E anche quando emergessero le prove che fu Erostrato
a sparare a Jack Kennedy in quel 22 novembre 1963, che cosa cambierebbe? Il
fantasma di Jack fu poi ben adatto per alimentare il mito americano a chiusura
dell’età dell’oro, e anche in Italia la toponomastica dedicata a quest’eroe
delle scopate extraconiugali si spreca.
Non fu il primo presidente Usa ad essere assassinato,
com’è noto. Sicuramente dopo Lincoln fu sparato a James Abram Garfield (1881), e
poi toccò a William
McKinley (Gore
Vidal lo racconta in un suo romanzo/saggio). Poco nota è invece la vicenda di Huey Pierce Long, un personaggio il cui
nome, se fosse diventato presidente, lo conoscerebbero tutti molto bene.
A Jack naturalmente fu riservato un funerale
degno del presidente, molto meno degna fu l’inchiesta per il suo assassinio,
non tanto perché non rivelò traccia di un complotto, ma perché fin dall’inizio non
indagò a fondo sulla dinamica dell’omicidio di D.J. Tippitt e poi dello stesso
Oswald, e precluse la possibilità che a sparare non fosse stato solo uno
squilibrato armato con un moschetto italiano della prima guerra mondiale
modificato.
Poi fu la volta di Martin King e Robert Kennedy, quest’ultimo sicuro
vincitore delle presidenziali se vi fosse arrivato vivo, il quale aveva
condotto una campagna elettorale tutta improntata contro la guerra in Vietnam
(la qual cosa non significa che vi avrebbe poi messo fine). La cognata glielo
aveva detto: Bob, farai la fine di tuo fratello. L’omicidio politico è una
costante della storia degli Usa, solo che tendiamo a dimenticarcene, così per
le stragi, come a Pearl Harbor o, appunto, in Indocina.
Quest’ultima guerra, che non sarebbe stata
l’ultima, invece, proseguì. A ferragosto del 1969 ci sarebbe stato Woodstock,
il grande raduno giovanile dove i figli della piccola e media borghesia
americana chiedevano di essere lasciati in santa pace nei loro sacchi a pelo,
di non partire per la guerra, di poter ascoltare musica, di fumare spinelli e
sognare, di bere lattine di birra e di coca. Ad ogni buon conto i figli della
grande borghesia, come Bush Jr. per esempio, non correvano nessun rischio se
non andavano a cercarselo.
Non saranno le marce di questi giovani a mettere
fine al conflitto, come qualcuno vorrebbe far credere. Né il rilievo dato dai
media a quella sciagurata guerra. Saranno gli impresentabili e vituperati Nixon
e Kissinger a porvi fine, ma soprattutto la resistenza, la tenacia e il
sacrificio del popolo vietnamita.
Gli Stati Uniti hanno creduto di aver in pugno la
Storia e di renderla conforme ai loro interessi per sempre, a qualunque costo. Ed
è ciò che dovrebbe ancora spaventarci. O no?
"Gli Stati Uniti hanno creduto di aver in pugno la Storia e di renderla conforme ai loro interessi per sempre, a qualunque costo."
RispondiEliminae in effetti, è andata proprio così, almeno a tutt'oggi. Domani chissà, Chinaglia potrebbe passare al Frosinone, peresempio...?
Avevo completamente scotomizzato la ricorrenza, quest’oggi, dei cinquanta anni dall’attentato a John Fitzgerald Kennedy, per cui vorrei proprio ringraziarLa per averla ricordata a tutti noi.
RispondiEliminaMi concederò appena possibile il piacere di aggiungere alcune ulteriori considerazioni a quanto da Lei già esposto con competenza e passione.
filippo
Tutti gli Imperi "hanno creduto di aver in pugno la Storia e di renderla conforme ai loro interessi per sempre, a qualunque costo."
RispondiEliminaE poi,dopo una serie di guerre rovinose(stavolta nucleare permettendo),fatte dai poveri che vanno a combattere e morire per i capricci, le ricchezze e il superfluo di altri(Plutarco),nasce un altro Impero.