sabato 30 novembre 2013

Corridoio vasariano



Del corridoio vasariano avevo già scritto recentemente in questo post. Ora sembra che qualcosa si muova per iniziativa dei lavoratori del Polo museale fiorentino (che sicuramente agiscono anche per altri, leciti, obbiettivi). Chissà. L’unica cosa che non mi torna è il prezzo del biglietto indicato nell’articolo del Fatto, a me risulta ancora molto più caro. La cosa che non sapevo è che c'entrasse Letta Gianni, dunque non sapevo ancora a cosa attribuire l'odore di guasto.

Caste


Dal 2010 al 2012 le retribuzioni nette dei lavoratori dipendenti sono diminuite di 64 euro al mese, passando da una media di 1.328 euro a 1.264 euro. A fine biennio, se si considerano 13 mensilità, un lavoratore ha incassato in un anno 832 euro meno del 2010. Il calo, rileva la Banca d'Italia, è stato generalizzato per tutti i settori produttivi e per tutte le aree geografiche.

I sindacati non hanno nulla da dire in proposito, troppo affaccendati sui loro patrimoni immobiliari, sulle loro partecipazioni, sui contributi statali, e del resto i loro bilanci sono tutt’altro che trasparenti dato che non esistono bilanci consolidati delle confederazioni sindacali.

Ricevono per i patronati 260 milioni dall’INPS, cui si aggiungevano altri milioni dall'INPDAP e 15 milioni dall'INAIL (legge 152/2001). Poi altri soldi dall’Inps, cioè somme che versiamo con i nostri contributi, pari a 45 milioni circa su base annua per i finanziamenti ai CAF per il calcolo dell' ISE, e sempre dall’Inps, cioè sempre soldi nostri, altri contributi per 60 milioni di euro per le dichiarazioni dei redditi dei pensionati.

L'Inps, poi, garantisce al sindacato un flusso annuo di circa 372 milioni per le quote associative dei pensionati, trattenute direttamente sulle pensioni con il meccanismo della delega di carattere permanente (salvo revoca), nonché a titolo di ritenute sulle prestazioni. Infine, attraverso il meccanismo della trattenuta in busta paga, assicurato dai contratti dopo che il referendum del 1995 aveva cancellato l'obbligo di legge per le imprese, ai sindacati arriva una cifra stimabile in almeno 600 milioni di Euro.


venerdì 29 novembre 2013

Saper cogliere le opportunità


Il Dow Jones Industrial Average ha toccato i 16.000 punti, l'indice azionario Standard & Poor 500 ha raggiunto 1.800, e il Nasdaq ha ancora una volta superato 4.000. Il Dax tedesco è in rialzo da nove settimane consecutive, sfonda la soglia di 9400 punti, l’Ibex spagnolo registra il maggior rialzo della giornata dopo la promozione di Standard & Poor's, Londra gode di ottima salute e Parigi non è da meno. E allora la crisi dov’è?

In quel 41,2 per cento di giovani italiani ufficialmente disoccupati, una percentuale che da sola dovrebbe accompagnarsi con moti di piazza e barricate. Invece nulla. In Spagna, al riguardo, va anche peggio, per non dire della Grecia. Ma non si muove foglia, questo è il sistema sociale migliore, basta saper cogliere le opportunità. E, del resto, passa per pacifico il fatto che ribellarsi è inutile e tutto ciò che parla anche vagamente di comunismo è utopia, esperienza sconfitta dalla storia.

Indifferenti


Dice niente che si dedichino decine di ore di trasmissione di talk-show sempre ai soliti argomenti, ed a uno in particolare, e però si tace su una vicenda di gravità assoluta quale quella delle discariche abusive di rifiuti tossici e radioattivi in Campania? Sarà perché sono coinvolti tutti, a vario livello, dai coletti bianchi alla camorra passando inevitabilmente per la politica? Sarà perché – come afferma testualmente il commissario della Criminalpol Roberto Mancini – il traffico e lo sversamento dei rifiuti inizia nel 1988 con le Coop rosse? Chi e perché ha insabbiato l’informativa datata 12 dicembre 1996 della Direzione centrale della polizia criminale nella quale non solo si indicano i reati ma si fanno i nomi dei rei?

