martedì 26 luglio 2011

Una sola borghesia, conservatrice


di Piero Ostellino

Letizia Moratti e Giuliano Pisapia hanno come «grandi elettori» le due borghesie nelle quali è (apparentemente) divisa la upper class nazionale. L'una, di (centro)destra, si dichiara «moderata»; l' altra, di (centro)sinistra, «progressista». Ma i due aggettivi sono troppo generici, e logori, per significare qualcosa anche per chi se ne fregia. Il diavolo sta nei particolari. La borghesia progressista è per «la difesa della Costituzione»; quella moderata per la sua «riforma». Ma non sono molti quelli, da una parte e dall' altra, che l'hanno letta, l'hanno capita e sanno perché sono pro ovvero contro. La borghesia moderata è per il mercato; quella progressista per lo Stato sociale. Ma sono una esigua minoranza quelli che, a destra, sanno che cosa sia il mercato e che cosa ne abbiano scritto i classici del liberalismo e, a sinistra, sanno chi era Beveridge e che l' economia sociale di mercato non è una forma di socialismo, ma il mercato i cui esiti sono temperati, ex post, dall' intervento pubblico, là dove producano effetti «collaterali» dannosi per gli individui. In definitiva, non ci sono due borghesie, distinte per metodologia della conoscenza - empirica ovvero filosofica, non ne parliamo neppure - per cultura politica, individualistica ovvero collettivistica. Ce n'è una sola. Conservatrice.

Questa sola constatazione dovrebbe rassicurarci circa gli allarmismi dei rappresentanti di quella di (centro)destra e i propositi multiculturali dei rappresentanti di quella di (centro)sinistra. Non sarà la costruzione di una moschea ad alterare il profilo sociale di Milano. Saranno gli interessi organizzati - i «poteri forti» - che fanno capo alla borghesia detta «progressista» ovvero a quella detta «moderata», a seconda che vinca Pisapia o la Moratti. Le due borghesie non contano molto ai fini del risultato elettorale. Contano parecchio «dopo», quando si tratta di governare le risorse cittadine. Marx chiamava i governi delle democrazie liberali il «Comitato esecutivo della borghesia». Sarà tale Comitato - sulla base degli interessi dei suoi componenti - a disegnare il profilo di Milano. Chiunque vinca, i due pallidi candidati sono stati - per dirla ancora con Marx - la «falsa coscienza» di tali interessi.

[…] La Moratti […] avrebbe dovuto valorizzare quello che ha fatto - welfare, Expo, estensione della rete dei trasporti con le nuove linee del metrò - e spiegare meglio ciò che intende fare se fosse rieletta. Col «Piano di Governo del Territorio», si propone di proseguire sulla stessa linea, supplendo alla mancanza di risorse del Comune con il coinvolgimento dei privati, anche nella costruzione di alloggi a costi e affitti bassi: il mercato fa capolino con il principio di sussidiarietà. Pisapia vorrebbe trasformare l'A2A, la società per azioni, costituita dalla fusione fra le ex municipalizzate di Milano (Aem) e di Brescia (Asm), in «una protagonista dello sviluppo della green economy (...) attraverso interventi di efficienza nella produzione e nella distribuzione dell' energia e del calore». Qui, siamo in piena «politica industriale» - coerentemente con la cultura del candidato di (centro)sinistra - cioè all' indirizzo e alla gestione dello sviluppo da parte del Pubblico con finalità da esso stesso programmate (la green economy). Resta una domanda da fare al candidato di (centro)sinistra: come intende finanziare i suoi interventi di welfare comunale? Nuove tasse non sarebbero una manifestazione di socialità, ma il trasferimento forzoso di reddito da una parte della popolazionme all'altra. I due programmi restano buone quanto generiche intenzioni (anche se sarebbe stato meglio conoscere prima nome e capacità delle persone in giunta) condannate a essere condizionate dal «dopo elezioni», quando chi vincerà farà inevitabilmente i conti con la propria borghesia di riferimento. Conservatrice dei propri privilegi; come la controparte.
 
(26 maggio 2011) - Corriere della Sera
NB: il titolo redazionale è stato modificato rispetto all'originale. 

2 commenti:

  1. Rapina sociale e corruzione pubblica segnano la vera unità nazionale. Gli stessi partiti dominanti ( PDL e PD) che hanno varato o avallato- per conto dei banchieri- la più grande operazione di macelleria sociale degli ultimi 20 anni contro lavoratori, giovani, pensionati, sono attraversati da un malaffare disgustoso, che coinvolge con progressione dilagante le loro ramificazioni centrali e periferiche, sino a lambire i massimi livelli di direzione ( ministeri, segreterie di partito, rappresentanze parlamentari).

    L'indignazione popolare è enorme. Le stesse classi dirigenti temono che esploda: e per questo si prodigano in mille modi o per confinarla sui binari dello sfogatoio web, o per limitarla alla pura protesta “anticasta”, o per indirizzarla a favore delle Procure ( Di Pietro). In ogni caso per disinnescarla. E per subordinarla alle convenienze elettorali o alle lotte di potere delle rispettive scuderie.

    Il PCL si batte per una prospettiva opposta. Quella di un'autentica esplosione sociale, di massa e di piazza, per liberare l'Italia dalle sue classi dirigenti: industriali, banchieri, poteri Vaticani, e tutti i loro governi e i loro partiti. La seconda Repubblica è fallita. Il capitalismo è fallito. Solo la classe operaia, ponendosi alla testa dell'indignazione popolare e della domanda di svolta della giovane generazione, può fare davvero pulizia pulita di sfruttamento, corruzione, privilegi intollerabili.

    Solo un governo dei lavoratori può ripulire l'Italia.

    Preparare un vero sciopero generale prolungato sino al ritiro della manovra economica di rapina. Promuovere una marcia nazionale, operaia e popolare, su Palazzo Chigi e sul Parlamento, con la parola d'ordine “ Se ne vadano tutti, governo a chi lavora”. Porre all'ordine del giorno l'abolizione del debito pubblico verso le banche, la loro nazionalizzazione sotto controllo sociale, l'investimento delle immense risorse così risparmiate nella difesa e sviluppo di tutti i beni comuni ( lavoro, ambiente, sanità,istruzione, pensioni)...
    Queste sono le necessità straordinarie imposte dalla profondità della crisi italiana ( sociale, politica, istituzionale). Il PCL si batterà per esse in ogni sede: sindacale, politica, di movimento

    MARCO FERRANDO

    http://www.pclavoratori.it/files/index.php?c3:o2307

    P.S.
    Allora, cosa ne pensa dello scritto su, e del Ferrando e del suo PCL?
    Saluti

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  2. "una marcia nazionale, operaia e popolare, su Palazzo Chigi e sul Parlamento"

    per ristabilire la decenza e il buon governo? un governo dei lavoratori? a sentire berlusconi lui lavora più degli altri

    un programma generico, piccolo-borghese

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