venerdì 23 ottobre 2015

La dottrina dei misteri




Come ho cercato di mostrare in questo recente post, la deflazione ha come causa principale l’aumentata produttività del lavoro e, di riflesso, la stagnazione o riduzione dei salari, a seguito della nota teoria della “moderazione salariale” che però non si traduce mai in moderazione dello sfruttamento e del profitto.

Se le merci costano meno, risulta più facile venderle. Ecco perché, come nel nostro caso ma più in generale per le merci europee, aumenta l’export e diminuiscono o ristagnano i consumi interni. A conti fatti si tratta di un modo diversamente furbo di svalutare la moneta svalutando in realtà la componente variabile del capitale, alias i salari, pur aumentando lo sfruttamento di essa. In tal caso – dicevo – modificandosi la composizione organica del capitale (minor capitale variabile in rapporto a quello costante) può aumentare la massa del profitto/plusvalore ma diminuisce sempre il saggio del profitto, gettando nel panico i nostri bravi capitalisti.

Dalla caduta progressiva del saggio del profitto (ripeto: non della massa) scaturisce, in ultima analisi, il motivo fondamentale per il quale il capitale decide di uscire dal ciclo produttivo (D-M-D’) per gettarsi nella speculazione finanziaria (D-D’).

Ecco dunque spiegata, sia pure in sintesi e senza tener conto di possibili influenze concorrenti, la causa principale da cui origina il grande “mistero” della deflazione da un lato e dell’euforia dei mercati dall’altro. Euforia sostenuta viepiù dal fatto che sia le monete nazionali e a cascata i valori azionari non hanno alcuna (dico: nessuna) relazione con i valori reali dell’economia. E ciò, presto o tardi, non potrà non avere conseguenze di sommo grado.

*



Al fine di non imbattersi nel problema della teoria del valore lavoro, gli economisti borghesi, ossia gli economisti di ogni scuola e tendenza (compresi i soggettivisti “sinistri”), considerano la circolazione come base dell’economia politica e non la produzione, in ciò evitando qualsiasi analisi del processo di produzione e limitandosi unicamente a quella dei fenomeni di mercato. Diversamente, l’analisi del processo di produzione, dimostrando l’espropriazione alla quale è soggetto il lavoro da parte del capitale, avrebbe conseguenze pericolose per l’ordine sociale esistente (*).

Osservando il capitalismo solo dal punto di vista della circolazione, si punta a dimostrare che la contraddizione fondamentale del modo di produzione capitalistico non consiste nello sfruttamento della forza-lavoro (ossia nel lavoro non pagato), bensì in una ingiusta ripartizione della ricchezza prodotta. Sarebbe sufficiente un’equa distribuzione dei redditi (un ritorno ai principi di “uguaglianza”) per eliminare l’ingiustizia della società (**). È il caso questo di Luciano Gallino e di moltissimi altri critici laterali del sistema.

La tendenza a considerare solo il valore di scambio, riduce l’economia borghese all’analisi delle relazioni tra i prezzi, così come tali relazioni sono date sul mercato. Procedendo dai prezzi, invece che dai valori, non si è in grado di andare oltre la superficiale apparenza (e cioè di ciò che avviene sul mercato) e si finisce col cadere vittime del feticismo delle merci (e dei loro prezzi). E da qui ai “misteri” non c’è da muovere neanche un passo, ed invece della scienza economica abbiamo a che fare con degli adulatori della crematistica.

(*) Per non dire poi di quegli specialisti della mistificazione mediatica che non adoperano mai i termini quali capitale e capitalismo (guai!), poiché tali nomi sarebbero stati inventati da quegli scriteriati di marxisti per gabbare le masse. In tal guisa il capitale sarebbe un elemento naturale immutabile e non invece specifico di un dato stadio di sviluppo storico del processo di produzione sociale. Non sarebbe altro che materia e mezzo di lavoro che sono per loro natura elementi oggettivi del processo lavorativo di ogni epoca. E del resto il lavoro non è forse condizione eterna dell’esistenza umana? In tal modo si potrebbe agevolmente dimostrare che Greci e Romani celebravano l’eucarestia perché bevevano vino e mangiavano pane.

(**) Marx direbbe a riguardo di tale uguaglianza: “la natura pecorina del cristiano nella sua eguaglianza con l'agnello di Dio”.


12 commenti:

  1. ho dovuto rileggerla più volte. ma resto dell'idea che le teorie on aiutano affatto. chi ha il lavoro al giorno d'oggi se lo tiene e la protesta non porterà a nulla. spero certo migliorino le condizioni salariale o almeno quelle generali di vita di tutto il pianeta

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    1. la responsabilità è tutta mia: scrivo per "pubblico" che non esiste più. sono fuori mercato, lo dimostrano le viste, sempre uguali da anni, e i commenti, sempre più rari. farei bene a dedicarmi al mio orto concluso abitato da ombre e da libri fuori catalogo da decenni.

