I Trattati sull’Unione europea hanno
posto le condizioni per non farci la guerra tra di noi. Non è cosa di poco
conto se guardiamo a cos’è successo nell’ultimo secolo. E però, come diceva
quel tale, la guerra è la continuazione della politica con altri mezzi. La
frase va correttamente intesa così: la guerra è l’effetto, non la causa. Ora,
tolta di mezzo la guerra, restano le cause, la cui risoluzione, così ci piace
credere, è nelle mani della politica, ossia delle istituzioni europee.
Sono effettivamente neutrali
queste istituzioni rispetto agli interessi di parte, ossia, a chi obbediscono? I
membri della Commissione europea, per esempio, sono nominati dagli Stati, e
pure il suo presidente è deciso dal Consiglio europeo (anche se poi,
formalmente, tutto è ratificato dal Parlamento), e tuttavia in termini di
politica economica e monetaria, quali indirizzi segue la Commissione? Non si
dica che vige pariteticità effettiva e le decisioni sono collegiali perché
sarebbero puerili bugie (s’è visto nel caso della Grecia, per esempio)! Che
cosa c’entra la democrazia in questo gioco di scatole cinesi, anzi, di
matrioske?
E poi, a quale titolo le
corporation industriali e finanziarie spendono ufficialmente oltre 120 milioni
di euro l’anno per attività di lobbying a Bruxelles e impiegano più di 1.700
lobbisti? A chi vanno in tasca questi e altri denari?
S’è mai visto un cancelliere
tedesco, un premier inglese, un presidente francese, appena nominati o eletti,
prendere l’aereo e precipitarsi a Roma dal premier italiano a baciar le
medaglie? Viceversa, quest’ultimo, appena insediato, si chiami Monti, Letta o
Renzi, ha bisogno della ratifica di Berlino e Bruxelles, come vassallo ai
propri signori. Gente senza onore, che gonfia la volontà di fare come se avesse
chissà quale autonomia e forza, alimentando il sogno a fini di bassa propaganda,
facendoci ridere dietro.
Abbiamo visto un premier italiano,
un pover’uomo, dimettersi dopo un lavorìo di mesi tra Roma e Bruxselles-Berlino
per costringervelo. Un premier greco silurato su due piedi dopo aver proposto
un referendum sull’euro. Un presidente della repubblica francese in pectore,
direttore del Fondo monetario internazionale in carica, dichiarare pubblicamente
che la Germania è un “paese arcipeccatore” per le sue politiche commerciali, e
subito dopo, lo stesso personaggio è arrestato in favore di telecamere per aver
scopato con una cameriera in un hotel. E queste sono solo alcune cosette che
sappiamo nell’ambito di un sistema gigantesco di spionaggio e intossicazione.
E la Banca centrale europea, da
chi è diretta, su quali linee d’intervento monetario opera e sotto quale
controllo esercita le proprie funzioni? Nella realtà di quest’acquario europeo
comandano solo i pesci più grossi, a loro volta legati a doppio filo al
pescecane atlantico. Tutti gli attori di questa commedia, indistintamente, sono
obbedienti a una linea e a un’ideologia economica e monetaria ultra liberista,
che poi diventa ultra nazionalista per chi regge il mestolo, ossia i paesi più
forti.
Uscire da questa situazione, in
cui ai governi nazionali come il nostro non resta altro che decidere chi e come
bastonare con la tassazione poiché altri poteri effettivi di politica
economica e monetaria non ne hanno più, non è possibile in condizioni normali. La
ragione pratica ci dimostra che non abbiamo in mano alcuno strumento valido per
sottrarci a questo stato di cose. Per contro, giocare sull’equivoco è menzogna,
per esempio quando si dice: facciamo il referendum sull’euro. Si propone
un’enorme sciocchezza, come se un voto contrario all’euro, qualora fosse
possibile, potesse mutare la realtà dei rapporti di forza, toglierci dal giogo come
se tutto fosse riconducibile alla moneta, e non invece all’uso politico della
stessa e ai rapporti effettivi di forza.
Non potremmo mai, per decisione
autonoma, staccarci dall’euro. Questo è un punto fermo. Parlare di referendum è
un’illusione colpevole. Possibile non si riesca a capire che la politica è
realtà?
Chi glielo dice a Putin, per fare
un esempio dei più semplici, che il suo gas lo paghiamo in baiocchi anziché in
euro o in dollari, posto che la nostra bilancia commerciale è sempre in rosso e
il debito stratosferico? In quale moneta di scambio paghiamo le merci che
produciamo in Romania e in Serbia o importiamo dalla stessa Germania? La prima
cosa che i famigerati mercati chiederebbero sono le garanzie di solvibilità. Gliele
diamo in bot e btp? In taglio di province e auto blu, basteranno i modestissimi
tagli degli stipendi dei manager pubblici? Oppure, come è sicuro, spolperanno
ciò che è rimasto ancora attorno all’osso dei soliti noti?
