Prendiamone atto: questa è un’altra epoca. La
democrazia è diventata come la rivoluzione, se ne parla. Quando la disperazione
si sarà ben diffusa, scenderemo nelle strade senza sapere bene dove andare e
con l’ansia di accodarci a un pifferaio che prometta magie. È già successo, può
capitare ancora. In un istituto tecnico di Ascoli Piceno, il preside ha
rispolverato una tela del 1937 e l’ha fatta appendere nell’aula magna della
scuola. Pare si tratti di un’opera caposaldo dell’arte moderna, un dipinto di
tale Aldo Castelli che raffigura Mussolini Benito a cavallo, con la tunica e la
spada in pugno. Il dipinto è stato anche
restaurato. Per il preside la scelta di rimettere il quadro
al suo posto sarebbe “culturale”: «quello di Mussolini – ha spiegato – è un
ritratto idealizzato, un'allegoria del fascismo e della sua riforma
scolastica», tesa ad equiparare «licei e istituti tecnici». In una scuola
francese potrebbe succedere altrettanto con un ritratto di Petain? E in una
scuola tedesca con le “allegorie” del nazismo? La provocazione pareva davvero
troppa, ma c’è voluta la protesta degli studenti e soprattutto dell’Anpi per
farlo togliere. Il ministro dell’istruzione? Non pervenuto.
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