Ai nostri figli e nipoti dovremmo dire così: «Adesso vi racconto la storia dell’origine della seconda guerra mondiale così come dovrebbero documentarla nei libri di testo scolastici e insegnarla i vostri docenti, se solo fossero persone che si prendessero la briga di fare bene il loro lavoro. Salvo poi i genitori degli alunni che non gradirebbero, perché a loro volta sono stati indottrinati in un certo modo, per cui i tedeschi erano cattivi e i polacchi delle innocenti verginelle. Per tacere dei britannici, democratici per definizione».
Nei due post precedenti ho inteso fornire, per quanto mi è dato, un po’ di materiale per farsi un’idea meno stereotipata sull’origine del secondo conflitto mondiale. Si potrà dire che è roba ormai antica, che non vi è reale interesse e che comunque sono cose che si sanno. Hitler ha invaso la Polonia con sottofondo musicale di Wagner, per dirla alla Woody Allen. Eppure è materia di un’attualità tanto sorprendente. È dalla qualità dell’educazione e dell’istruzione che il giovane può formare un suo pensiero critico.
Gli specialisti della demolizione/omologazione hanno lavorato bene, oggi la maggior parte dei giovani ha perfettamente sviluppato un atteggiamento passivo, stereotipato e un’indotta idiosincrasia per il dubbio e la complessità, funzionale allo status quo e per far digerire qualunque porcheria. Al massimo è tollerata una critica laterale, ininfluente sui meccanismi essenziali della politica, dell’economia e del resto, sulle decisioni e le scelte che realmente contano.
Ieri cantavate al concertone del primo di maggio, oggi continuerete a morire stritolati dalle macchine e cadendo dalle impalcature. Il prossimo anno, stessa sceneggiata delle maschere istituzionali.
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La Germania, divisa dalla Prussia Orientale dopo la sconfitta del 1918, la rinascente Polonia, alla quale fu concessa una porzione di territorio già tedesco per uno sbocco sul Mar Baltico, quindi la questione di Danzica, formalmente dichiarata “città libera”, e la richiesta tedesca di un corridoio (autostrada e ferrovia in modo da consentire la libera circolazione di merci e persone tra i due territori senza subire controlli doganali o dazi di alcun genere da parte polacca), l’ostinato diniego di Varsavia, che punta tutto sul nuovo porto commerciale e militare di Gdynia (Gdingen), a 25 km da Danzica.
Questo quadro della situazione non ricorda in qualche modo, in sovrapposizione analogica, la questione del gasdotto Nord Stream2 e la vicenda dell’Ucraina?
Hitler nell’agosto del 1939 trova un accordo con Stalin e pensa di avere le mani libere, di poter costringere, invadendola, la recalcitrante Polonia, ma la sua illusione dura poco. Londra e Parigi firmano un patto di alleanza e assistenza con Varsavia. Berlino propone un accordo, una conferenza, una mediazione. Il tempo stringe. Va in scena la solita commedia: comunicazioni con Londra e Parigi che non funzionano, ambasciatori riluttanti a spostarsi, aerei messi a disposizione da Berlino, il solito imbecille ministro degli esteri Ribbentrop, eccetera.
Ciò che intende fare Londra non è chiaro, Parigi è a rimorchio. Hitler sposta la data dell’attacco dal 26 agosto al 27, poi chiede un incontro con un rappresentante del governo polacco, che non si presenta. L’ambasciatore polacco è a sua volta latitante. A Londra manca la volontà e la forza per piegare Varsavia alla trattativa, anche solo a un incontro con Goering.
Scriveva il 4 settembre l’ambasciatore a Belino, Attolico, che il contegno polacco si spiegava, oltreché con un orgoglio disgiunto da un qualunque «senso di proporzioni», anche col deliberato proposito di voler giocare la carta della guerra poiché la Polonia era sicura di poter contare sull’Inghilterra. Ogni tentativo di aprire una trattativa fallisce.
Il 1° settembre la Germania invade la Polonia. Londra e Parigi chiedono a Hitler di ritirare le truppe, ben sapendo che questi non può perdere la faccia. Dopo la dichiarazione di guerra alla Germania, non muoveranno un dito, garantendo così mano libera a Berlino (e qualche giorno dopo a Mosca) in Polonia; a rimetterci saranno dunque i polacchi, mentre il loro governo e l’élite economica polacca fuggono a Londra.
Tutto il resto è conseguenza: cinquanta milioni di morti, forse di più, l’Europa devastata, il mondo intero che progressivamente precipita in guerra. Certo, la responsabilità è di Hitler e della Germania che hanno aggredito la Polonia e poi ne hanno combinato di ogni. Tuttavia la storia è un po’ più complessa di come si vuol fare apparire: quella complessità di cui ci si vuole sbarazzare perché fastidiosa, ingombrante. Piacciono le cose semplici, comode a certi interessi, oltremodo fasulle.
Tutto ciò ripete un certo cliché, quello del 1914 e del 1939, in ciò che sta accadendo e può ancora succedere ai nostri giorni.
Questo post e il precedente sono per me oggetto di meditazione. Per combinazione, avevo approfondito in passato le circostanze dell'agosto/settembre 1939, e mi ero fatto un'idea. Tuttavia, non avevo ancora vissuto le circostanze dei primi mesi del 2022. Per dirla in termini spicci: prima, sarei morto per Danzica. Oggi non ho alcuna voglia di morire per Kiev, e mi viene, retroattivamente, da dubitare che fosse una buona soluzione morire per Danzica.
RispondiEliminaSe questo significa essere considerati filoHitler o filoPutin (ma anche filoStalin, eh, ragazzi?) me ne dispiace, nel senso che mi dispiace per i coglioni che lo pensano.
Per completare il mio ragionamento, aggiungo che c'è qualcosa su cui non ho cambiato opinione: le colpe di Chamberlain.
un'ora d'intervista a Lavrov e che cosa ne è venuto fuori? una frasetta, mal tradotta, mal interpretata, sicuramente infelice, nient'altro. questo è il livello del giornalismo occidentale.
Elimina"Certo, la responsabilità è di Hitler e della Germania che hanno aggredito la Polonia e poi ne hanno combinato di ogni"
RispondiEliminaPer fortuna che ha chiarito.....stavo per darle della filo-hitleriana :-D
AG
sono una ex Ss in rientro dall'Argentina
EliminaLa complessità è passata di moda. Un po' di sano manicheismo e via, passa la paura ....
RispondiEliminaVuoi mettere che fatica farsi domande, prendersi delle responsabilità, a volte crogiolarsi nei dubbi iperbolici, senza speranza di trovare risposte adeguate.
Come sempre, ma mai abbastanza, applausi per il tuo contributo a un'informazione per menti che provano a essere un minimo critiche, in mezzo al caos.