Per dominare il mondo bisogna controllare i mari. L’importanza
del potere marittimo era ben conosciuta dagli antichi popoli del Mediterraneo e
fu poi ben presente a Venezia, quando il resto d’Europa reggeva ancora sulla
pastorizia e l’agricoltura. Napoleone fu meno convinto di tale importanza
decisiva del potere marittimo, e pagò le conseguenze. Poi, a cavallo tra ‘800 e
‘900, sulle scorta delle idee del contrammiraglio Mahan
(*), si svilupparono le marine dei grandi contendenti della prima guerra
mondiale. Dal punto di vista tecnico e tattico, l’epoca delle cannoniere ebbe
fine con l'inutile battaglia dello Jutland.
Nel secondo conflitto mondiale divennero decisive le
portaerei e le flotte subacquee. Un giovane tenente di vascello, Karl Dönitz
la notte del 3 ottobre 1918, sulla torretta del UB-68 in emersione al largo di
capo Passero, immaginò e in parte attuò un nuovo approccio della guerra
sottomarina. Se quasi vent’anni dopo, l’ex caporale boemo a capo della Germania
gli avesse dato retta, ossia, se invece di parlare a vanvera di primato tedesco
e di purezza della razza, avesse allestito per tempo la flotta subacquea che Dönitz gli chiedeva, la guerra dei convogli in Atlantico avrebbe avuto esito ben
diverso.
Mussolini invece era ben consapevole dell’importanza del potere marittimo, e allestì una flotta poderosa,
ma priva di portaerei e comunque senza una copertura aerea, basata a terra,
efficace. Il raid degli aerosiluranti inglesi su Taranto, denunciò la nostra
arretratezza, così come l’assenza dei radar nella battaglia di capo Matapan.
Non si trattò solo di arretratezza tecnica, ma anche di concezione tattica superata. Pur
disponendo la marina italiana, all’inizio del conflitto, di una flotta
subacquea di rilievo, venne a impiegarla secondo schemi antiquati, condannandola
alla sconfitta. Da aggiungere solo il fatto che la movimentazione marittima
italiana veniva comunicata all’alleato tedesco che la segnalava a sua volta in
codice con la famosa Enigma …
I
Giapponesi – che nel 1905 avevano umiliato la flotta russa nella battaglia di
Tsushima, nonostante l’epico invio di aiuti da Leningrado via Africa e Oceano
Indiano – attrezzarono negli anni Venti e Trenta una flotta d’avanguardia incentrata
su un poderoso schieramento di portaerei, ma furono sconfitti dalla superiorità
di una potenza economica e marittima come gli Stati Uniti e dal suo servizio d’intelligence
(e di radiogoniometri).
Al diciottesimo Congresso del Partito comunista cinese, in corso in questi
giorni, il preseidente Hu Jintao ha lanciato le parole d'ordine destinate
a forgiare la Cina di domani: 1) riforma della struttura politica; 2) un "nuovo modello di sviluppo" che porti a
raddoppiare il Pil e di reddito medio della popolazione entro il 2020; e 3) la "Cina deve diventare una potenza marittima per difendere risolutamente i suoi
diritti e i suoi interessi territoriali". Su questo tema ho scritto alcuni
post, questo nel dicembre 2010, poi quest’altro nel gennaio 2011, quindi
nell’aprile 2011 questo sulla presenza della marina cinese nel
Mediterraneo, oppure questi cinque post del gennaio di quest’anno (sono
numerati da 1 a 5 nell’archivio), ma credo, infine, d’interesse anche quest'ultimo scritto nel febbraio scorso. Poi non ho scritto più nulla, poiché vicende ben
più importanti, come quelle della contesa politica italiana ("chi paga gli sms di Bersani"?), sull’eco dei talk
show e dei casuali “approfondimenti” della signora Gabanelli, mi hanno
preso la mano. Meglio così, no?
P.S. : a proposito di via Merulana (il rifermento non è al romanzo dell'ing. Gadda, ma alla casa di Antonio Di Pietro), la foto del Budda qui riprodotta l'ho ripresa pochi giorni or sono al Museo nazionale d'arte orientale di Roma, a palazzo Brancaccio, in via Merulana, appunto. Da visitare, senz'altro.
Infatti, la geopolitica delle primarie italiane avrà sicuro impatto sul corrente svolgimento del Partito Comunista Cinese.
RispondiEliminain attesa del nuovo Enver Hoxha italiano
Elimina