Ci sono voluti tre mesi per decidere finalmente sull’embargo al petrolio russo verso l’Europa. Intanto il gas russo continua a scorrere più copioso che mai passando anche attraverso l’Ucraina, la quale riceve la sua quota di royalty. Kiev ha minato il porto di Odessa per impedire lo sbarco dei russi; adesso leva alte grida perché i russi, affamatori del mondo, bloccano le sue esportazioni di grano attraverso il porto. È evidente che l’UE e Zelenskyj stanno giocando troppe parti in commedia.
La copertura mediatica dell’escalation della guerra in Ucraina è priva delle analisi necessarie per comprendere cosa è successo in passato, che cosa sta accadendo da febbraio ed è ferma allo stucchevole chiacchiericcio sul default della Russia e l’improbabile mediazione pacifista di alcuni dei leader politici (veri o solo presunti).
Tutto ciò è puerile e troppo unilaterale: la Russia fa la prepotente con i suoi vicini per la sua importante fornitura di gas naturale e gli Stati Uniti e l’Europa cercano di intervenire eroicamente per fermare questa prepotenza. Sugli interessi degli Stati Uniti e dei loro alleati europei in Ucraina o in Russia non si dice nulla o quasi.
Qual è l’importanza del controllo geopolitico ed economico dell’Ucraina, la volontà di rompere le reni alla Russia? L’imperialismo, vecchio e nuovo, non è solo una scelta politica delle varie potenze, ma una sfida inevitabile nella lotta per il controllo delle risorse chiave, delle vie di transito e dei mercati. Più si sviluppa il capitalismo e più diventa aspra la concorrenza, più febbrile procede la caccia alle materie prime in tutto il mondo, più disperata e rischiosa diventa la lotta per la supremazia.
Lo sviluppo delle forze produttive degli ultimi 50 anni fa sembrare l’economia capitalista della prima parte del secolo scorso solo come un’ombra della sua attuale dimensione e complessità. In buona sostanza si tratta di garantire, anche anticipando il futuro, che le merci e i mercati chiave rimangano nelle mani di un’alleanza di potenze guidate dagli Stati Uniti, e per quanto possibile di negare l’accesso a questi materiali agli avversari (o avere la capacità di negarne l’accesso in caso di guerra, come è successo nel secondo conflitto mondiale).
Esemplifico il caso della Cina: è vulnerabile in una guerra con gli Stati Uniti nelle forniture di petrolio, di cui importa circa il 60 per cento e ha una riserva strategica dichiarata di poche settimane. Essa dipende in gran parte dalla regione del Golfo Persico, dominata dagli Stati Uniti. Ecco che un’alleanza strategica con la Russia è per la Cina di primaria importanza anche sotto tale aspetto. Perciò, come vado ripetendo da mesi (da anni), mettere fuori gioco la Russia è fondamentale per gli USA in vista del conflitto con la Cina.
La Russia è il paese più vasto del mondo. Sebbene la sua economia sia relativamente minuscola rispetto alle potenze imperialiste, la sua massa continentale si estende su due continenti, con una dimensione totale di oltre 17 milioni di kmq. Poi, secondo l’Encyclopedia Britannica, vengono Canada (quasi 10 milioni kmq), Cina (9,6 milioni) e Stati Uniti (9,5 milioni). La sola Russia comprende l’11% dell’intera massa continentale del pianeta.
La Russia produce circa il 40 per cento del gas naturale dell’UE e quasi il 12 per cento del petrolio mondiale, è anche il secondo detentore di riserve di carbone al mondo, 175 miliardi di t.. La Russia è il terzo detentore di riserve di ferro, con 25 miliardi di t., la seconda più grande riserva d’oro (6.800 t.) ed è quasi alla pari per il quinto posto per l’argento, è anche il più grande produttore di diamanti, in media circa un terzo dei diamanti mondiali prodotti negli ultimi anni.
Grande e crescente importanza hanno i cosiddetti minerali critici, ossia una miriade di metalli e minerali sempre più vitali per la produzione globale la cui domanda dovrebbe esplodere nei prossimi due decenni. La Russia detiene una vasta gamma di minerali critici che gli Stati Uniti ritengono saranno cruciali per il potere economico e politico globale di questo secolo (l’elenco partendo da questo link).
Tra i cinquanta minerali critici citati nel registro governativo statunitense, quasi nessuno di essi è prodotto principalmente negli Stati Uniti. A causa di un misto di geologia ed economia, gli Stati Uniti provvedono per la maggior parte delle loro forniture solo per cinque dei cinquanta minerali nell’elenco, mentre 29 sono importati al 100% e 40 sono importati al 75% o più.
