Quello sopra è un buon esempio di stereotipo storico, che trova sempre il proprio fondamento nell’ignoranza e spesso anche nella malafede.
Hitler confidava che il patto Molotov-Ribbentrop mettesse la Germania al riparo dalla reazione della Francia e dell’Inghilterra. A suo avviso, supportato dalle assicurazioni di Ribbentrop, Francia e Inghilterra si sarebbero ben guardate dall’intervenire a favore della Polonia invasa dalle truppe germaniche. Dopo l’invasione e l’occupazione della Polonia, Hitler puntava a una trattativa, come già era avvenuto per la Cecoslovacchia.
Invece, contrariamente alle aspettative di Berlino, scattò l’ultimatum anglo-francese. Britannici e francesi, che si erano impegnati di sostenere Varsavia in caso di attacco tedesco, il 3 settembre dichiararono guerra alla Germania. Concretamente non mossero un dito (drôle de guerre), né dichiararono guerra all’Unione Sovietica quando, pochi giorni dopo, le sue truppe invasero da est la Polonia, spartendosela con i tedeschi secondo un protocollo segreto firmato in occasione del trattato di non aggressione fra il Reich Tedesco e l’Urss del precedente 23 agosto (sarebbe interessante dire anche sull’origine di tale Patto, ossia su quali motivazioni spinsero Stalin ad aderirvi).
Le truppe sovietiche occuparono grossomodo la porzione di territorio polacco che nel marzo 1918 la Russia rivoluzionaria, con gli accordi di Brest-Litovsk, si vide costretta a cedere alla Germania. In seguito, con la Linea Curzon, quei territori furono annessi alla nuova Polonia (entità non più sovrana da 150 d’anni). Nel 1921 la Polonia (tutt’altro che una democrazia) spostò la Linea Curzon di quasi 170 km a Est includendo Leopoli e Vilnius.
Come detto, Parigi e Londra si guardarono bene dal dichiarare guerra alla Russia per l’invasione della Polonia.
Causa diretta dell’invasione tedesca fu la mancata concessione, da parte polacca, del cosiddetto corridoio di Danzica alla Germania, ciò che le avrebbe permesso di collegare la Prussia occidentale con quella orientale mediante un’autostrada e una ferrovia, in modo da consentire la libera circolazione di merci e persone tra i due territori senza subire controlli doganali o dazi di alcun genere da parte polacca.
Dopo la prima guerra mondiale, la Prussia orientale era stata separata dalla Prussia occidentale dal corridoio di Danzica (o corridoio polacco). Questo corridoio era costituito da una striscia di territorio istituita col trattato di Versailles per dare alla ricostruita Polonia uno sbocco sul Mar Baltico. La piccola zona, con l’aggiunta dell’importante porto di Danzica, separava il corpo principale della Germania dalla regione della Prussia Orientale. Nel 1920, nella parte meridionale della Prussia Orientale (che non comprende Danzica, che aveva una netta maggioranza di popolazione tedesca), fu indetto un plebiscito (detto di Allenstein e Marienwerder) per decidere se passare alla Polonia o rimanere alla Germania. Oltre il 96% della popolazione scelse la Germania (*).
Insomma, la storia mainstream è un cumulo di bugie, semplificazioni, stereotipi di ogni tipo. Quando Hitler invase la Polonia non voleva la seconda guerra mondiale (fino all’attacco tedesco del maggio 1940, sul fronte terrestre occidentale non vi fu guerra). Il professor Orsini, stando alle sue esatte parole, ha perfettamente ragione nel sostenerlo.
Anche a riguardo della Finlandia, presentata in questi giorni come un modello da imitare, glorificata nel ricordo della Guerra d’Inverno del 1939 con l’Unione Sovietica che l’aveva invasa, prevalgono gli stereotipi.
La Finlandia non è mai esistita in tempi moderni come stato indipendente fino a quando il governo bolscevico nel 1917 le riconobbe il diritto all’autodeterminazione. Meno di tre mesi dopo, la borghesia finlandese utilizzò la sua indipendenza, basata su un rapporto di dipendenza e sottomissione al militarismo tedesco, per condurre una brutale guerra civile contro il proprio proletariato, con decine di migliaia persone, tra cui donne e bambini, massacrati o rinchiusi nei campi di concentramento.
