Com’è potuto succedere che un diplomatico di lungo corso, considerato fino a epoca recente come un moderato, già ambasciatore della Russia presso l’ONU e per diverse volte presidente del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, se ne sia uscito con una frase così infelice, come quella sulle origini ebraiche di Hitler?
Di quasi un’ora d’intervista del ministro Sergej Viktorovič Lavrov, quasi un monologo, ciò che è rimbalzato sui media è quella frase e quasi null’altro. Non s’aspettavano di più i servitori atlantici. Certo, Lavrov intendeva dare un senso diverso a quell’affermazione, e però quella frase che ha suscitato scandalo l’ha detta.
Se me l’avessero raccontato, avrei pensato a un deepfake. Invece la sua immagine e le sue parole erano reali. Nessuna domanda “infernale” da parte, che so, di un Mentana, l’uomo in tre quarti che mostra la direzione del vento. Un’intervista che oltre a essere, come si dice nel gergo, uno scoop, doveva essere probabilmente un favore che Mediaset ha fatto a qualcuno dell’estremo occidente, forse a Putin stesso. Chissà, ormai c’è di tutto nello spettacolo.
Ha fatto tutto da solo Sergej Viktorovič, ha pestato la propria merda e poi l’ha anche mangiata leccandosi le dita. TV, questo veleno.
Che cosa ci sarebbe di male se scoprissimo che Hitler aveva ascendenze semitiche, aschenazite o sefardite non importa. Di paradossi è strapiena la storia. E però questo sarebbe davvero clamoroso, posto che sono ancora tra noi alcuni contemporanei di una guerra di sterminio, di un genocidio. È da capire il perché di questa sciocchezza di Sergej Viktorovič.
Pertanto dove l’ha pescata una “notizia” del genere, su quale sentiero pseudostorico ha pestato una merda così evidente un uomo intelligente e colto, un diplomatico controllato e di grande esperienza, come Sergej Viktorovič? Suvvia, neanche fosse un giornalista del Corriere della sera, o un ospite dei talk trash della tv italiana.
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Hitler si è dato molto da fare per far sparire le tracce sulle origini della propria famiglia. Permise di abbellire, dei luoghi del suo passato, solo quelli adatti o adattabili alla propaganda, cioè Braunau e Leonding.
Con proprio decreto Hitler stabilì che non desiderava avere “targhe ricordo o lapidi commemorative in ricordo dei suoi progenitori e antenati, o delle sue personali visite in loco”. Quando il Comune di Spital decise di collocare un’altra targa commemorativa, il dittatore si dissociò nettamente dall’iniziativa e ne pretese l’immediata rimozione. Anche la targa onoraria posta sulla tomba della nonna, doveva anch’essa sparire, così come la piazza intitolata ad Alois Hitler.
Ma gli abitanti della regione del Waldviertel non erano così disposti a lasciarsi mettere da parte, insomma a vedersi trascurati, tanto è vero che il loro territorio lo sentirono, e per l’intera durata del regime hitleriano, come la vera e propria patria della famiglia di Hitler.
Il padre di Adolf, Alois, era nato a Strones, presso Döllersheim, dove aveva lasciato il cognome Schicklgruber e assunto quello di Hitler. Anche Maria Anna Schicklgruber, nonna di Adolf, era nata a Strones, aveva vissuto nella regione di Waldviertel, era morta a Klein-Motten trovando sepoltura nel cimitero di Döllersheim.
Insomma il Waldviertel è senza il minimo dubbio il luogo proprio della storia della famiglia Hitler. Dopo l’annessione dell’Austria alla Germania, Hitler fece erigere al centro del Waldviertel un ampio territorio, di 200 km2, da usare come poligono di tiro dell’esercito. La piazza d’armi di Döllersheim si allargò in direzione sud fino a KampFluss, in su a nord di Allensteig, a ovest l’area arrivò a lambire i confini della città di Zwettl, e a est fino alla zona attorno a Neupölla. La casa degli antenati di Hitler fu inserita nella piazza d’armi più grande del Reich tedesco!
Più del “mistero” di Adolf Hitler, è interessante la vicenda di suo padre Alois Hitler, alias Schicklgruber, alias Hüttler.
Forse la storia di Alois la racconterò in un prossimo post, o forse no. Dipende se da Mosca mi daranno il nulla osta per la consultazione del fascicolo relativo a F ... . La vedo dura.
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