Che cos’è la neutralità? Quella svizzera, per esempio. Funziona solo se gli altri Paesi ci credono. La Svizzera è riuscita ad aggrapparsi alla neutralità per secoli e attraverso due guerre mondiali. È una posizione sostenuta dal 90 per cento dei suoi 8,7 milioni di cittadini, dunque un ideale nazionale. Hanno ospitato la Società delle Nazioni, poi le Nazioni Unite e la Croce Rossa ha sede a Ginevra, si considerano operatori di pace nel mondo.
Ora gli svizzeri hanno congelato solo 7,5 miliardi di franchi di beni russi. Questa è una piccola parte di ciò che secondo il ministero dell’economia svizzero è di circa una quarantina di miliardi di franchi di attività russe nel paese, ma si sospetta che il totale sia molto più alto.
Ovviamente a Washington non ci stanno. Anche perché lo stato alpino non produce solo orologi e cioccolato, ma armi (carri armati e soprattutto munizioni) che la Nato vuole inviare a Kiev. La legge svizzera vieta di inviare armi di inviarle alle parti in conflitto. Anche la Costituzione italiana lo vieta, ma da noi le leggi si possono tirare di qui e di là come un elastico.
Ma anche gli svizzeri hanno le loro contraddizioni: quella per esempio di essere uno Stato neutrale che esporta armi.
Washington e Bruxelles stanno spingendo perché la Svizzera cambi il suo concetto di neutralità, fino a chiederle, per ora sottobanco, di aderire alla Nato in vista della prossima guerra mondiale. All’uopo si stanno organizzando manifestazioni a Berna, seppure di poche decine di persone che sventolano la bandiera ucraina.
La terza guerra mondiale, ma questo è più difficile farlo entrare nella zucca di gente distratta da altre cose, non è più teorica. “Una nuova era di guerra per l’Europa” (a new era of war for Europe), scrive senza perifrasi Erika Solomon sul New York Times.
La felicità del quotidiano di Confindustria
Dunque non è più tempo di neutralità, come insegna anche la Svezia. E il NYT ha buon gioco nel ricordare che gli svizzeri fecero accordi con i nazisti nella seconda guerra mondiale. La macchina del ricatto e della propaganda funziona a meraviglia.
La stampa americana, e molto presto anche quella italiana, rinfacciano alle banche svizzere il “riciclaggio di denaro per la classe cleptocratica mondiale” (testuale!), e allo Stato elvetico di essere ancora “il più grande centro mondiale di ricchezza offshore”. Ciò include circa un quarto del totale globale, “senza dubbio al servizio di molti oligarchi russi alleati del presidente Vladimir V. Putin”.
Gli americani sono sconvolti, scrive sempre il NYT, l’intera UE è infastidita, e c’è persino “il risentimento che arriva anche dai russi”. E poi: “Dal Medioevo all’inizio dell’era moderna, i cantoni alpini allora impoveriti che compongono l’odierna Svizzera hanno affittato mercenari nelle guerre in tutta Europa. Molti costruirono armi adatte a quegli eserciti; la Guardia Svizzera del Vaticano è una reliquia di quell’epoca”.
tutto il mondo è paese. e lo rende bene l'italico proverbio; chiagne e futti.
RispondiEliminaDipende molto dal parere degli amici banchieri della City.......
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