venerdì 3 marzo 2023

Il malefico incantesimo

 

«Ho 58 anni. La prima volta in cui mi sono sentito vecchio è stato a 23. Da allora non ho più smesso».

Che avrebbe detto quel giovane studente che si sentiva vecchio a 23 anni se il suo caso non fosse stato così fortunato, se invece avesse avuto la necessità di guadagnarsi la vita ogni giorno in un reparto di verniciatura per otto ore, oppure in rapporto dialettico con una smerigliatrice, ma anche solo mungendo delle vacche alle cinque del mattino?

«[...] la vecchiaia è una faccenda da vecchi, interessa soprattutto chi è ormai avanti negli anni. [...] Come si diventa vecchi oggi? Quale seppia spargerà oggi il proprio inchiostro?».

Questo cruciverba filosofico da Residenza Sanitaria Assistenziale lo potete trovare stampato e venduto da Einaudi.

Poi, ancora: «Talvolta in treno apro lo zaino, estraggo il vecchio computer portatile dalla sua custodia e lo appoggio sul tavolino di fronte. L’aggeggio di alluminio argentato si accende, si collega al mio telefono ed io sono pronto per ciò che mi ero proposto di fare. Ogni tanto, a questo punto, sollevo lo sguardo sui miei compagni di viaggio, uomini e donne a me sconosciuti che hanno seguito con la coda dell’occhio tutta l’operazione: ciò che mi sembra di scorgere nei loro sguardi è una circospetta perplessità. La faccia che forse farei io se, d’improvviso, si materializzasse davanti a me un’impiegata degli anni Cinquanta con la sua gonna plissettata, gli occhiali da vista a virgola e un’enorme telescrivente. Esistono molte maniere differenti per far sentire vecchi i vecchi: gli sguardi degli sconosciuti sono una di quelle».

Ma quale cazzo di “circospetta perplessità”, ma quale minchia di “un’impiegata degli anni Cinquanta”? Accendere un portatile, smanettare su uno smartphone è la cosa più normale del mondo oggi, anche in treno. Da dove viene questo giovanotto che scrive robe del genere, ma chi gliele pubblica?

E avanti con lo stesso passo: «Forse è per questo che ora, verso i miei sessant’anni, dentro l’atrio enorme della stazione di Firenze, in un giugno afosissimo, immagino il mio zaino in spalla come “un problema”, esattamente come immagino sia un problema, per me e per tutti, la mia nuova vecchiaia digitale».

Mi creda, Massimo Mantellini, la gente comune ha altri problemi che non la “nuova vecchiaia digitale”. Per esempio quello molto più prosaico di arrivare alla fine del mese, di trovare un lavoro non precario e pagato decentemente, eccetera. Pensi che i governi le provano tutte per abolire la vecchiaia, quella vera, non la “nuova e digitale”. Dal lato delle pensioni e da quello delle cure e dell’assistenza sanitaria. È in gioco il futuro del Paese, ci dicono col solito discorso: le persone dovranno lavorare più a lungo se vogliono vivere più a lungo.

Oggi tutto è matematico. La nostra vita è giudicata con la statistica. La nostra esistenza, che credevamo fatta di emozioni, sentimenti e pensieri, in realtà è solo un insieme di percentuali e curve. Possiamo effettivamente ridurre tutto a questo tipo di calcoli, vedere tutto attraverso i numeri. La durata di vita di un capello, il numero di spermatozoi ad ogni eiaculazione, il numero di figli deposti da una donna, la lunghezza dell’intestino tenue, la quantità di merda che produciamo in una vita. Dopo millenni di evoluzione, l’essere umano è giunto alla fase finale di questo lungo processo: discendente dallordine scimmiesco, poi costruttore di piramidi e cattedrali gotiche, infine l’uomo si è trasformato in numeri e percentuali.

Sentite questa: «[...] con le tecnologie digitali [...] noi potremo ora acquistare pressoché qualsiasi bene nel preciso istante in cui ce ne verrà voglia; ma [...] ciò non accadrà troppo fra gli anziani. Un vallo insuperabile di complicate tecnologie di protezione li separerà fisicamente dal proprio denaro; quei soldi saranno ancora nella loro disponibilità, ma non saranno utilizzabili per via della tecnologia».