 Quell’informativa faceva seguito all’operazione “Adelphi”, del 1993, “che vedeva protagonisti i medesimi soggetti”. Malgrado tale inchiesta del 1993 e “malgrado le dichiarazioni rese dai collaboratori di giustizia Perrella Nunzio e Schivone Carmine, tali attività proseguono senza soluzione di continuità e consentono ai vari” personaggi coinvolti di “acquisire credibilità e ricchezza, in spregio a un bene comune quale è l’ambiente ed irridendo quanti, tra gli ambientalisti e quei pochi organismi investigativi sensibili al problema ed estranei ad una cultura rispettosa dei potentati politici ed economici, tentano di sollevare il velo sulla pericolosità di tali traffici” (p. 7).

 Si dirà, in perfetto stile qualunquista: che me ne fotte se hanno ridotto la Campania a un tumorificio, io e la mia famiglia abitiamo a centinaia di chilometri! Bravo, stronzo. Ma anche a voler considerare cinicamente la questione, c’è da osservare che gli alimenti prodotti in quelle zone finiscono sulle nostre tavole, nelle mense dei nostri figli. Fotte niente lo stesso, ora c’è il Ruby bis.

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giovedì 28 novembre 2013

Il giorno del ringraziamento


Oggi negli Stati Uniti d’America è grande festa, quella del giorno del ringraziamento, Thanksgiving Day. Protagonista sulle tavole americane, come tutti sanno, sarà un grasso tacchino ripieno di frutta secca e prugne, accompagnato da salse e altre … (fate voi, i gusti degli altri non si discutono, basta evitarli).

Secondo il Rapporto annuale del New York City Coalition Against Hunger, nella capitale economica e culturale degli Usa un bambino su cinque non viene nutrito a sufficienza. Dice il Rapporto: “Mentre i benestanti hanno a disposizione cibo più raffinato che mai, un nostro vicino su sei sta combattendo contro la fame. Il recente taglio federale ai buoni alimentari peggiorerà la situazione”.

Tra il 2010 e il 2012, circa mezzo milione di bambini della città non hanno avuto un’alimentazione sufficiente, il 10% in più del periodo 2006-2008. In generale è successo a 1,3-1,4 milioni di newyorchesi. I problemi peggiori riguardano il Bronx, dove il 36% dei residenti e il 49% dei bambini non si è nutrito in modo adeguato, ma anche a Brooklyn e Manhattan i numeri sono in crescita.

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Mentre l’Italia era distratta a metà da un’altra festa e l’altra metà piangeva a dirotto, il governo ha provveduto ad aumentare salari e stipendi e molto di più le tasse.

Secondo Il Sole 24ore, in busta paga troveremo 3,5 euro (tre euro e mezzo) in più al mese per chi dichiara 15mila euro l'anno, e vantaggi discendenti man mano che ci si allontana, in alto o in basso (!!) da questa fascia. Si tratta di aumenti quasi al netto. Una cuccagna.

  

martedì 26 novembre 2013

Troppo occupati


Viviamo in una storia che spesso non comprendiamo, anche se molti di noi affermano il contrario, forse senza crederci e solo per darsi coraggio. L’immagine stessa della vita imposta dalla réclame e dallo spettacolo ha poco o nulla a che vedere con la vita reale ed è invece l’immagine di come questa società promuove e idealizza se stessa per farci dimenticare il vuoto, i rapporti sempre più astratti tra le persone e la mediocrità.

Nell’insieme noi vediamo come ogni cosa vada per suo conto, in balìa del caso, senza un controllo sociale consapevole, ma il caso è soltanto uno dei poli di un nesso in cui l’altro si chiama necessità. E questa si esprime nelle leggi peculiari della società, anzitutto quelle che dominano la casualità della produzione e dello scambio, leggi che modificano i diversi stadi di sviluppo e che dominano l’intero periodo della civiltà. 

Quanti, per esempio, senza cadere nei soliti luoghi comuni, saprebbero spiegare perché – dopo ben oltre due secoli dalle più solenni dichiarazioni sui diritti dell’uomo e di lotte per la dignità del lavoro – le disparità di classe siano ancora così marcate e moltissimi lavoratori vivano in povertà e sempre a rischio d’indigenza?

