Il difetto d’origine del Partito democratico è quello
di voler essere troppe cose e di non esserne nessuna allo stesso tempo. Non è
un partito di sinistra poiché ha raggiunto un grado di subalternità e soggezione non solo alle politiche
della destra, ma al loro punto di vista e alla loro mentalità, sia nel quadro
internazionale e sia in quello interno. Non è però semplicemente un partito di
centro o di destra per il fatto che in esso continuano a convivere uomini le cui idee
– se non altro per motivi di decenza – si legano ancora in qualche modo a quella che fu la tradizione riformistica della sinistra italiana. Può il
partito definirsi “democratico” – come facilmente ironizzava già Massimo D’Alema
– poiché si tratta di un aggettivo che denota ormai una tale genericità che
quasi chiunque può darsene titolo.
È appunto tale situazione a favorire l'affermazione politica nel partito e l’ascesa mediatica di personaggi come Matteo Renzi, uomo di
ascendenza cattolicissima e le cui idee sono coniate sulla stessa matrice leaderistica
tipica della politica-spettacolo di stampo berlusconiano. L’ambizione non certo
sanissima egli la incarna già nella sua faccia da pesce furbo dell’oratorio, la voglia
di scissione l’esprime nelle parole e la rappresenta nella volontà dei fatti.
Quando un candidato alle primarie mette in piedi un proprio personale apparato
di rilevamento e conteggio del voto, in aperta contestazione di quello
ufficiale del partito (si parla di errori di conteggio, ma già dalla prossima
settimana, se il distacco al ballottaggio sarà contenuto, si arriverà
all’accusa di brogli), significa che ha già piedi e gambe fuori del
partito. Quando un candidato alle primarie si esprime per categorie come “noi”
e “loro”, significa che è prontissimo alla fuga con tutta la
posateria che gli sta in tasca.
Non dipenderà da D’Alema, Bindi e altri di
decidere se rimanere nel partito con Renzi vincitore. La guida scout l’ha già
detto chiaro: se ne devono andare. In tal caso il partito si spaccherebbe. Se a
vincere invece sarà Bersani, il sindaco si sentirà comunque vincitore e proprietario di quella
grossa fetta di elettorato che l’ha votato e che potrebbe incrementare ancora.
Dipenderà molto dai suoi sponsor e da altri fattori se il momento sarà
giudicato propizio per lasciare il partito e cercare fortuna nei seggi veri. Renzi
sa di giocarsi tutto, se non approfitta di questa circostanza che gli interessi
di alcuni e la dabbenaggine di altri gli hanno servito sul piatto, sa bene
che poi sarà molto difficile rientrare nei giochi. Non vorrà certo fare la fine
di quella melanzana secca di Segni. Ma non dipende solo da lui.
Nel complesso non si può parlare di eterogenesi dei fini, ma di una strategia di soggetti diversi e che però puntano tutti al medesimo risultato. Individuare almeno i contorni del disegno non è difficile e nemmeno una novità. Ciò a cui puntano determinate forze è di
scompaginare la scena politica per il dopo elezioni e trarne vantaggi ognuna per proprio conto. Può esserne un esempio – per quanto limitato – questo articolo del Corriere, imbastito su una frase innocua di
Vendola in merito alla vicenda Ilva, per poi tirare in ballo Bersani su una
presunta mail forse speditagli da uno dei padroni dell’Ilva e che però non
dice nulla che meriti un articolo del genere. Del resto, questa situazione i cari
leader se la sono cercata con metodo e non lieve impegno di anni.
in un momento in cui lo schieramento di centro destra è in rianimazione non potendo più contare sul suo padrone assoluto nonchè grande finanziatore , la sinistra gli offre , come al solito ,il fianco andandosi miseramente a sgretolare. altro che rottamatore il caro Renzi è un autentico demolitore . lucilla
RispondiEliminaIl porsi quale organizzazione politica capace di rappresentare gli interessi del lavoro ma anche della finanza, degli imprenditori ma anche degli operai, degli studenti e dei professori, degli atei e dei credenti, delle pensioni e delle rendite, dei commercianti e dei consumatori, della natura e del cemento, dei cacciatori e degli animalisti, dell'euro e degli interessi nazionali, dei giovani e dei vecchi insomma il porsi quale Utopico Partito Interclassista Unico ha già causato il disintegrarsi della Democrazia Cristiana prima e della Lega Nord dopo. Oggi tocca al Partito Democratico.
RispondiEliminaConscrit
apprezzo il dettaglio
Elimina