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    2. Continua, ti prego, a coltivare "anche" quest'orto qua.
      Anche perché questo è uno di quei luoghi dove si trovano tutti gli ingredienti per comprendere che la crisi che stiamo vivendo non è qualcosa di naturale come gli uragani.

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    3. Almeno per quanto mi riguarda, i commenti sono rari in parte perché quasi sempre mi trovo totalmente d'accordo e sarebbe superfluo aggiungere la mia approvazione (cosa che comunque a volte faccio) a quanto mirabilmente detto nei post. In parte perché quando si va sul tecnico con gli altrettanto mirabili compendi di Marx, mi mancano le conoscenze per interloquire allo stesso livello. Credo di capire quanto viene scritto, ma non saprei cosa aggiungere, se non che trovo che la realtà in cui viviamo confermi ampiamente la sostanza e l'attualità delle idee di Marx. E, per nostra disperazione, non possiamo fare nulla, nulla di veramente importante, per cambiare questa realtà. Solo sperare che sia la dialettica insita nel movimento storico a produrre un cambiamento (si spera per il meglio, ma anche quella è una speranza difficile da coltivare).

      Questo blog è insostituibile. Almeno in Italia, ma credo anche fuori, non ce n'è un altro simile. Dovesse venire meno questa voce, per chi la segue sarebbe un terribile impoverimento.

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    4. Sono di sicuro uno dei "visitatori sempre uguali" ma perchè dovrei ogni volta commentare per approvare cio' che e' ben scritto?
      Per il resto il commento di cui sopra va umanamente capito; i "salariati" stanno infatti intuendo , seppur con una certa fatica , che il "paradiso socialdemocratico" è perso per sempre, ma quello che ancora non vogliono capire è che quel "paradiso" era solo una temporanea concessione di un capitale terrorizzato dall' " inferno comunista" :-)



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    5. non vogliono capire è che quel "paradiso" era solo una temporanea concessione di un capitale terrorizzato dall' " inferno comunista"

      balle, l'inferno comunista non fu altro che una metodologia veloce e feroce di trasformazione in senso capitalistico, tutti lo sapevano e infatti la questione fu un "sostenibile" scontro fra imperialismi, per quanto nucleare

      per contro, il Capitale non concede nulla ma necessita della mutazione sociale per esplorare nuovi orizzonti di valorizzazione, così leggo le vicende politiche del secondo dopoguerra

      l' inferno comunista lo trovo particolarmente odioso perchè si ammantò delle icone della liberazione dei dominati dalla schiavitù salariata e da tutto ciò che ne discende, e ancora lì siamo, alle icone

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    6. sono d'accordo, quel sistema sociale poteva esibire solo la penuria delle sue vetrine. del resto a quel grado di sviluppo non poteva superare, tre le altre, la contraddizione tra valore di scambio e valore d'uso.

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  2. grazie delle delucidazioni. daremo sempre più peso a spiegazioni laterali. quelle ufficiali non ci bastano più

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  3. inflazione vorrebbe dire che tutti i debiti fatti da tutte le banche centrali del pianeta, ovvero oceani interi di liquidità a disposizione di eventuali imprenditori, finisce almeno per una parte significativa nel ciclo produttivo di nuove merci e di nuove infrastrutture (in altre parole che il denaro circolante -a debito- si trasformi in nuovo scintillante plusvalore). invece questi soldi li vogliono solo le borse.

    investire nell' industria ha la stessa probabilità che, appunto, un asteroide colpisca la terra.mi pare che krugman, bono quello, anni fa, paventasse che per risolvere la crisi ci volesse una guerra contro i marziani..

    qualche post fa, citando il Manifesto, c'era quella frasetta: "nuove industrie..questione di vita o di morte per tutte le nazioni.."
    il punto è proprio ancora quello: nuove merci che rivoluzionino la produzione e il consumo a livello planetario ...o morte

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    1. dobbiamo tener conto che questa non è una crisi come le altre, anche se nel periodo sono possibili modeste riprese di ciclo e poi nuovi precipizi, dobbiamo considerare questa crisi, che data da almeno gli anni 70, come crisi storica generale del capitalismo, paradossalmente, come ho sottolineato più volte, nell'epoca del suo massimo trionfo.

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    2. no certo, non è il punto basso di un ciclo economico o una crisi monetaria o dei meccanismi della circolazione, neppure intendevo con "nuove industrie" (usando ignobilmente marx per supportare i miei modesti pensierini) le usuali innovazioni di processo e prodotto, ma proprio innovazioni epocali che ribaltino il modo di vivere di miliardi di consumatori, una cosa come una fantasmagorica applicazione pratica delle biotecnologie, o qualcosa che non immagino

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