Furbate


Quando mai un testimone scrive ai giudici di una corte d’assise che non si farà interrogare in merito agli “indicibili accordi” tra Stato e Mafia poiché non ha “alcuna conoscenza utile al processo”? In una monarchia può succedere, ma non sempre.

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Non so chi ha presentato in un unico emendamento la proposta di togliere qualcosina alle pensioni sopra i 90mila euro e di adeguare le pensioni fino ai 2mila euro lordi (cosa peraltro prevista per legge prima che un mantenuto a vita decidesse altrimenti). Nel caso si trattasse di un parlamentare grillista, si può capire, non ci arrivano. In caso di altri, si tratta del solito emendamento furbata: cassando una cosa si toglie anche l’altra.

L’adeguamento di salari e pensioni è previsto in costituzione, senza troppi sforzi interpretativi dalle parti dell’art. 36. A leggere poi gli ultimi due commi del successivo articolo si capisce di che cazzo di costituzione si tratti. E pace.


Il Pd con quest’ultimo governo dovrebbe aver messo una croce sulla sua esistenza. Tuttavia troverà ancora milioni di elettori disposti a turarsi il naso e comunque chiunque vinca o pareggi le prossime elezioni, la situazione non cambierà. Nemmeno l’astensione di massa dal voto cambierebbe subito le cose, ma almeno porrebbe le premesse per qualcosa di nuovo in questo paese immobile.

lunedì 25 novembre 2013

Gerarchie


L’intreccio tra affari, finanza e politica, così come tra questa e la criminalità, non è una novità né del passato remoto e nemmeno di quello più recente, ed è all’ordine del giorno come dimostrano i molti processi e le sempre numerosissime indagini in corso.

Dopo l’unità d’Italia gli scandali (e il loro uso politico) furono numerosi, a cominciare, per esempio, da quello che riguardò la costruzione delle ferrovie e ancor prima lo scandalo sull’uso dei fondi durante la campagna garibaldina in Sicilia, vicenda che vide la morte, più che sospetta, del povero Ippolito Nievo, testimone pericoloso in quanto uomo onesto, così come compromettenti dovevano essere i documenti che portava con sé.

Ma anche altri numerosi scandali politica-affari coinvolsero le più diverse personalità dell’Italia cosiddetta liberale. Del resto, i grandi affari sollecitano grandi appetiti, soprattutto in un paese in cui la classe politica e dirigente è tra le più premoderne, violente e predatrici della storia occidentale, la cui criminalità si è estrinsecata nel corso dei secoli in tre forme: lo stragismo e l’omicidio politico, la corruzione sistemica e la mafia”.

domenica 24 novembre 2013

Divagazioni domenicali


Le formazioni storico sociali seguono un processo storico naturale nel quale i rapporti di produzione svolgono, come rapporti sociali primordiali, un ruolo fondamentale. Il modo in cui gli uomini producono ciò di cui hanno bisogno per vivere determina anche tutti gli altri aspetti del vivere sociale. E tuttavia, per indagare e descrivere una determinata realtà storico-sociale, i rapporti di produzione, ossia quei rapporti materiali che si formano senza passare per la coscienza dei loro agenti, non sono di per sé esaustivi per rendere conto dell’evoluzione complessiva di quella data formazione sociale.

Per esempio, l’antagonismo sociale tra patrizi e plebei, oppure tra borghesi e proletari, non può essere investigato limitandosi alla sola struttura dei rapporti di produzione (tantomeno ometterla, però!), poiché certe particolarità e costanti vanno ricostruite tenendo presente tutti i rapporti sociali in tutte le loro forme e in tutto il loro movimento. È questo tipo d’approccio a fare la differenza, essenziale, tra il metodo d’indagine marxista e la sociologia borghese.

venerdì 22 novembre 2013

Lo ricordo bene quel 22 novembre


E anche quando emergessero le prove che fu Erostrato a sparare a Jack Kennedy in quel 22 novembre 1963, che cosa cambierebbe? Il fantasma di Jack fu poi ben adatto per alimentare il mito americano a chiusura dell’età dell’oro, e anche in Italia la toponomastica dedicata a quest’eroe delle scopate extraconiugali si spreca.

