Anche ieri sera, come mi capta sempre più di frequente, non ho resistito che per cinque minuti e poi il disgusto ha preso il sopravvento e ho spento il televisore (sugli altri canali scorreva l’ipocrita rievocazione del caso Falcone).
La putrefazione intellettuale e morale del giornalismo non è nemmeno più commentabile. Semplicemente si deve passare la mano, ossia spegnere e rileggere un buon libro, di quelli che si scrivevano, pubblicavano e traducevano una volta. Oggi, in generale, se si vuol leggere qualcosa di realmente interessante bisogna ricorrere a testi del passato o scriverselo da sé.
Il genere di obiezione che si sente rivolgere a chi cerca di pensare con la propria testa sui fatti che riguardano, in questo caso, la guerra in Ucraina e l’ignominiosa propaganda dei media occidentali ha in genere questo tono: “Nessuno in Russia vincerà alcun premio per un’indagine sui crimini di guerra commessi a Bucha o sulla distruzione di Mariupol”.
Basterebbe osservare che il premio assegnato a Julian Assange per la sua denuncia dei crimini di guerra statunitensi è stato l’implacabile persecuzione, la crudele prigionia in un buco infernale britannico e l’imminente estradizione negli Stati Uniti, dove passerà il resto della sua vita in carcere.
A proposito dell’ipocrisia della comunicazione pubblica e un suo efficace antidoto, suggerisco la (ri)lettura di un buon libro (che ebbi già modo di citare in questo blog), un famoso trattato sull’imperialismo scritto 120 anni fa da John Atkinson Hobson, ex insegnate, scrittore di problemi economici e sociali e giornalista d’avanguardia d’idee librali.
Tra l’altro, Hobson spiegò il ruolo essenziale svolto dall’ipocrisia, come forma di menzogna, nel giustificare i crimini mostruosi commessi nell’interesse delle élite dominanti degli imperi coloniali.
L’ipocrisia dei politici imperialisti, dei loro collaboratori e apologeti non è di carattere convenzionale, semplicemente personale. Si basa sulla menzogna sistematica circa la vera natura delle politiche imperialistiche, ed è così radicata da ingannare i suoi stessi propugnatori e patrocinatori.
«L’imperialismo – scrisse Hobson – si basa su una continua deformazione dei fatti e delle cose, principalmente attraverso un processo di selezione, esagerazione e attenuazione, diretto da cricche e persone interessate in modo da distorcere il volto della storia.
Il pericolo più grave dell’imperialismo risiede nello stato della mentalità di una nazione che si è abituata a questo inganno e che è diventata incapace di autocritica.
Perché questa è la condizione che Platone chiama “la menzogna nel fondo dell’anima”, una menzogna che non sa di essere una menzogna. Uno dei segni di questa condizione malata è un fatale autocompiacimento. Quando una nazione soccombe a ciò, essa rigetta facilmente e istintivamente ogni critica dalle altre nazioni come dovute all’invidia o astio, mentre ogni critica interna è attribuita al pregiudizio dell’antipatriottismo.
Ciò che controlla e dirige tutto il processo, come abbiamo visto, è la pressione delle cause economiche, che agiscono per gli interessi materiali diretti e di breve periodo di gruppi piccoli, abili e ben organizzati all’interno di una nazione» (Ediz. ISEDI, 1974, pp. 180-81).
Quanto al ruolo della stampa, si possono cogliere parecchie analogie riguardo i media di oggi nelle parole che Hobson vi dedicava sempre nel 1902:
«A parte la stampa finanziaria e la proprietà finanziaria della stampa in generale, è noto che la City esercita un’influenza sottile e durevole sui principali giornali di Londra, e attraverso questi sulla maggior parte della stampa provinciale; d’altra parte, il fatto che la stampa dipenda interamente per i suoi profitti dalle colonne di pubblicità, ha creato una riluttanza peculiare a opporsi ai gruppi finanziari organizzati che hanno il controllo di una parte molto grande di essa [...].