Nessuno degli odierni fautori dell’adesione della Finlandia alla NATO si degna di menzionare la “guerra di continuazione”, quella tra il 1941 e il 1944, quando le divisioni finlandesi parteciparono alla guerra di annientamento della Germania nazista contro l’Unione Sovietica.
Al riguardo Wikipedia è apologetica: «In ogni guerra, l’esercito della Repubblica di Finlandia era guidato da Carl Gustaf Mannerheim, maresciallo di Finlandia». Il che è vero, ma Mannerheim, eroe nazionale finlandese, viene descritto solo a tinte chiare. Alcuni storici finlandesi si opposero apertamente alla mitologizzazione del maresciallo, disegnando nei loro scritti l’immagine di un importante personaggio politico che, alla fine della sua vita, cercò di oscurare una serie di spiacevoli episodi legati principalmente alla cooperazione militare con i tedeschi alla vigilia della guerra e nel 1941-‘44.
Non so se Mannerheim leggesse Kant, come altri oggi che strattonano per la giacca il povero Immanuel. Non ci stiamo avvedendo della rinascita dei fascismi nazionali in tutta Europa.
La continuità tra il terrore bianco finlandese del 1918 e la “guerra di continuazione” era personificata da questo ex generale dell’esercito zarista che guidò l’esercito finlandese. Dopo la fine della prima guerra mondiale, assunse la carica di reggente della Finlandia (dicembre 1918 - luglio 1919), allo stesso tempo fu comandante in capo dell’esercito. Divenne anche presidente della Finlandia tra il 1944 e il 1946.
Adolf Hitler con il maresciallo Mannerheim, comandante supremo delle forze armate finlandesi e Risto Heikki Ryti, presidente della Finlandia. Hitler visitò Mannerheim nel giorno del suo 75° compleanno, 4 giugno 1942.
Sia la Finlandia e sia la Svezia furono informate in anticipo dell’operazione Barbarossa, con ufficiali finlandesi che si recarono in Germania nel maggio 1941 per consultazioni in modo da poter coordinare i loro attacchi all’Unione Sovietica. Stoccolma concesse il passaggio in treno alle truppe tedesche da schierare dalla Norvegia alla Finlandia per sostenere l’offensiva finlandese, che avrebbe continuato a svolgere un ruolo chiave nell’assedio di Leningrado (800-900mila vittime civili).
La “neutralità” svedese durante la seconda guerra mondiale si basava sulla fornitura di minerale di ferro e altre materie prime alla macchina da guerra della Germania nazista. Dopo aver occupato la Norvegia e la Danimarca nella primavera del 1940, Hitler non vedeva alcun motivo per sprecare risorse militari per l’acquisizione della Svezia, che era tagliata fuori dalla possibilità di ricevere aiuti militari alleati e più che disposta a fare affari con il Terzo Reich.
I cordiali rapporti di Stoccolma con Berlino sono stati assistiti da un’affinità con l’ideologia fascista nei circoli dirigenti svedesi, un fatto sottolineato dal proseguimento delle politiche eugenetiche nel Paese, anche molto tempo dopo la seconda guerra mondiale.
Insomma, da un paio d’anni a questa parte stiamo assistendo a qualcosa di molto particolare. La strada era stata tracciata in occasione della psicosi pandemica, e ora viene buona anche per far transitare altre fobie. Un piano inclinato, scrivevo in questo blog nell’aprile 2013. Nemo profeta in patria, si sa.
(*) Danzica era stata formalmente dichiarata “città libera” sotto il controllo della Società delle Nazioni, per non subordinare la popolazione tedesca della città al governo diretto della Polonia, tuttavia era praticamente sotto controllo polacco. La Polonia dovette abbandonare Danzica il 6 marzo 1932 (fu governata da un commissario della SdN, ma di fatto dai tedeschi, mentre il territorio circostante era controllato dai polacchi) e le restò come porto Gdynia (Gdingen), a 25 km da Danzica.
La Polonia aveva in quegli anni fatto diventare Gdynia, a dispetto dei tedeschi e usando considerevoli investimenti stranieri, un grande porto, anche militare. Infatti, prima della guerra, Gdingen era stata una piccola frazione di pescatori con circa 1.000 abitanti. Con l’acquisizione polacca, Gdynia, vent’anni dopo, contava oltre 100.000 abitanti polacchi.