Non fu il primo presidente Usa ad essere assassinato, com’è noto. Sicuramente dopo Lincoln fu sparato a James Abram Garfield (1881), e poi toccò a William McKinley (Gore Vidal lo racconta in un suo romanzo/saggio). Poco nota è invece la vicenda di Huey Pierce Long, un personaggio il cui nome, se fosse diventato presidente, lo conoscerebbero tutti molto bene.

A Jack naturalmente fu riservato un funerale degno del presidente, molto meno degna fu l’inchiesta per il suo assassinio, non tanto perché non rivelò traccia di un complotto, ma perché fin dall’inizio non indagò a fondo sulla dinamica dell’omicidio di D.J. Tippitt e poi dello stesso Oswald, e precluse la possibilità che a sparare non fosse stato solo uno squilibrato armato con un moschetto italiano della prima guerra mondiale modificato.

mercoledì 20 novembre 2013

[...]


Lo spettacolo politico, ossia il gangsterismo corrente, è ossessionato da un’ombra: l’indifferenza. Apposta finanzia i media direttamente o tramite amici e non fa mai mancare le sue maschere nei salotti televisivi, solo così può promuovere l’interesse nell’opinione pubblica per il contorsionismo verbale di personaggi che altrimenti sarebbero buoni solo per l’autopsia.

Poi si va a votare e di volta in volta si mette la croce sul simbolo che corrisponde a un leader di un battaglione di coglioni, iene e sciacalli che ha scelto come complici. È in tal modo che abdichiamo non alla sovranità, inesistente, ma al senso di dignità e pudore. Crediamo o almeno speriamo con il nostro miserabile voto di poter riempire un vuoto che invece non si può colmare.

L’unica buona notizia arriva dalla Basilicata, la percentuale dei votanti è meno della metà degli aventi diritto. Non illudiamoci, alle politiche i boss locali e la propaganda nazionale li riporteranno in massa alle urne.

Perché le scimmie non producono plusvalore


A chi piace la scienza e la storia dell'evoluzione umana segnalo un bel sito e un articolo (qui) che tratta di un argomento del quale ebbe già ad occuparsi un certo Charles Darwin in un suo libretto, che pochi hanno letto, dal titolo L’origine dell’uomo (1871); dello stesso argomento si occupò anche un altro autore, di cui non rammento il nome, scrivendo un articoletto, che quasi nessuno ha letto, dal titolo La parte avuta dal lavoro nel processo di umanizzazione della scimmia (1876).

Tra l’altro proprio rileggendo quest’ultimo ho trovato un passo curioso e che ben s’adatta alle nostre periodiche sciagure:

«Non aduliamoci troppo tuttavia per la nostra vittoria umana sulla natura. La natura si vendica di ogni nostra vittoria. […] Gli italiani della regione alpina, nell'utilizzare sul versante sud gli abeti così gelosamente protetti al versante nord non presentivano affatto che, così facendo, scavavano la fossa all'industria pastorizia sul loro territorio; e ancor meno immaginavano di sottrarre, in questo modo, alle loro sorgenti alpine per la maggior parte dell'anno quell'acqua che tanto più impetuosamente quindi si sarebbe precipitata in torrenti al piano durante l'epoca delle piogge».

martedì 19 novembre 2013

Fortuna che i lese la gazeta e i sa tuto de Baloteli quei là


Nel corso della trasmissione televisiva Il tempo e la storia, condotta da Concita De Gregorio con la presenza in studio del professor Tullio De Mauro, è stato chiesto a degli alunni di un liceo quale libro stessero leggendo attualmente: panoramica della telecamera sui ragazzi e ... mutismo assoluto. Allora viene chiesto da De Mauro se , caso mai, visto che non leggono un cazzo, stanno leggendo dei fumetti: manco quelli erotici, roba d'altri tempi!

