È morto Eric Hobsbawm, considerato uno storico marxista. Nella
sua ultima intervista, rilasciata all’Espresso, c’è anche questa perla:
Domanda: Oggi si fanno soldi senza produrre beni
materiali, con derivati, con speculazioni in Borsa.
Risposta: "Però
si continua a fare denaro anche, e soprattutto, producendo beni materiali. E'
cambiato solo il modo con cui viene prodotto quello che Marx chiamava il valore
aggiunto (la parte del lavoro dell'operaio di cui si appropria il
padrone, ndr.) Oggi lo
producono non più gli operai ma i consumatori. Quando lei compra un biglietto
aereo on line, lei con il suo lavoro gratuito paga per l'automazione del
servizio. E' quindi lei a creare il plusvalore che fa il profitto dei padroni.
E' uno sviluppo caratteristico della società digitalizzata".
Dunque apprendiamo che è cambiato il modo
in cui viene prodotto il plusvalore. Dice Hobsbawm che non lo producono più gli operai,
i salariati, ma i
consumatori. Verrebbe da aggiungere: perciò più un tizio consuma e più
plusvalore produce. I ricchi sono senz’altro i maggiori produttori di
plusvalore e i poveri, per loro disgrazia, sono tra quelli che ne producono di
meno. Quindi è giusto che abbiano di meno.
Perché non restino dubbi, il “marxista” fa
un esempio concreto: Quando lei compra un biglietto aereo on line, con il suo
lavoro gratuito paga per l'automazione del servizio. E' quindi lei a creare il
plusvalore che fa il profitto dei padroni.
Un po’ come dire: quando un puttaniere fa
un bonifico on-line alla sua puttana senza passare in banca, cioè trasferisce reddito
per i capricci della sua zoccola, paga per l'automazione del servizio e quindi
crea plusvalore a vantaggio della banca. Oppure: quando facciamo carburante al
distributore, con il nostro lavoro paghiamo l’erogazione automatica e perciò
creiamo plusvalore a vantaggio del proprietario del distributore. È per questo motivo
che paghiamo meno il carburante al self-service, perché produciamo plusvalore?
“Anche
il diavolo rende grandi, incommensurabili servizi – scriveva Martin Lutero – ai suoi servitori … In conclusione il mondo è pieno di grandi, bei
servizi e benefici giornalieri”.
Scrive Marx:
«Questo fatto, che cioè con lo sviluppo della
produzione capitalista tutti i servizi si trasformino in lavoro
salariato e tutti coloro che li eseguono in lavoratori salariati,
avendo questo carattere in comune con il lavoratore produttivo, induce a
confondere i due termini tanto più in quanto è un fenomeno che caratterizza la produzione
capitalista e ne è generato, mentre permette ai suoi apologeti di
presentare il lavoratore produttivo, perché salariato, come un operaio che si
limita a scambiare i suoi servizi (il suo lavoro come valore d’uso) contro denaro,
sorvolando bellamente sulla sua differenza specifica e di tale “lavoratore
produttivo” e della produzione capitalista come produzione di plusvalore, come
processo di autovalorizzazione del capitale, di cui il lavoro vivo non è che un
agente e in cui è incorporato. Un soldato è un salariato, e infatti riceve un “soldo”,
ma non per questo è un lavoratore produttivo!»
Chissà cosa avrebbe potuto raccontarci, di
questo passo, il “marxista” di Hobsbawm, sulla differenza tra saggio del plusvalore (o
saggio di sfruttamento) e saggio del profitto. Gli economisti borghesi, così
come gli storici, i giornalisti e altri falliti, identificano il saggio di
plusvalore con il saggio del profitto e, così facendo, lasciano credere che il
plusvalore sia prodotto da tutto il capitale, dal capitale complessivo
anticipato, e non invece dalla sola parte variabile, vale a dire dal lavoro non
pagato. In base a questa bizzarra tesi, i padroni e i loro servi sbraitano che
l’introduzione di impianti e macchini automatizzati nel processo produttivo
riduce progressivamente la funzione dell’operaio nella produzione, il che
starebbe a dimostrare che il capitalismo moderno limita sempre più lo
sfruttamento della forza-lavoro.
In realtà, le macchine, per quanto
automatiche, sono sempre capitale costante: il loro valore può solamente
trasferirsi nei nuovi prodotti, ma non può produrre il minimo incremento. Ma
questa era solo una divagazione.
la prego, può "divagare" ancora un po' e spiegare meglio l'ultimo paragrafo? perché le macchine non possono produrre plusvalore? può approfondire meglio l'argomento e fare alcuni esempi? io e sicuramente molti altri gliene saremmo grati!
RispondiEliminaun caro saluto
come fa una macchina a produrre valore? può arrugginire, inquinare, rompere le balle, ma non produrre valore. solo il lavoro umano, in determinati modi, può creare nuovo valore. nel produrre merci, la macchina - come qualunque oggetto del lavoro o impianto – cede proporzionalmente, per ogni unità di prodotto, un po' del suo valore, ma non aggiunge nulla di più del suo valore, non ne crea di nuovo.
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