giovedì 26 maggio 2022

Somiglia all’Unione Sovietica

 

Boris Uspenskij è un nome noto nella cultura internazionale. Salvo eccezioni, la guarnigione italiana mediamente colta e inesorabilmente russofoba non sa chi sia Uspenskij, anche se Boris Andreeviha insegnato nel nostro Paese e abita nel quartiere di piazza Vittorio, in una “casa che è un angolo di Mosca a Roma”.

È interessante una sua intervista rilasciata a Jolanda Bufalini e pubblicata sul primo numero di quest’anno della rivista Slavia. L’intervista avviene seduti in cucina, secondo le vecchie abitudini russe. L’occasione è una chiacchierata nel trentesimo anniversario della fine dell’Unione Sovietica, dunque poco prima dei noti fatti iniziati nel febbraio scorso.

La rivista Slavia, che prima si chiamava Rassegna sovietica, fu fondata da Dino Bernardini, marito di Evgenija Pikman. enia e Boris Andreevifurono amici stretti quando entrambi frequentavano l’università.

Boris racconta che anni dopo, quando abitava ai margini della città, quasi in campagna, dove il telefono non funzionava, sentì una sera bussare. enia era lì sulla porta.
– Che fai qui?
– Sono tornata.

– Come mai?
– Non so, avevo nostalgia, lì non s’incontrano ubriachi stesi sui marciapiedi.

Uspenskij pensa che la letteratura sia finita in tutto il mondo da lungo tempo: « [...] lo dimostra l’assegnazione dei premi Nobel che non è più basato sul valore letterario ma su altri criteri». L’Unione Sovietica «era una periferia chiusa, per questo la letteratura sopravviveva. In periferia molto spesso continuano a esistere cose che altrove sono finite. Gli ultimi scrittori russi secondo me sono stati Pastenak e Dovlalov».

Quanto all’anniversario della fine dell’URSS, Uspenskij sostiene che «il Muro è stato un evento occidentale, mentre la fine dell’Unione Sovietica è stato un collasso interno». E aggiunge: «A me sembra che i cambiamenti siano stati per il meglio, l’Unione Sovietica era una formazione artificiosa ed è bene che non ci sia più, anche molte tragedie sono legate a quegli eventi, i russi rimasti bloccati fuori dai nuovi confini, in Turkmenistan ad esempio. E anche la dissoluzione dei rapporti economici e stata globalmente drammatica.

Fin dalla sua nascita l’Unione Sovietica era una forma artificiosa, un impero fondato sulla bugia, come correttamente aveva detto Lenin. La fede, l’ideologia erano sincere ma la realtà era quella di una formazione imperiale. Ho conosciuto una sola persona che abbia previsto la dissoluzione. Tutti, in Urss e in Occidente, nelle cerchie dei più competenti sovietologi, nessuno predisse gli eventi, tutti pensavano che fosse una formazione stabile. L’unico a prevedere che presto sarebbe finita era, già negli anni settanta, Jurij Michajlovi[Lotman]. Nella storia, diceva, non c’è mai stato nulla di simile. Era un profeta».

Jolanda Bufalini chiede a Uspenskij come concepì i primi cambiamenti quando ai vertici del PCUS arrivo Mikhail Gorbaëv.

«All’inizio non credevamo, pensavamo che fosse quel tipo di gioco che si gioca sempre. Ma rapidamente, come con Chruov è stato subito primavera. La gente in strada iniziò subito a parlare.»

Uspenskij, trent’anni fa, insegnava ad Harvard e a Mosca, trascorreva sei mesi in un posto e poi sei mesi nell’altro. «Era molto interessante che perché partivo per l’America e ogni volta tornavo in un paese diverso, cambiava molto rapidamente. Quando ci fu il colpo di stato, quello contro Gorbaëv, ero a Mosca. Quando nel 1991 Russia, Bielorussia e Ucraina deciso di sciogliere l’Unione Sovietica, ero in Polonia e tornai letteralmente in un altro paese».

Bufalini chiede a Uspenskij cosa pensi della situazione attuale, della popolarità di Putin delle tensioni con l’occidente.

«La popolarità di Putin è legata al fatto che c’era un sentimento di umiliazione. Questa umiliazione è durata meno di 10 anni. Secondo me la colpa è stata di Bill Clinton. Prima di lui la Russia veniva consultata nelle questioni globali, come fu, ad esempio, per la prima guerra irachena.

In Putin c’è questo sentimento imperiale però fu Clinton ad iniziare la guerra contro la Serbia come fosse l’unica potenza mondiale, e questa fu davvero un’umiliazione. Dopo ciò iniziò la militarizzazione.

Quello fu uno strano periodo per la Russia, era in ginocchio. L’Unione Sovietica era una grande potenza poi, dopo che la cortina di ferro è caduta e i russi cominciarono a viaggiare e scoprirono di essere poveri. Fino a quel momento non lo sapevano. Però, in seguito, hanno anche scoperto che l’America non è il paradiso che immaginavano. E a me sembra che da allora le cose in occidente siano peggiorate. Ci fu anche quella incredibile bugia di Tony Blair sulle armi di distruzione di massa. L’America è peggiorata, più falsa, più simile all’Unione Sovietica».

2 commenti:

  1. Già, anch'io sono molto preoccupato per la situazione negli USA, come le scrissi tempo fa. Anche oltreoceano l'élite al potere, i funzionari al servizio del sistema imperiale, sembra non accorgersi della gravità di alcune emergenze che lei spesso denuncia: inflazione, aumento della povertà estrema ed impoverimento del ceto medio, inflazione, deterioramento delle infrastrutture, dipendenza dagli approvvigionamenti esteri e fragilità delle catene di distribuzione, allargamento del divario economico tra le classi, eccessiva finanziarizzazione. A tutto ciò la propaganda liberal oppone lo spauracchio di Trump, confondendo l'effetto con le molteplici cause.
    Il problema è per noi il fatto che la crisi di un sistema imperiale ha sempre conseguenze catastrofiche, vieppiù considerando il caos generato da Washington negli ultimi trent'anni.
    (Peppe)

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  2. Non c'era più bisogno di far finta di importarsene della democrazia, dei diritti. Hard core business, finalmente.
    Pietro

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