Dopo qualche imbarazzo, viene chiesto ai giovani virgulti se leggono dei giornali. Domanda appropriata a cui segue risposta affermativa. In studio si torna a respirare normalmente, evitata in corner figura di palta (pensano e sorridono). Ebbene sì, alcuni di loro leggono la Gazzetta dello sport.

A forza di insistere, viene fuori che una ragazza starebbe leggendo anche Il ritratto di Dorian Gray. Evviva, seguono commenti di viva e commossa soddisfazione.


lunedì 18 novembre 2013

Anche il sor Renzino promette milionate di posti di lavoro


Scrivevo in questo post:

Affermando che l’uomo non è il risultato dalla suo sviluppo storico, ma il prodotto della sua essenza biologica, si possono poi spiegare le contraddizioni di una società irrazionale e sperequata, dal lato oggettivo, ed ingiusta, dal lato morale, come effetto della natura propria ed intrinseca dell’uomo. Su tale presupposto, le crisi diventano "disarmonie" nel libero gioco delle forze di mercato, la miseria e le grandi ricchezze si giustificano con l’essere l’uomo naturalmente competitivo e il suo essere biologicamente egoista. Del resto, ci fanno credere, è sempre stato così. Perciò non ci resta che assoggettarci di buon grado alle sorti magnifiche e progressive di un’organizzazione sociale che, pur “imperfetta” a causa delle “umane debolezze”, è la migliore possibile.

Riprendo qui il filo su questo tema che appare così scontato ad alcuni e che invece non è poi tanto pacifico. Intuitivamente il senso comune comprende che il mondo sta cambiando molto velocemente, anche perché tali mutamenti avvengono sotto i nostri occhi e soprattutto ci coinvolgono in prima persona non solo nei nostri modi e stili di vita ma nei nostri interessi più essenziali. Come per esempio quando si perde il lavoro e non c’è possibilità di trovarne un altro, oppure, per un giovane, quando è costretto ad accettare condizioni di sfruttamento che solo vent’anni fa erano considerate abnormi e fuori dalle regole.

domenica 17 novembre 2013

Cenni sull'antagonismo tra città e campagna


L’organizzazione sociale urbana nasce con la stanzialità dei popoli, con l’aumento della popolazione e l’insediamento di una parte di essa in confini delimitati, dapprima in villaggi e poi via via in centri più estesi e socialmente articolati, di norma presso un corso d'acqua, a contatto con zone agricole o come porto commerciale o snodo di transito. Altro presupposto necessario per lo stabilirsi di comunità urbane complesse è un livello di sviluppo adeguato della produzione materiale, anzitutto con la separazione delle attività industriali da quelle agricole, ossia con la comparsa della prima generale divisione sociale del lavoro e della proprietà privata quale condizione dello scambio privato e dunque del rapporto tra differenti sfere di produzione.

Non si tratta qui di stabilire rapporti e influenze unilaterali bensì di dar conto di un processo storico per sua natura di tipo dialettico; pertanto così come la prima generale divisione sociale del lavoro e la comparsa della proprietà privata e dello scambio sono condizioni della formazione delle città, a sua volta a fondamento di ogni divisione del lavoro sviluppata e mediata attraverso lo scambio di merci sta la separazione di città e campagna, tanto che l’intera storia economica della società si può riassumere nel movimento di tale antagonismo.

venerdì 15 novembre 2013

Servizietti


I frutti non cadono mai troppo lontano dal loro albero. Allo stesso modo i “professori” non si spingono con le loro critiche oltre il recinto del consentito. Al massimo arrivano a dire che i capitali sono “liberi di andare e venire dove vogliono”, ossia di sfruttare i vantaggi degli squilibri globali, in altri termini di alludere al fatto che i trattati internazionali sul libero commercio hanno lo scopo fondamentale di imporre la divisione internazionale del lavoro più favorevole ai capitali più forti. Ma già detto così si rischia di passare per ciò che non si è, perciò meglio essere cauti con le parole, sia mai scappi la parolina indecente: “imperialismo”.

