Non so se mi è sfuggito, ma mi pare proprio che ieri
sera il Tg3 non abbia dato la notizia del rogo in cui sono morti 14 operai in
Germania in una fabbrica della Caritas dove erano al lavoro “su base
volontaria” – dice la stampa – circa 120 disabili!
La Caritas, dunque, magari con la scusa
dell’”inserimento”, gestisce fabbriche dove lavorano dei disabili. Su base
“volontaria”. Quanto sia “volontario” il lavoro salariato in fabbrica posso
immaginarmelo, specie per persone “Menschen
mit geistiger oder mehrfacher”, come
riferisce il capo distrettuale dei
vigili del fuoco, Alexander Widmaier. Quali misure di sicurezza siano adottate sul
lavoro, si è visto. Quanto venga pagato questo lavoro “volontario” dalla
Caritas, si può intuire. Come alla notizia non venga dato alcun risalto, in
Italia, anche.
Sempre Alexander
Widmaier,
ha dichiarato: "Wir haben hier
mit Menschen zu tun, die naturgemäß nicht rational reagieren". Già per
delle persone “normodotate” è difficile in simili casi reagire “razionalmente”,
figuriamoci la reazione nel caso di persone con handicap gravi e “disabilità
mentali”. Il quotidiano La Repubblica
cita lo stesso articolo di Der Spiegel on-line dal quale ho tratto queste notizie, ma evita accuratamente di riportare
quanto sopra.
Quale genere di merce o souvenir producevano questi poveri
disabili, all’interno di quali inquadramenti specializzati, per quale mercato, a
quali classi sociali appartengono questi “volontari”? Ogni situazione coattiva
va bene per racimolare del plusvalore, non lesinando nobili intenti
d’”inserimento” e di “integrazione”. Per sentirsi parte del mondo normale,
recita l’articolista di Repubblica. È
questo lo spazio e il tempo – quello della fabbrica – che l’insensata
organizzazione sociale capitalistica offre ai disabili mentali, sulla base di
gerarchie di funzioni e di salari, per “sentirsi normali”. Non siamo solo di
fronte a una degradazione culturale accelerata che ha aperto allo sfruttamento
ogni spazio della vita sociale, ma a un vero e proprio malessere
dell’intelligenza, a una crisi permanente della nostra civiltà che non prospetta
nulla di buono.
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