gli astenuti, le persone in carne ed ossa che si sono rifiutate di votare e che i media trasformano nel loro assordante silenzio in ombre. È su questi numeri che bisogna fare i conti e misurare il grado di sfiducia e di stanchezza dell’elettorato, il fallimento della rappresentanza politica e la débâcle anche sul piano del consenso della UE, laddove si tenga conto che il fenomeno è molto cospicuo in Europa e in non pochi paesi supera il 50%.

Per venire al dato nazionale è interessante notare che l’affluenza tiene sui due terzi solo nell’Italia nord occidentale, grazie anche al Piemonte dove si sono svolte le regionali, mentre flette nelle altre regioni del Nord e crolla nell’Italia meridionale e insulare, dove rispetto al 2009, che pur segnava il picco dell’astensionismo, il rifiuto del voto incrementa ulteriormente nel Meridione dove vota un elettore su due e nelle Isole, come indicato, vota poco più del 40 per cento.


Parlare di vittoria e di sconfitta dei singoli partiti a fronte di questi numeri è fuori luogo, soprattutto se si considera che un’altra consistente percentuale di votanti ha espresso la propria preferenza per formazioni politiche dichiaratamente contrarie al sistema e all’Europa autoritaria dei tecnocrati e della grande proprietà. Serve un altro tipo di analisi del voto, ossia del non voto e di quello di protesta che dia conto di come la maggioranza del paese non si riconosca per nulla in questo sistema e ancor meno nel suo establishment politico.

N.B.: i dati riportati sono stati desunti dal sito del Ministero e sono quelli definitivi.

2 commenti:

  1. In Italia dopo ogni derby il popolo di allenatori cresce.
    De Mita: i veri Professori non sono acqua. Da lì l'Italia pare non si sia mai mossa,di fatto. L'anagrafe non mente e i risultati confermano.

    Dalla parte degli umanoidi ,quelli veri non i replicanti, rimane l'analisi politica del distinguo tra astensione apatica e astensione critica.
    Chi si accontenta gode.

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  2. per i politici (e non solo) esiste solo l'astensione apatica e tanto basta per classificarli tutti (giornalisti compresi)
    AG

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