Dunque? Nulla.

giovedì 14 novembre 2013

Della schiavitù


Nel post precedente ho scritto di come lo sviluppo delle attività commerciali rappresenti il presupposto essenziale che accompagna le grandi trasformazioni dei modi di produzione, ma di per sé non è la causa di tali cambiamenti. Tanto è vero, dicevo esemplificando, che lo sviluppo straordinario del commercio nella Roma antica non ha avuto effetti significativi sulla struttura produttiva dominante improntata allo schiavismo. Del resto, detto en passant, la differenza tra lo sfruttamento del lavoro schiavistico, servile o di quello salariato, riguarda essenzialmente le forme, ossia l’aspetto giuridico, dello sfruttamento stesso, e su di esse il commercio ha solo un rilievo indiretto.

Ciò vale a dire che i grandi cambiamenti epocali, il passaggio da un modo di produzione ad un altro, oltre che dallo sviluppo del capitale commerciale, sono determinati ancora da altre circostanze. La nascita della stessa schiavitù come forma dominante dello sfruttamento del lavoro ha a che fare sia con la trasformazione della struttura produttiva e sia con lo sviluppo del commercio, non ultimo quello degli schiavi stessi (mutate le forme, è quello che succede anche nella modernità con la legislazione del lavoro, ossia con la formalizzazione contrattuale dei rapporti di sfruttamento e tutto ciò che gli corre dietro!).

mercoledì 13 novembre 2013

Del commercio


Così come lo scopo fondamentale del capitalista – frega niente se individuale o collettivo – è la produzione del plusvalore e non quella delle merci (mezzo cui raggiungere lo scopo stesso), il commerciante vende e acquista indipendentemente dai suoi bisogni di consumo di quelle stesse merci. Che egli scambi ossidiana di Melo o cuscinetti a sfera di Heidelberg, egli assicura lo scambio delle merci e il suo patrimonio esiste sempre sotto la forma di patrimonio monetario e il suo denaro funziona sempre come capitale.

La sua attività è l’accrescimento del valore di scambio, in altri termini il motivo propulsore e il suo scopo è quello di trasformare denaro in più denaro. Più è arcaica la figura e la funzione del commerciante nello scambio dei mezzi di sussistenza, più appare determinante la sua funzione, ossia quella del suo denaro, come capitale; ecco dunque perché storicamente è il capitale commerciale ad apparire come capitale per eccellenza, anziché il capitale investito nei rami produttivi.

martedì 12 novembre 2013

Il caso esemplare dell'Italia


Fu inevitabile, nel 1944 a Bretton Woods, prendere certe decisioni e non altre in materia monetaria e finanziaria. Inevitabile data la posizione di classe, dunque dati gli interessi in gioco dei partecipanti alla conferenza, rappresentanti le rispettive borghesie di 44 paesi. Fu sancito di eleggere il dollaro a moneta leader degli scambi internazionali agganciando ad esso tutte le altre monete nazionali. Il dollaro venne a rappresentare, come segno del valore, il suo rapporto con l’oro (35 dollari per un’oncia), con il quale era convertibile. In questo modo si pensava di aver stabilizzato il mercato dei cambi dopo la corsa alle svalutazioni competitive e la crisi degli anni Trenta, la quale riproponeva in forma esasperata i problemi di quelle precedenti.

Il cancro? Anzitutto una questione di ore di lavoro perse


A Varsavia è in corso il 19° vertice Onu sul clima. A cosa serva non so, di sicuro non potranno arrestare l’emissione delle sostanze che favoriscono il cosiddetto effetto serra, né gli effetti che ciò provoca sul cambiamento climatico in corso, ossia quelle modificazioni che ormai avvertiamo tutti distintamente.

Diecimila morti nelle Filippine a causa di un tifone (da quelle parti si chiamano così) di violenza straordinaria. Ma poco c’importa, sempre alle prese, come siamo, con i problemi dell’ominide della provvidenza.

