“I nostri avversari sono gli avversari dell’umanità. Non è vero che abbiano ragione dal loro punto di vista: il torto sta nel loro punto di vista. Forse è inevitabile che siano così, ma non è necessario che esistano. È comprensibile che si difendano, ma essi difendono preda e privilegi, e comprendere in questo caso non deve significare perdonare”.
Bertolt Brecht
In oltre tre decenni non vi è stato partito politico che non abbia rappresentato e condiviso, con accenti ideologici apparentemente diversi, la linea politica e socio-economica assegnate all’Italia dalla ricomposizione del capitale internazionale in chiave di ridefinizione neoliberista. Ciò che poteva resistervi è stato travolto da scandali, veri o solo presunti (basti pensare alla vicenda Lorenzo Necci), e dall’azione giudiziaria.
La gigantesca mistificazione europea altro non è stata e non è che il modello neoliberista basato sull’accentuazione individualista tendente alla massimizzazione dei profitti e ad uno strapotere dell’economia finanziaria.
Questa la linea economica generale di cui sia il centrosinistra e sia il centrodestra sono stati in alternanza gli imprescindibili pilastri politico-istituzionali, garanti degli interessi del grande capitale e di quelli dei ceti economicamente forti e garantiti (concessionari pubblici, ceti professionali, rentiers e speculatori di ogni calibro).
I decreti varati in successione dai governi Amato e Ciampi avevano lo scopo di semplificare le procedure societarie per agevolare le dismissioni e garantirne il successo, di modo che si è sostanzialmente trattato di un semplice trasferimento delle attività dal settore pubblico a quello privato, che ha permesso a Mediobanca, alle grandi famiglie padronali, alle banche e alle assicurazioni, ai grandi gruppi del capitalismo di accrescere il proprio potere nell’economia.
Il rimedio al debito pubblico ha animato tutta la prima fase del dibattito sulle privatizzazioni, supportando concretamente gli orientamenti governativi: ridurre l’onere statale derivante dalle inefficienze del settore industriale partecipato per alleggerire lo stock del debito in forte e progressivo aumento. Un esempio offre l’idea del risultato: nel 1994 il debito pubblico era di 1.771.108 miliardi di lire, le entrate previste per il triennio 1993-95 dalle operazioni di privatizzazione di 27.000 miliardi; i ricavi andavano dunque ad incidere sul debito pubblico per una percentuale irrisoria: l’1,5%.
In un post del 10 giugno 2010, dal titolo Il fascismo non marcia più in orbace, scrivevo: La ex sinistra di lotta e di governo ha sposato, fin che morte non li separi, i principi del neo liberismo fallito: tagli alla spesa sociale, cuneo fiscale a favore delle imprese e incrementi demenziali per quella militare. La sinistra vetero, invece, è ancora ferma allo statalismo cialtrone e inefficiente del secolo scorso e al programma “anche i ricchi piangono”. Poveri illusi.
[...] Tutto il peso della crisi è sulle spalle di chi lavora e ha meno, rilevando che non c’è nulla di democratico in questa politica economica. La classe dirigente sfrutta la crisi mondiale per arricchirsi sempre di più. Il fascismo non marcia più in orbace, ma con il passo felpato dei banchieri.
Il 21 febbraio del 2014, in un post dal titolo Il capitalismo delegato:
[...] le attività dei fondi pensione ammontano oggi a circa l’83% del Pil dei 13 maggiori mercati pensionistici, e assieme a quelle dei fondi comuni arrivano al 75% del Pil mondiale. In altri termini, decisivi pacchetti azionari e obbligazionari di corporation e società sono in mano agli investitori istituzionali. L’attività di questi fondi d’investimento e delle banche consiste nel creare denaro sottoforma di titoli, ossia creare denaro per mezzo del debito.
È questo il capitalismo oggi, e tutti i bei discorsi sulla sinistra e le fregnacce sulla “visione del futuro dell’Italia, alternativa a quella regressiva e protezionista della destra” non hanno senso alcuno, ma sono funzionali ad alimentare e rinnovare nuove illusioni.
Nel corso degli anni ho avuto modo di verificare fin troppe volte il pressoché totale disinteresse per le questioni economiche e finanziarie. L’ignoranza (anche mia, sia chiaro) verso queste questioni essenziali e dirimenti spiega da un lato l’interesse dei media a rendere la materia ostica e nebulosa, per gli addetti ai lavori (meglio cazzeggiare su Sanremo e i signori Ferragni), ma spiega anche perché questo disgraziato Paese ha e avrà sempre più ciò che si merita.
Bel post, ma per chi lo può capire ovviamente!
RispondiEliminaquesto vale per tutto, anche per le barzellette
EliminaNon sono d'accordo!
EliminaO. T: Dopo i ripetuti bombardamenti delle settimane scorse sulla Siria in ginocchio per il terremoto, oggi l’aviazione israeliana ha distrutto l’aeroporto di Aleppo su cui atterravano gli aerei che portavano soccorso alle popolazioni colpite.
RispondiEliminaDifficilmente nella storia recente si è assistito a episodi di vigliaccheria e disumanità di tale portata.
In questo caso però, trattandosi di alleati dell’occidente, non vedrete nessun ospite televisivo che recita il classico “so solo che c’è un aggressore e un aggredito”.
Pier Franco Devias
ormai lo schifo ci sovrasta, ci soffoca
EliminaPurtroppo, è così!
EliminaSaluti!