La vedo dura con la media delle pensioni sotto i mille euro acquistare pressoché qualsiasi bene nel preciso istante in cui ce ne verrà voglia. Quei soldi non saranno ancora nella loro disponibilità perché non lo sono mai stati. Quanto al resto, sappiamo che i fanatici delle nuove tecnologie sono solo i burattini del malefico incantesimo che si sta attuando.

Massimo Mantellini, lei che ha superato il virus ed è ancora lontano dalla vecchiaia, segua il mio suggerimento: la prossima volta che le succede d’incontrare una seppia in treno, eviti Ginzburg, Proust, Calvino, Cioran, Canetti, Pavese e tutta la compagnia di giro evocata pedissequamente per coprire il vuoto d’idee (lei rischia d’invecchiare senza aver trovato i libri che avrebbe potuto amare veramente). Lasci perdere la nuova vecchiaia cibernetica, si concentri sulle politiche pubbliche per gli anziani, la loro esclusione nelle nostre società, dunque sulla loro condizione sociale reale.

Se proprio vuol fare poesia indagando il soggettivo, interroghi i vecchi sulla noia, i dolori patiti nella vita, la sofferenza, il desiderio di farla finita. Se riuscisse ad evitare citazioni paludate, di volteggiare tra i generi e di fare il ventriloquo di Proust, il suo prossimo libro scritto tra i binari potrebbe acquistare qualche interesse.

9 commenti:

  1. Olympe, ti amo. Purtroppo soltanto digitalmente: ho ottantacinque anni, quattro mesi e tre giorni.

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  2. Grazie, mia Signora, per avermi consentito di conoscere anche questo ineffabile autore di cui la vendita dell'ultima fatica sembra godere di bonus pro cultura pagato dai contribuenti. Evviva. Da più vecchio anagraficamente e meno cifrario dell'ineffabile romagnolo, posso però dire che, per me, egli riflette magnificamente l'etimologia del termine "cifra" ossia "vuoto".
    Ma da dove pesca tutte queste cime?
    (Digitale: genere di pianta erbacea e arbustiva utilizzata in medicina e velenosa, a volte mortale, in dosi eccessive.)
    Morvan.

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  3. In questa sede si punta spesso Mantellini, il che potrebbe parere ingeneroso. Non è così, e lo posso testimoniare di persona. E' sufficiente andare da Mantellini e fargli notare in modo garbato alcune sue pecche, che subito ti banna. In particolare, non sopporta che gli si ricordi quando era stato scelto, da un Presidente del Consiglio che non nomino, come membro di una commissione contro l'odio in rete. Inizialmente, il Nostro si vantava di questo alto riconoscimento alla sua digitale autorevolezza. Ma più voci si levavano a ribattezzare quel collegio "commissione di censura" o addirittura "Santa Inquisizione Digitale". L'uso di questa e simili espressioni era sufficiente per venire bannati. Tanto che lo volli sperimentare aprendo una manciata di account di Twitter, che subirono, a raffica, la stessa sorte.
    La commissione governativa contro l'odio fece la fine che si meritava, ma Mantellini ha continuato a pontificare come autorità sociodigitale. Curiosamente, ha smesso di utilizzare il suo account di Twitter: ora naviga con account anonimi.

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    1. "E' sufficiente andare da Mantellini e fargli notare in modo garbato alcune sue pecche, che subito ti banna .."
      Mumble mumble, .. chi mi ricorda?

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  4. Una volta c'era un casertano che ti procurava nel giro di una settimana qualsiasi cosa potesse "cadere" giù da un TIR, videogiochi, dvd, ricambi per auto... e molto prima di amazon. Chissà che fine avrà fatto, separato dal suo denaro.
    Pietro

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  5. "Fargli notare in modo garbato alcune sue pecche". Lo immagino il modo garbato, fine ed educato.

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    1. Immagino che lei parli per esperienza personale. In effetti, a volte mi sono rivolto a lei un po' rudemente. Lei deve capire che la comunicazione, per essere efficace, va dosata in funzione della ricettività del destinatario.

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  6. Tempo fa, per esperienza personale ho avuto a che fare con un gruppo di troll che vivevano per la molestia, mi insozzavano la pagina quotidianamente perché trovavano divertente farlo. Purtroppo ho incontrato brutti ceffi, come potrebbe capitare a chiunque. Non auguro a lei certe antipatiche esperienze.

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