Secondo lo IARC (International Agency for Research on Cancer) l’inquinamento dell’aria ha effetti sicuramente cancerogeni. Respiriamo, quando va bene, 400 parti su un milione di CO2, che non dev’essere una buona cosa, tanto è vero che la prima causa di tumore, di gran lunga, è quella al polmone. L’inquinamento atmosferico è la prima causa ambientale di morte in Europa, dieci volte di più degli incidenti stradali.

domenica 10 novembre 2013

Loro il motore, noi il ruotino di scorta


Se n’è accorto anche Eugenio Scalfari:

«… è arrivato il momento di costruire l'Europa. Non c'è niente da buttar via ma molto da costruire cambiando. Ci vuole un motore che inneschi costruzione e cambiamento procedendo nel rispetto della libertà, della giustizia sociale, della fraternità e della partecipazione. La Germania dovrebbe essere quel motore. Occorre che se ne convinca perché ormai il momento della scelta è arrivato.» 

Troppo incantevole speranza.

sabato 9 novembre 2013

Hanno sottostimato la nostra resistenza


Il mondo antico aveva perso ogni fiducia nel suo destino e si consegnò alle dottrine semplici e chiare dell’oriente, soprattutto il mitraismo e il cristianesimo, tra loro concorrenti. Anche il nostro mondo ha perso ogni fiducia sul proprio destino e le ingenue certezze delle religioni non rassicurano più, funziona molto meglio la fabbrica delle illusioni spettacolari.

Dov’è finita la delicata genuinità del sentimento umano che chi non è più giovane ricorda ancora? È stata sopraffatta da un mondo umanizzato a metà, soddisfatto dei più gagliardi e vani godimenti avvolti in confezioni di pseudo prestigio. La nostra libertà, tanto reclamizzata, la nostra cultura, tanto celebrata, in realtà sono dei surrogati del totalitarismo che chiamano mercato.

Predomina il culto del subrazionale, l’esibito atteggiamento nichilista, la rarefazione del ragionamento (cazzo vuoi ragionare su twitter e altri bassifondi della stupidità?), insomma rapporti tra extraterrestri. L’ultima virtù riconosciuta, anzi ininterrottamente solleticata, è quella di consumare, soddisfare la libidine di novità, a patto di subordinarci a tutto il resto, cioè di pagarne il prezzo.

giovedì 7 novembre 2013

Perché la storia dovrebbe fare un’eccezione?


Del primo impero mediterraneo, la talassocrazia cretese, già nel V secolo dell’evo classico restava solo un flebile ricordo in Tucidide e negli ateniesi per un tributo sacrificale imposto dall’isola alla loro città, consistente nella famosa storiella della consegna di una fanciulla a Minosse. Quanto all’Egitto delle antiche dinastie restano una sfinge monumentale e alcune piramidi, ma soprattutto resta intatta la miseria di un popolo.

Nulla di più caduco di un regno o di un impero, fosse pure quello del Nilo, oppure romano, cinese, azteco, moghul, khmer, iberico od ottomano. Di quei regni ed imperi restano solo rovine, vestigia minacciate dal business del turismo e del restauro filologico.

mercoledì 6 novembre 2013

Che stazza di governo


Sul sito del governo c’è notizia che finalmente il decreto Clini-Passera – firmato durante il governo Monti e che pone alcuni vincoli e prescrizioni atti a limitare gradualmente il passaggio delle grandi navi nel canale della Giudecca e nel Bacino di San Marco – diventa operativo con le decisioni prese ieri a Palazzo Chigi durante la riunione presieduta da Letta e le parti interessate.

Si tratta di una presa per il culo, grandissima quanto una nave che stazza dalle 40.000 alle 96.000 tonnellate. Tale è infatti il limite massimo per il passaggio delle grandi navi nel canale della Giudecca e nel Bacino di San Marco, a partire dal primo novembre 2014. In dettaglio:

dal 1° gennaio 2014 dovrà essere ridotto fino al 20% (rispetto al 2012) il numero delle navi da crociera di stazza superiore alle 40.000 tonnellate abilitate a transitare per il Canale della Giudecca;
dal 1º novembre 2014 dovrà essere definitivamente precluso il transito delle navi crocieristiche superiori a 96.000 tonnellate di stazza lorda.