Questa è la rassegna delle forze economiche che vogliono l’imperialismo: un ampio gruppo di attività economiche e professionali in cerca di affari vantaggiosi e di occupazioni lucrose [...]. Il gioco di queste forze non appare apertamente. Esse sono essenzialmente parassiti del patriottismo e trovano protezione dietro la sua bandiera. In bocca ai loro rappresentanti vi sono nobili frasi che esprimono il desiderio di estendere l’area della civiltà, stabilire il buon governo, convertire alla cristianità, estirpare la schiavitù ed elevare le razze inferiori» (p. 55).
L’odierna ondata isterica anti-russa conferma l’osservazione di Hobson secondo cui coloro che ingannano gli altri sugli interessi che guidano l’imperialismo “sono stati prima obbligati a trarre in inganno se stessi”.
Mi piace constatare come un libro scritto 120 anni fa sia così attuale, i pennivendoli o pseudo-giornalisti che affollano i palinsesti delle tv non credo siano tutti "artefici" del sistema, ma essi stessi "vittime".
RispondiEliminaGrazie per il suggerimento letterario.
AG
Devo andare a ritrovare quel libro in qualche cassa in cui lo misi.
RispondiEliminaMa ripensando a ciò che scrivevi ieri, mi sembra ci troviamo in uno stato di crisi permanente e che ogni mezzo attuato per risolverla generi una crisi anche peggiore. La 'soluzione finale' della guerra mondiale termonucleare (Biden è passato al modo provocazione verso la Cina) è davvero la mossa della disperazione.
Pietro
estremamente interessanti le parole di Hobson. Io però, sospetto che "l'errore" o la mistificazione siano situati ad un livello ancora più profondo e siano insiti nella configurazione che ha assunto la civiltà occidentale dopo l'illuminismo. È proprio con l'illuminismo che si è radicato il mito dell'informazione. Bisognerebbe riflettere sul fatto che conoscenza e informazione sono due concetti non solo diversi ma pressoché antitetici. La conoscenza ha per oggetto ciò che è permanente, l'informazione ciò che è effimero, transeunte.
RispondiEliminaHanno inventato una nuova parola per una nuova virtù dell’essere umano, la “resilienza”.
RispondiEliminaPersonalmente provo per questo vocabolo la stessa ripugnante, vomitevole sensazione di come quando qualcuno tenta di darmi delle risposte attraverso ben argomentate menzogne.
La parola stessa, oggi, a mio avviso, è sinonimo di menzogna.
Eppur ci si deve adattare ai cambiamenti. Il mio adattamento, per quanto possibile è l’opposto, è l’anti-resilienza, dove trovo finalmente una ragione di esistenza, dove la conoscenza, al contrario di essere artefatta, è il frutto di relazioni contaminanti. Altro che punto e virgola…
Leggo che il contrario, l’inverso, l’opposto, sarebbe “fragilità”.
Già in tenera età oggi andrebbe debellata.
Sembra proprio che questo sistema non abbia più bisogno di “intervalli di lucidità”, oggi, la formazione, anche e sopratutto per scienziati e dottori, sembra essere quella che serve alla pura applicazione dei protocolli. Cominciando da loro, proseguendo sui “politici”, gli sputo in faccia e certamente, mi rifiuto di obbedire.
bonste
Grazie per aver ricordato quest'opera che, se non sbaglio, fu molto utile a V. I. Uljanov nell'elaborazione della sua teoria della parabola dell'imperialismo capitalista.
RispondiElimina(Peppe)
pur apprezzando il libro, dice che Hobson "condivide le teorie del socialriformismo borghese e del pacifismo". Il che era vero. Oggi queste posizioni sono ricoperte da persone molto scadenti, non paragonabili con il valore di autori come Hobson.
Eliminala bugia come "instrumentum regni"
RispondiEliminada sempre
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