Mentre la nostra attenzione è convogliata verso scandali di ogni
genere, e le nostre speranze sono riposte nei famigerati 80 euro, nonché sulle
proposte di legge dei candidati alle europee (come già rilevato in un post di
pochi giorni fa è da notare che il parlamento europeo non è organo legislativo), arriva fresca la notizia, questa sì di
un certo interesse, che allo Scripps Research Institute (TSRI) di La Jolla
(California) sono riusciti a creare un Dna semiartificiale (la ricerca
è stata finanziata in parte dal National Institutes of Health degli Stati Uniti).
Sappiamo ormai tutti – e ciò equivale ad ottenere la sufficienza cum lode – che la vita
sulla Terra nella sua diversità è codificata da solo due coppie di basi azotate
del DNA, ossia AT (adenina e timina) e CG (citosina e guanina). Ebbene, i
ricercatori dell’Istituto sono riusciti a far "trasportare" e accettare nella cellula una nuova
coppia, la XY. Di per sé non si tratta di una novità se non in quanto in questo
caso è stato ottenuto il risultato d'incorporare del
Dna modificato in un microrganismo vivente, capace di replicarsi e di
trasmettere il suo nuovo codice genetico alla progenie.
Senza entrare in tecnicismi che
peraltro conosco poco, si tratta di un evento che forse porterà a delle
innovazioni, insomma, se dal lato sperimentale si tratta di un nuovo capitolo
nella biologia sintetica, dal lato delle applicazioni concrete bisognerà vedere
ciò cosa comporterà. Sul Corriere di oggi c’è già l’intervista al solito “scienziato”
che parla di potenziale pericolo e altro bla-bla.
Buttiamola così: Blade Runner non è poi una prospettiva
lontana, anche se da noi, in Italia, creature replicanti esistono da secoli.
E' l'apoteosi - nel più ristretto significato del termine - dei patiti del Progresso ad ogni costo e degli scienziati alla Rotwang di Fritz Lang.
RispondiEliminaUno sguardo sul futuro, dove schiere di pluricentenari biologicamente sintetici e generosamente rincoglioniti si dovranno cibare di rigogliosi transgenici (dove ci sarà ancora acqua).
Blade Runner IV
Io non sarei così pessimista a riguardo. Il Male non è certo la Scienza, gli uomini soffrivano e si uccidevano reciprocamente quando la Scienza non esisteva (oltre ad avere una speranza di vita che oggi fa rabbrividire). La paura del progresso e dell'ignoto sono un modo infantile di convincersi che le cose "ora" vadano tutto sommato bene, mentre le innovazioni scientifiche sarebbero solo foriere di dolore e mostri. Invece la storia insegna che dolore e mostri sono figli dell malvagità umana, la quale per i suoi fini usa ogni mezzo disponibile, dalla clava all'atomica. Non mi sembra questa la sede per discutere sulle cause della malvagità umana, ma certo non è nascondendo la testa sotto la sabbia che si risolvono i problemi.
EliminaPer quanto riguarda la questione scientifica in sè, si tratta sicuramente di una tappa fondamentale, ovviamente non è banale valutare i tempi per possibili applicazioni pratiche, ma mi vengono in mente applicazioni molto interessanti, come la sintesi di molecole "artificiali", proteine modificate, il cui funzionamento verrebbe immediatamente testato sul batterio / mini_organismo produttore della molecola stessa. Anche io non entro in dettagli che conosco solo parzialmente, ma è davvero una notizia incoraggiante. Basta solo farne buon uso...
concordo
Elimina
RispondiEliminaNon credo si possano in alcun modo sottovalutare gli enormi progressi soprattutto in campo medico e dei relativi benefici sia sotto il profilo terapeutico che sociale. Parliamo dell'ovvio.
Sono dell'opinione che la Politica non sia più in grado di controllare la scienza/tecnica e che la complessità sia tale da non consentire scelte consapevoli da parte nostra (almeno mia) e pertanto di affidarci ai pareri degli esperti. E' sul 'buon uso' ,forse è la traduzione più banale del 'buon senso', che si potrebbe riflettere ulteriormente.
Potremmo anche a tempo perso tentare un superficiale bilancio costibenefici tra le conquiste positive e le condizioni in cui altre ci costringono a vivere.
(p.e. non siamo in grado di controllare sul nostro territorio la compromissione tra coltivazioni tradizionali e OGM, indipendentemente da ogni giudizio che se ne può trarre su queste ultime)