"L'inavvedutezza di Marx"


Scrivevo ieri: “la proliferazione del consumabile non ha un limite fisiologico, non nella cosiddetta propensione ai consumi e allo spreco come credono taluni, ma un limite nella natura stessa del capitale”.  E ciò vale per ogni altro aspetto del capitalismo, ossia il vero limite della produzione capitalistica è il capitale stesso, un limite che ha nulla a vedere con la produzione della ricchezza in quanto tale. Questo particolare limite – scrive Marx – testimonia del carattere ristretto, semplicemente storico, transitorio, del modo di produzione capitalistico; prova che esso non costituisce affatto l’unico modo di produzione in grado di generare ricchezza, ma, al contrario, arrivato ad un certo punto entra in conflitto con il suo stesso ulteriore sviluppo.

Naturalmente Marx non si limita ad enunciazioni di principio come un qualunque filosofo,  come scienziato scopre ed enuncia “la legge in quanto tale”, una legge naturale indipendente dai produttori e che sfugge sempre di più al loro controllo. Tutto nero su bianco, da ben oltre un secolo. Nessuno ha confutato scientificamente tale legge, laddove si è cimentato anche quel confuso di Croce Benedetto, con risultati comici, come già rilevava Plenchanov e poi Gramsci [*].


Non è solo colpa dei crucchi



Anche Romano Prodi ha scoperto, “e da un anno lo va ripetendo”, che “il vero problema oggi è la deflazione”. Poi: "L'opinione pubblica tedesca è convinta che qualsiasi stimolo economico a favore dell'economia europea sia un aiuto ingiustificato a favore degli inetti del sud”.

Prodi parla degli effetti, ma le cause della recessione non sono nella “deflazione” e nelle politiche di “austerità”, le quali aggravano la situazione di crisi (rapporto debito/Pil 119,3% nel 2010, 120,8% nel 2011, 127% nel 2012, 132,3% nel 2013), ma hanno poco a che vedere con le contraddizioni reali dello squilibrio.

martedì 5 novembre 2013

Azzardo una previsione


La questione lavoro è sempre lì, e si aggrava. Non c’è ripresa (quale?) che tenga, c’è sempre meno bisogno di lavoro, anche di quello meno qualificato, per non dire poi che il lavoro ha perso qualunque senso sociale, spesso trasformato in una disoccupazione attiva, in precariato a vita, nella disaffezione e nello smarrimento generale.

La proliferazione del consumabile non ha un limite fisiologico, non nella cosiddetta propensione ai consumi e allo spreco come credono taluni. Ha un limite nella natura stessa del capitale. E tuttavia questo è solo un aspetto della crisi italiana, sulla quale gravano altre condizioni e minacce.

Il governo vuole far saltare 190mila precari del settore pubblico, àmbito che però in genere non produce ricchezza, mentre il privato non assorbe e anzi chiude o fugge verso margini di profitto migliori, con meno tasse e burocrazia. Questa situazione, come tutti sanno, provoca caduta della domanda e un circolo vizioso che produce recessione.

lunedì 4 novembre 2013

Del più e del peggio



Buone notizie. A Bari i commercianti non vogliono più pagare il pizzo e a Napoli le pizzerie si organizzano per finanziare progetti volti a contrastare il fenomeno delle baby gang e la violenza nel centro antico. Barzellette. Per il resto a Venezia c’è il racket dei cinesi e dei russi, e per quanto riguarda la pulizia delle calli la città lagunare assomiglia sempre più a Roma. La Capitale è il solito orinatoio a cielo aperto. Non dovrebbe essere difficile capire che non basta la semplice acqua per pulire le deiezioni di via Marsala o davanti al Pantheon e in molti altri luoghi. E che gli frega?

domenica 3 novembre 2013

Casi umani


Roma, 3 novembre 2011, via Gioberti, ore 11.


Recentemente il Vicario di Dio ci ha ricordato che i più grossi criminali non stanno in galera. Non ha fatto nomi, probabilmente a motivo che per primi avrebbe dovuto denunciare certi suoi conoscenti.


La ministra Cancellieri ha fatto bene a intervenire a favore del “caso umano” rappresentato dalla signora Ligresti. Gli avvocati delle centinaia e forse migliaia di “casi umani” rappresentati dai loro clienti, rinchiusi in carcere, dovrebbero perciò sbrigarsi a inviare idonea documentazione alla ministra Cancellieri consentendole così di esercitare un suo “diritto a intervenire” rapidamente di persona.