È, a tal fine, di grande interesse leggere l’Executive Order 13953 firmato nel 2020 da Trump, per comprendere la grave preoccupazione della classe dirigente americana a riguardo di quest’aspetto essenziale della contesa imperialistica. All’ordine esecutivo di Trump, il 24 febbraio scorso, Biden ha firmato l’Executive Order 14017 “sulle catene di approvvigionamento americane per rafforzare la resilienza delle catene di approvvigionamento statunitensi”.
Il 31 marzo 2022, Biden ha invocato il Defense Production Act, un ordine risalente alla guerra di Corea che in nome della difesa nazionale consente di controllare e dirigere gli investimenti privati per garantire forniture “affidabili” dei minerali strategici. Leggere questi documenti dovrebbe fornire un’idea di quali sono le preoccupazioni reali dell’establishment di Washington, non le chiacchiere di Zelenskyj o le improvvisate di Salvini.
Tutti sappiamo che i minerali critici sono necessari per questa esplosione dell’high-tech. In molti casi non sono note alternative a questi materiali e perciò una fornitura sicura e continua di materiali critici è di fondamentale importanza a cascata per tutte i settori economici.
Alcuni minerali, come l’alluminio o il platino, sono relativamente ben noti, altri, come il neodimio, una terra rara, o il rodio, un membro del gruppo del platino, sono poco noti e però sono sempre più vitali per l’economia globale. Ne ho già detto in un post del 10 febbraio scorso, così come nel dicembre 2021 avevo scritto dell’Artide, la cui importanza geostrategica sembra invece scoperta di questi ultimi giorni (en passant: il termine “Artico” è corretto e anche equivalente nell’uso comune, però meglio usare “Artide”).
L’Agenzia internazionale per l’energia, ha pubblicato un rapporto nel 2021, The Role ofCritical Minerals in Clean Energy Transitions, con stime della crescita futura della domanda per una serie di minerali, osservando che anche nello scenario di sviluppo sostenibile meno ambizioso, la domanda globale di litio aumenterà di 42 volte tra il 2020 e il 2040, quella di grafite si moltiplicherà per 25, del cobalto per 21, del nichel per 19 e le terre rare di sette.
Un ruolo non secondario, come ci ricordano vicende recenti e criticità non superate, ha la produzione dei semiconduttori. Si prevede che l’industria dei semiconduttori crescerà da 590 miliardi di dollari nel 2021 a oltre 1.000 nel 2030, con i semiconduttori automobilistici che triplicheranno da 50 a 150 miliardi. Il mercato dei veicoli elettronici (EV) e delle batterie è destinato a crescere da 185 miliardi di dollari del 2021 a 980 miliardi di dollari entro il 2028.
Il disallineamento tra le ambizioni di transizione verso le energie rinnovabili e la disponibilità di minerali critici che sono essenziali per realizzarle ha il potenziale di far precipitare le economie nello scompiglio e mettere a rischio il dominio statunitense e dei suoi alleati.
La preoccupazione di Washington non è semplicemente quella di non produrre e controllare queste risorse vitali, ma il fatto che è la Cina, il suo principale antagonista geostrategico a dominare l’estrazione e la lavorazione dei minerali critici. Al contrario, gli Stati Uniti non guidano né l’estrazione né la lavorazione di nessuno di questi importanti minerali. L’esempio ormai più noto sono le terre rare, un set di 17 minerali che viene lavorato quasi esclusivamente in Cina.
L’estrazione e la lavorazione di metalli e minerali sono tra le attività industriali più pericolose e inquinanti. Farlo a buon mercato significa sfruttare la forza-lavoro altrui, evitare pesante inquinamento e rifiuti tossici. La Cina è stata per diversi decenni la fabbrica dell’economia mondiale e segnatamente di quella occidentale.
Negli ultimi tre lustri, gli Stati Uniti hanno cambiato orientamento, vedendo sempre la Cina come una minaccia esistenziale alla propria egemonia globale. La creazione di catene di approvvigionamento concorrenti per questi materiali vitali è una parte fondamentale dello sforzo statunitense di “contenere”, cioè circondare e mettere in difficoltà la Cina.
Il resto del racconto sarà per un’altra occasione di cielo coperto e correnti d’aria artica.
Dopo la lettura di questo bel post, è lecito sottolineare, con le sue stesse parole dette in altro post che: "Il socialismo, nella prospettiva del comunismo, vagheggiato per secoli come un ideale, è diventato una necessità storica"?
RispondiEliminaDipende dal significato che si vuole dare a quei termini e molto di più dal processo storico reale, che però non obbedisce ai nostri desiderata ma si accompagna secondo necessità in un profluvio di casualità
Eliminahttps://transform-italia.it/la-natura-della-guerra-in-ucraina/
RispondiElimina«la rivolta contro il potere è necessa¬ria anche se non sappiamo come vincere».