In un periodo travagliato in cui partiti e personaggi oggi dimenticati si erano succeduti alla guida delle nazioni senza che si avviasse alcun processo di resilienza etica ... . Capisci “resilienza”?
No, non conosco questo termine, rispose Anna.
Usava spesso allora, quando dissi che nessuno aveva cercato di curare la malattia che stava corrodendo la società; era l’epoca di una sorta di appiattimento storico, della comunicazione istantanea e dalla percezione allucinata della realtà che ne seguì. Come la bestiola che attraversa la strada catturata dai fari. Era lo stesso.
Sai delle cose perché sei un vecchio.
È l’unico vantaggio di essere vecchi. Veniamo alla nostra storia, a come siamo stati catturati dai fari. Le persone di quell’epoca erano irretite sotto un bombardamento di messaggi di cui non si curavano, ma molto era cambiato, a cominciare dalle parole, a forza di deformarle, invertendone il significato. Quella valanga di qualsiasi cosa ha reso il domani così incerto che la gente ha iniziato a crederci.
I media hanno avallato che il futuro fosse davvero incerto, mettendo subito in crisi il presente. Era la prima crisi del presente. La gente non era preparata: generazioni prima avevano conosciuto gli orrori e i drammi, delle guerre e delle epidemie, ma sapevano che erano crisi che un giorno sarebbero appartenute al passato. Era diverso. Mi segui?
Ci provo.
Per esempio ci dicevano: è obbligatorio fare questo e quell’altro, in nome della moralità e del dovere civico. Una forma di tutela che dobbiamo agli altri, ai nostri anziani. Siamo stati rintanati con i nostri libri, computer e televisori, rischiando le nostre vite ogni volta che uscivamo, così ci dicevano. L’impressione era d’essere diventati tutti stupidi.
Non è divertente, disse Anna.
Insomma, il pensiero unico era diventato immobile. C’era solo una strada possibile, quella che ci comunicava la politica e gli “esperti” dell’epoca, e non si vedeva alternativa. Quando il futuro si fece incerto, le persone reagirono in modi diversi: la stragrande maggioranza non aveva più fiducia in quel percorso, né inevitabilmente in chi li aveva condotti lì.
Come andò a finire?
Shhh!, facciamo silenzio. Nascondiamoci nel nostro rifugio, stanno arrivando.
Si avvicinano a grandi passi, instancabili, riconoscibili tra mille con il loro equipaggiamento. Anche Anna li sente, più distintamente man mano che il panico aumenta. Nessuno può sfuggirgli, sono veloci, sicuri del fatto loro, mai un dubbio.
Ci stanno cercando?
Abbraccio la bambina contro di me, come se ciò potesse aiutarci a renderci invisibili. Compensiamo come meglio possiamo. Non gliel’ho detto ma lei l’ha capito.
Gli stivali mangiano l’asfalto. Il sangue pulsa contro le nostre tempie; sono lì, a pochi passi di distanza. Il branco passa, furioso, senza vederci.
C’incamminiamo con cautela. Nessuna anima all’orizzonte, ma un paesaggio svuotato della sua sostanza.
Ecco, bisogna stare attenti, finché avremo lume per essere attenti. Molto bello. Grazie
RispondiEliminagrasie, maestro
EliminaDissipatio H.G.
RispondiEliminaminchia, cit. colta
Eliminanon da oggi, ma sono molto lieto di non avere bambine(i) cui badare/insegnare.
RispondiElimina