Una lettrice in un suo commento al
post precedente scrive, tra l’altro, questa riflessione:
… ma se non si parte a cercar di riformare queste strutture, allora che
facciamo? In questo momento mi sento nella più totale impotenza di fronte a
qualsiasi organismo "superiore", sia esso nazionale o sovranazionale.
È per questo, per non chiudermi in casa a dondolare avanti e indietro con lo
sguardo fisso, che voglio credere in qualcosa. E andrò a votare qualcuno che
vorrebbe almeno dire la propria e cercare di cambiare l'Unione Europea.
Credo di comprendere bene questo
comune e genuino stato d’animo, le riflessioni e i comportamenti che ne conseguono. Bisogna
rispondere alla domanda, alla necessità e urgenza del cambiamento. Vediamo cosa
dice, sulle generali, Marx, al quale è sempre opportuno fare riferimento:
Se pure una società è arrivata a scoprire la legge di natura del proprio
movimento – e scopo ultimo di questa opera è rivelare la legge economica del
movimento della società moderna – non può né saltare né togliere di mezzo con
decreti le fasi naturali dello svolgimento. Ma può abbreviare e attutire le
doglie del parto.
Ecco cosa possiamo fare, abbreviare
e attutire le doglie del parto, ma non possiamo saltare né togliere di mezzo
con decreti le fasi naturali dello svolgimento. Non si può dunque correre in
avanti, anticipare i tempi e creare le situazioni.
E allora, lasciamo le cose come
stanno, senza reagire? Si può e si deve dunque agire per via elettorale, il
solo modo per cercare di cambiare e migliorare qualcosa!
Qualcosa?
Fu possibile e sufficiente
riformare l’ancien régime? E oggi, cambiamo un sistema economico che poggia
sulla più vasta e capillare forma storica di sfruttamento materiale e
spirituale riformandone le leggi e gli ordinamenti? È questa la strada di un
riformismo fuori tempo massimo, dell’inanità, degli accrocchi e dei temporanei
aggiustamenti.
Poteri fortissimi e
incontrollabili si frappongono a questi tentativi. Il primo e più forte di
questi poteri non è dato dalle banche, dalla finanza, dalle lobbies, dai
partiti, dalla geopolitica, ma dalla legge
economica del movimento della società moderna, la quale agisce come una
legge di natura.
Nella conoscenza di queste leggi e
nella possibilità, legata a questa conoscenza, di farle agire secondo un piano
per un fine determinato, sta la possibilità del cambiamento, non come inveramento
di un sogno centenario, ma come la più complessa impresa scientifica e la più
sublime opera d’arte che siano mai state compiute su questo pianeta.
L’ho scritto in apertura di questo
blog e ripetuto in altre occasioni: la quantità di tutto ciò che questa società
ci impone e ci infligge ha già superato la soglia oltre la quale ogni equilibrio
faticosamente costruito viene rotto con violenza.
La rottura di questo equilibrio è
già nelle cose, nella crisi profonda che attraversa in ogni luogo e dimensione questo
sistema, dunque non si tratta più di aspettare, di recarsi al seggio nella speranza
che il leader maximo di turno …..
Noi vediamo che la democrazia, non
come espressione autentica del potere del popolo, ma quella fasulla dei
parlamenti borghesi, dei “comitati d’affari”, è il miglior alibi di questo
sistema. Votare è accettare l’alibi, riconoscere l’irrinunciabilità di questo
sistema.
Viceversa, non votare significa
anzitutto affermare il proprio rifiuto a riconoscere legittimità a questo
sistema. È la prima forma di non collaborazione di massa, potenzialmente il
primo atto di costruzione di un movimento alternativo che non proponga
semplicemente un ricambio di classe dirigente, bensì una rivoluzione dell’esistente
che nelle sue premesse è già qui, tra noi.
Pur essendo chiaramente d'accordo su quanto dici, mi sembra che siamo ancora lontani dal non voto politico. Non voto ce ne sarà tantissimo, ma non abbastanza, e con motivazioni purtroppo lontane dalla prospettiva da te indicata.
RispondiEliminaAl momento mi sembra più utile e fattibile l'analisi di Sollevazione.blogspot indicata in questi due post:
http://sollevazione.blogspot.it/2014/04/votare-per-chi-di-piemme.html
http://sollevazione.blogspot.it/2014/05/le-europee-e-il-disfattismo.html
Ciao, e complimenti, xchè questa divergenza, per me, non toglie nulla al tuoi grandi meriti di inesorabile lucidità, e genialità, nella capacità di divulgare chiaramente analisi complesse.
grazie, ciao
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