A causa della guerra doganale tra Polonia e Germania del 1925–1934, la Polonia era più focalizzata che mai sul commercio internazionale. Ad esempio, furono costruite nuove ferrovie per collegare la Slesia con la costa e nuove tariffe resero molto conveniente spedire le merci tramite i porti polacchi piuttosto che da quelli tedeschi. Gdynia divenne il più grande porto del Mar Baltico.
A ciò s’aggiungeva il controllo militare polacco del Westerplatte, una penisola situata alla foce della cosiddetta “Vistola Morta”, che divenne sede di una fortezza militare polacca.
Due anni di Covid ci hanno insegnato bene come si fa a bastonare chiunque esca fuori dalla narrazione dominante. In teoria lo ospiti in trasmissione, nella pratica lo martelli continuamente, costringendolo ad avere a che fare con due, tre persone che lo insultano e lo interrompono di continuo. E il giornalista che conduce lascia fare... E quando vede che gli altri non usano abbastanza manganello e olio di ricino, ci pensa lui. I meccanismi sono quelli, perfettamente messi a punto dai media. Riguardo ad Orsini nello specifico è uno che parla apertamente di propaganda della NATO. Una roba intollerabile. Quindi bisogna dargli una lezione esemplificativa.
RispondiEliminaA proposito di stereotipi storici. La guerra in Vietnam ha causato la morte di poco meno di 4 milioni di vietnamiti su una popolazione di 8 scarsi. Bene, cosa sappiamo noi del modo in cui i vientamiti hanno vissuto la guerra in quegli anni? Un cazzo. Siamo stati invasi di filmografia e libri sulle turbe mentali e le paranoie dei 58 soldati americani che ci hanno la sciato le penne. Gli altri sempre sullo sfondo a far da comparse e manichini. Una mia amica insegnante mi dice che alle scuole medie, i ragazzini (prima di sentirla spiegare) di default sanno che la guerra la vinsero gli americani. Perché , testuali, “loro vincono sempre”.
RispondiEliminaChiedo scusa a Olympe, anche dal punto di vista calcistico, ma non riesco a tacere.
RispondiEliminaOggi, 1° maggio, leggo sul Televideo che i morti sul lavoro sono 1300 ogni anno: più di tre al giorno.
Poi apro il Corriere della Sera online e il titolo di testa è: Juve-Venezia: tiro di Vlahovic respinto dalla difesa veneta, Live 1-0.
So bene che i morti precipitati dalle impalcature, bruciati vivi o asfissiati nelle cisterne non sono una notizia che interessa il grande pubblico. Ma non posso fare a meno di provare un senso di nausea e di sentire il bisogno di gridarlo qui. Dove sta la sinistra?
Braccobaldo
ahahaha che simpatico stronzo
EliminaDue cose: 1) il post merita i complimenti più vivi
RispondiElimina2) da tifoso (frustrato) del Venezia: spiacente di difendere il Corriere della Serva, ma l'attualità in un quotidiano, e massime un quotidiano online, fa premio sull'importanza.
Il commento qui sopra è mio
RispondiElimina1) grasie; 2) non avevo dubbi.
Eliminala risp. vale per i 2 commenti
Elimina(ho appena finito di compilare una scheda per l'Enea e mi escono dei vapori per le orecchie)
Andrebbw aggiunto per verità storica che i conservatori inglesi guidati sia da Chamberlain e Lord Halifax avevano come progetto politico dichiarato quello di spingere la Germania hitleriana contro la Russia. Vi è una immena mole di amteriale d'archivio che non viene mai evidenziata nei commenti anche da storici di accademia. A maggio del 1940 alla caduta di Chamberlain in parlamento vi furono consultazioni e strane trattative che portarono alla decisione di Churchill, apparentemente eroica, di continuare la guerra. E' possibile chein quel frangente siano inervenuti con accordi segreti gli USA.
RispondiEliminamolto bene. perciò nel post dico: sarebbe interessante dire anche sull’origine di tale Patto, ossia su quali motivazioni spinsero Stalin ad aderirvi
EliminaStalin dopo che gli inglesi lo usarono come drappo rosso in funzione anti tedesca decise di accettare le condizioni di Hitler che nei fatti lo liberavano dai ceppi del trattato di Versailles.
EliminaHanno già cancellato il sito dell'osservatorio? Apperò! Ma non era il regime di Putin a fare certe cose, mentre noi siamo il paradiso della libertà di espressione ? Credo che gli intellettuali siano liberi di inscatolare merda d'artista (metaforica e non) e poco altro.
RispondiElimina