lunedì 6 marzo 2023

Lupi, iene e ipocriti conigli

 

In prima pagina del Domenicale del Sole 24ore figura un articolo di Laura Leonelli, dal titolo: “Louvre, la cacciatrice dei quadri sospetti”. Sottotitolo: “La più autorevole esperta di spoliazioni artistiche subite dagli ebrei durante l’occupazione nazista della Francia è stata assunta dal museo per verificare le regolarità degli acquisti di opere tra il 1933 e il 1945”.

Leggo: «L’incontro con Emmanuelle Polack inizia così, sentendo la forza di questa donna luminosa e tenace che è entrata nella storia del grande museo francese, e della coscienza istituzionale che rappresenta, e ne ha cambiato in parte il corso».

A riguardo di opere d’arte rubate e di restituzioni delle stesse, la “coscienza istituzionale” delle autorità francesi non pare dimostrarsi altrettanto sensibile per quanto riguarda altri furti (o acquisti forzosi) di opere d’arte, di tesori che continuano a costituire parte cospicua del patrimonio artistico del Louvre e di altri musei francesi.

Leonelli scrive: «Emmanuelle trova nella biblioteca dei nonni una copia originale de La bête est morte di Edmond-François Calvo, un libro a fumetti del 1944 in cui i protagonisti della seconda guerra mondiale sono gli animali, i tedeschi lupi, gli americani bisonti, i russi gli orsi, gli italiani le iene».

Non c’è niente da fare, gli italiani ispirano una naturale simpatia ai francesi (non solo a loro, per la verità). Del resto dopo aver snobbato il contributo italiano nella prima guerra mondiale, nella seconda ci siamo avventati sul cadavere della Francia come iene. Dunque la similitudine non è arbitraria. Ciò che non dice Leonelli è a quale animale sono associati i francesi nel fumetto di Calvo: ai conigli.

Anche in tal caso l’accostamento è appropriato: dopo aver perso la guerra contro i tedeschi, il 10 luglio la maggioranza di Camera e Senato francesi votò per i pieni poteri a Pétain. I francesi collaborarono in massa, quasi senza eccezioni e attivamente, con i “lupi”, facendosi poi vanto di essere stati dalla parte dei bisonti (americani) e dei cani (inglesi) quando questi cacciarono i lupi dalla Francia.

I francesi in Italia, ma anche nel resto d’Europa e in Egitto, nel periodo napoleonico non si comportarono diversamente dei razziatori tedeschi nel secondo conflitto mondiale. La violenza intrinseca della costituzione stessa del Museo del Louvre parla da sola, non molto dissimile dal museo di Linz progettato da Hitler.

Dal 1797 al 1815 i francesi rubarono in Europa e specie in Italia migliaia di opere pittoriche, complessi scultorei, beni archeologici, archivistici e librari, collezioni glittiche, numismatiche, naturali, mineralogiche e botaniche. Secondo lo storico Paul Wescher, le spoliazioni francesi rappresentarono “il più grande spostamento di opere d’arte della storia”, provocarono anche diversi danni in quanto “è difficile stabilire con esattezza quante opere d’arte di valore unico andarono distrutte o disperse in quei giorni”.

Durante il famoso Congresso di Vienna, che non fu mai formalmente riunito (si tenne nelle sale da ballo e nei boudoirs), tale questione venne definita con deplorevole disparità di trattamento a tutto danno dell’Italia, dopo che prussiani, olandesi, spagnoli e altri avevano già proceduto manu militari alla rimozione dal Louvre e dalle Tuileries degli oggetti da loro rivendicati. Negli articoli LXXXV a CIV dell’Atto finale, relativi all’Italia, nulla fu disposto circa la restituzione dei tesori d’arte rubati, di modo che l’Italia subiva, anche sotto questo rispetto, danni assai più gravi di ogni altro paese.

È noto che fu merito del Canova, il quale agiva come mandatario del Papa, se una parte delle opere rubate armi in pugno dai francesi rientrarono in Italia. Si dice che ci fu disinteresse da parte degli Stati italiani nel rivendicare il maltolto. Potrebbe anche essere conoscendo il medioevo ci governa da secoli, e tuttavia la Francia non molla l’osso.

Sono pendenti ben tre leggi presso l’Assemblea legislativa francese riguardanti la modifica del codice del patrimonio francese, queste dovrebbero permettere l’accelerazione dei processi di restituzione, senza che ogni volta si renda necessario un atto del Parlamento. Oggi si stima che almeno 90.000 oggetti d’arte africana si trovino nelle collezioni francesi, di cui 70.000 al Quai Branly. 46.000 sono stati acquisiti durante il periodo coloniale, precisamente tra il 1885 e il 1960. Gli altri 20.000 oggetti d’arte sono distribuiti in altri musei.

Ma tali iniziative legislative non riguardano la restituzione delle opere rubate nel periodo napoleonico, perché nei trattati di pace, stipulati sotto la minaccia delle truppe d’occupazione napoleoniche, le opere rubate sono classificate come confische quale “indennizzo di guerra”.

La stessa classificazione del bottino potrebbero adottarla i lupi, che i conigli li hanno sconfitti più volte (1814-15, 1870 e 1940).

5 commenti:

  1. A dire il vero, queste diatribe riguardano i furti di opere del secondo millennio fra paesi europei. Le spoliazioni più pesanti sono state fatte ai danni dei paesi che ospitarono antiche civiltà: Grecia, Turchia, Egitto e Medio Oriente in generale. E senza bisogno di guerre: arrivava la missione archeologica, e portava via.

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    1. Ad Istanbul, il museo di arte orientale, il maggiore del vicino oriente (i sarcofagi di sindone meritano un viaggio), penso sia il museo meno visitato al mondo.

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    2. Il fatto che allora sia stato un bene non esclude che alcune di queste opere meriterebbero di tornare nella collocazione originale,
      Penso ai marmi del Partenone ma soprattutto alla Nike di Samothraki.

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