Nelle sabbie mobili in cui ci
hanno ficcati fino al collo è meglio stare fermi, incrociare le dita e
confidare nello stellone. La classe dirigente è quella che è, inutile stare a
ripeterci le cose, e anche quelli che vorrebbero sostituirla possono esibire la
loro sola qualità: di non aver ancora fatto peggio. E per quanto il nostro
individualismo si sforzi di fare, e in certi casi ha fatto miracoli,
l’organizzazione è più forte dell’individualismo. E perciò la Germania vince,
perché i suoi affari sono comuni, e pure la Francia e altri paesi sono pervasi
di un sentimento diverso dal nostro. Noi invece siamo divisi in tutto, ognuno chino
sul proprio orto concluso, a difesa del suo particulare.
E tuttavia il quadro è fosco anche
nell’insieme. Alla luce delle grandi trasformazioni in atto, a cominciare dal
fatto che il lavoro vivo è sempre meno misura del valore, mi chiedo per quanto
tempo ancora le élite europee pensano che questo nostro continente riuscirà a
reggere una disoccupazione crescente e masse di salariati sempre più precari, fino
a quando sarà tollerata la divaricazione sempre più accentuata tra ricchezza e
nuove povertà, arginato il peso del debito pubblico e gli squilibri acuti tra paesi? O stanno pensando di regalarci qualche sorpresa?
Il quadro mi sembra completo. Le cornici sono intercambiabili. Una di queste potrebbe essere il fondo pensionistico Blackrock (qui se ne era già accennato), che, se le cifre più o meno corrispondono, avrebbe a disposizione 4.300 miliardi di dollari da investire nell'orbe. Parte di questo 'tesoretto' è già stato piazzato senza colpo ferire e a dovere nelle pieghe dell'Italietta. Spolperanno, spolperanno.
RispondiEliminaLa cosa curiosa è che, anche trai divulgatori, pochissimi si sono presi la briga di leggere i vari trattati (Maastricht/Lisbona) e di tradurli quindi in volgare al popolo - me compreso - La fregatura è già tutta scritta lì.
eh eh, sapere è potere, e loro se lo tengono stretto
Eliminahttp://www.militant-blog.org/?p=10558
RispondiEliminaSullo stesso tema Olympe.
Ciao, Franco.
infatti. c'è qualcuno che spiega queste cose al gregge votante?
Eliminaciao
Condivido in pieno l'analisi: la realtà che viviamo è quella descritta qui e alla prima delle domande finali purtroppo non c'è risposta almeno finora.
RispondiEliminaLo scenario che stiamo vivendo mi sembra simile a quello del Giappone: bassissima inflazione, consumi in continua caduta, bolla immobiliare, debito in crescita.. Mi pare che in casi come questi gli economisti parlino di stagflazione e il Giappone ci insegna che può durare un decennio..
Tornando ai trattati e a come sia ridotta la democrazia formale nella vecchia Europa mi ritorna in mente la sorte del referendum sulla costituzione europea mi pare del 2003: votarono contro in Francia, in Olanda e in Irlanda. Da noi passò tutto in parlamento con una velocità degna di Speedy Gonzales a riprova del fatto che anche se camera e senato quando devono ingranano le quinta, altro che lentezza...
Cosa è successo dopo quei referendum? Mi sembra che l'impianto della costituzione europea sia stato recepito dal trattato di Lisbona alla faccia di chi aveva detto no... Un particolare questo che forse potrebbe illuminare qualcuno in vista delle prossime elezioni europee...
non illuminerà alcuno, tantomeno quelli che credono al grillo che rivolterà come un calzino l'europa (do you remember "scatola di tonno"?)
Eliminasapevo che stagflazione è alta inflazione + stagnazione, quasi un ossimoro:
http://diciottobrumaio.blogspot.it/2013/06/sulle-seghe-denominate-in-lire-o-fiorini.html
ciao
Ciao Olympe... su stagflazione ovviamente hai ragione tu come sui grillini...Per il resto mi sforzo- contrastando la mia natura- di essere ottimista: qualsiasi cosa può essere illuminata basta volerlo e applicarsi un po'...
RispondiEliminaL'accorto utilizzo del fattore tempo è una tecnica raffinata il cui brevetto è tutto nostro.
RispondiEliminaE' la sindrome di Cenerentola. Passano mesi per decidere le regole del suq politico, alla soglia delle scadenze si innescano le normative d'urgenza che bypassano le normative d'uso. A quel punto vale tutto.
Dal fulgido florilegio della contemporaneità tattile : Expo 2015.
Non resta che attendere chi farà di nuovo viaggiare i treni in orario.
Bonjour Madame, penso che questi 2 articoli possano aiutare la discussione.
RispondiEliminaSaluti.
http://ilmanifesto.it/il-secolo-breve-sembra-infinito/
http://ilmanifesto.it/lunita-di-misura-della-buona-societa/
grazie, leggerò nel pomeriggio
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